Per ovviare alle difficoltà di molti agricoltori di province quali lo Shandong, Zhejiang, Anhui e Liaoning, che a causa dell’inefficienza nel trasporto dei prodotti per la vendita ai clienti finali incorrono in perdite e costi aggiuntivi, le autorità cinesi si trovano di fronte alla necessità di scegliere se impostare i processi di trasformazione sul luogo di produzione, procedendo poi alla distribuzione, oppure se optare per una centralizzazione. In entrambi i casi, per i vari comparti ci sono molte opportunità per lo sviluppo della meccanica alimentare. Le aziende italiane presenti sul mercato cinese sono quindi già impegnate a sostenere queste esigenze, sia con macchine totalmente importate che con macchine parzialmente o totalmente prodotte in Cina, sia fornendo consulenza nella realizzazione di modelli infrastrutturali e industriali facendo leva su elementi di filiera nei quali l’Italia eccelle.
La Cina è il terzo partner commerciale dell’Italia e rappresenta già da tempo un mercato importante per le aziende del comparto della meccanica alimentare. Sebbene il Paese sia esportatore netto di macchinari per la lavorazione alimentare dal 2006, l’aumento della produzione locale non è sufficiente e il mercato è ancora fortemente dipendente dalla tecnologia straniera (basta citare ad esempio l’impennata del 149 per cento nelle vendite di macchine per l’industria dolciaria nell’ultimo anno) soprattutto perché i costruttori cinesi di macchine per la lavorazione alimentare producono una gamma limitata di prodotti e con un basso grado di compatibilità ambientale. L’Italia è riuscita a mantenere le sue quote di mercato, classificandosi come il terzo Paese fornitore della Cina nel 2014, dopo Giappone e Germania, potendo beneficiare come gli altri degli incentivi a disposizione delle imprese straniere i cui investimenti nel settore della trasformazione alimentare sono ancora una volta “incoraggiati” come si legge nell’ultima edizione del Catalogo per gli Investimenti Stranieri.
A parte le opportunità di investimento già note nelle città di prima fascia, quelle di seconda quali Tianjin, Dalian (Liaoning), Qingdao (Shandong), Zhuhai (Guangdong) e Chongqing offrono interessanti mercati agli investitori stranieri. Tianjin e Dalian, per esempio, sono le sue più grandi importatrici di macchinari di lavorazione alimentare dopo Pechino e Shanghai, e con Qingdao sono centri di primaria importanza per la produzione ittica e la lavorazione casearia.
Con l'aumento dei redditi personali, il cambiamento nella dieta e l’introduzione di cibi più elaborati sono immediati e questo genera a sua volta un aumento nella domanda di macchinari per la lavorazione alimentare. Ciò sta avvenendo anche in Cina dove è comune tra i consumatori iniziare a preferire le categorie di alimenti non essenziali, come cioccolato e carne, traducendosi nella ricerca di diversificazione della produzione da parte delle imprese. In questo senso, la Cina assorbirà quasi il 40 per cento della domanda complessiva di macchine alimentari fino al 2019.
Dal maggior consumo di alimenti e bevande confezionate trae vantaggio anche il settore dell’imballaggio, strettamente legato a quello della trasformazione alimentare. Nel 2013 la Cina ha prodotto 109.800 set di attrezzature per l’imballaggio con un incremento annuo del 13,46 per cento, continuando, però, ad importare prodotti per il packaging alimentare, in particolare per le sostanze liquide. Lo sviluppo dell’e-commerce in Cina e lo sforzo dei produttori per espandere la distribuzione a nuove zone del Paese, condurrà ad un maggiore consumo di imballaggi - sia per motivi funzionali sia estetici - con conseguente aumento nelle vendite dei relativi macchinari. In particolare, si prevede un incremento nella domanda di macchinari per l’etichettatura e la codificazione soprattutto in seguito alle norme più stringenti in materia di sicurezza alimentare.
Francesca Frassineti, ISPI Research Trainee