In vista degli esami di maturità la domanda è sempre la stessa: quali tracce? Quali temi per la prima prova? Nel fermento del toto-temi, anche quest’anno abbiamo pensato di darvi una mano a organizzare conoscenze e informazioni che vi possono servire a scrivere un buon tema per la prima prova. Sapendo che tra le tracce dei temi della maturità c’è sempre qualcosa legato alla storia e all’attualità, ecco alcuni approfondimenti dei nostri analisti per aiutarvi a riorganizzare le idee e avere qualche spunto di riflessione in più.
Troverete qui di seguito una serie di temi chiave ed eventi che hanno un impatto a livello nazionale e globale, oltre a un elenco degli anniversari più importanti che ricorrono quest’anno. Iniziamo con Greta Thunberg, i cambiamenti climatici, smart e global cities, Unione Europea e Brexit. Ma continueremo ad aggiornare e a inserire nuovi temi e approfondimenti quindi… teneteci d’occhio!
Greta Thunberg
Conosciamo tutti Greta, la giovane studentessa svedese che due anni fa ha iniziato a protestare da sola per il clima e contro le non-azioni dei governi: scioperando ogni venerdì davanti alla sede del parlamento svedese e rilanciando sui social parole chiave come #ClimateStrike e #FridaysforFuture, è riuscita a coinvolgere milioni di altri studenti in tutto il mondo che si sono organizzati per scendere in piazza e manifestare a loro volta a favore di soluzioni per il pianeta.
Dal suo primo discorso in Polonia nel 2018 a Cop24, vertice ONU sui cambiamenti climatici, Greta è intervenuta con frasi di rimprovero e sollecito all’azione in varie sedi e occasioni istituzionali (Parlamento Europeo, Summit ONU per il clima, Senato a Roma, World Earth Day a Londra, World Economic Forum a Davos…). Greta Thunberg, oggi 17enne, ha dato il via a un movimento globale per il clima, insieme ai cosiddetti Fridays For Future, diventando riferimento di tutti quelli che si attivano con un messaggio univoco: “Fermiamo il cambiamento climatico”. Nel 2019 infatti sono state organizzate diverse manifestazioni per il clima, con la partecipazione non solo di studenti ma anche di attivisti, politici e scienziati ("Scientists for Future", "Parents for Future" ecc). Un segnale di questo risveglio green è arrivato anche alle elezioni europee e in alcuni paesi UE nel corso del 2019: in Germania i Verdi sono diventati il secondo partito, mentre in Austria hanno formato l’alleanza di governo; dal canto suo, la neo-presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha posto in cima all’agenda lo European Green Deal.
Greta è diventata anche una sorta di fenomeno mediatico: il Time le ha dedicato una copertina nel 2019 come “Person of The Year”; è stata proposta per il Nobel per la Pace; ha scritto il libro “La mia casa è in fiamme” in cui racconta come si è avvicinata alla causa dell’ambiente e la risonanza che la sua protesta ha avuto a livello mondiale.
Per approfondire:
Cambiamenti climatici
Cambiamento climatico e danno ambientale sono tra le questioni più serie che il mondo deve affrontare. Gli effetti sono sempre più evidenti: i fenomeni atmosferici estremi si verificano con maggiore intensità e frequenza rispetto al passato e i recenti incendi in Australia sono solo un esempio di come tutto l’ecosistema stia cambiando. Studi scientifici presentati nel corso del vertice Cop25 di Madrid (la Conferenza Onu sui cambiamenti climatici svoltasi a dicembre 2019) hanno dimostrato che dal 2015 a oggi le emissioni di gas serra sono aumentate del 4% e che dovremo tagliarle del 7% all’anno per i prossimi 10 anni se vogliamo scongiurare il punto di non ritorno. Dalle proteste di Greta Thunberg, da sola, davanti al parlamento svedese, è nato un movimento globale per il clima, guidato soprattutto dai giovani, per chiedere più azione sul clima: aumentano attenzione e consapevolezza sull’ambiente da parte dell’opinione pubblica ma a livello politico ci sono ancora deboli risposte.
La stessa Cop25, nonostante la necessità urgente di ridurre le emissioni di CO2, non ha portato grandi soluzioni e anzi ha rinviato tutto di un anno, al vertice di Glasgow di novembre 2020. Paesi come Brasile, Arabia Saudita, Australia, Russia, India, Cina e Sudafrica hanno, per ragioni diverse, ostacolato i progressi nel negoziato e reso difficile trovare un accordo concreto a livello globale. Solo qualche compromesso è stato raggiunto: l’Unione Europea è riuscita a ottenere una dichiarazione di intenti in cui 84 paesi si impegnano a presentare entro il prossimo anno nuovi piani nazionali vincolanti per tagliare le emissioni. Inoltre c’è sempre l’impegno dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, un programma d’azione che era stato sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 paesi membri dell’ONU: 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (SDGs) da raggiungere entro il 2030, anno entro il quale secondo la comunità scientifica bisogna ridurre le emissioni globali di CO2 almeno del 45%. Le tecnologie oggi permettono di trovare le giuste soluzioni per cambiare e migliorare i sistemi di produzione e consumo in un’ottica più green: fonti di energia rinnovabile, materiali biodegradabili, riciclabili, convertibili in altre risorse. Serve solo l’impegno per preferire certe soluzioni ad altre, anche nell’ottica di aiutare i paesi in via di sviluppo a muoversi verso un’economia a bassa emissione di carbonio.
Per approfondire:
Global e Smart Cities
Le global cities sono attori sempre più importanti nel mondo contemporaneo e hanno un impatto enorme sui processi demografici, climatici, culturali e tecnologici. Le città infatti sono centri economici, politici e culturali ed è importante capire come migliorarne vivibilità, sostenibilità e capacità di crescita e inclusione soprattutto considerando che entro il 2030 si prevede che quasi il 60% della popolazione mondiale abiterà in aree urbane e che il 95% dell’espansione urbana avverrà nei paesi in via di sviluppo. Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili è un aspetto cruciale per lo sviluppo urbano e sociale e rientra anche tra gli obiettivi sostenibili dell’ONU (è l’obiettivo n° 11).
Se una città vuole essere “globale” e “smart” deve puntare al successo economico e allo sviluppo delle infrastrutture, offrire una buona qualità della vita, garantire equità e inclusione sociale, fornire novità, opportunità di carriera, esperienze culturali, e la possibilità di spostarsi velocemente, comodamente e senza inquinare, in un’ottica di mobilità sostenibile.
Pensiamo a come oggi la mobilità in alcune città sia favorita, oltre che da un buon trasporto pubblico, anche da soluzioni nuove e alternative come per esempio il car sharing e a come il mercato dell’auto si stia muovendo sempre più verso il green proponendo modelli ibridi o elettrici. Senza troppa immaginazione, si sta già lavorando su veicoli a guida autonoma e iniziano a comparire nuove opzioni per spostarsi favorendo efficienza e divertimento (dai monopattini al “Flyboard”, brevettato da Franky Zapata che il 3 agosto 2019 è riuscito a volare a 15/20 metri sull’acqua attraversando 35 km del Canale della Manica).
Mobilità e inquinamento sono due questioni chiave per ogni città che vuole essere globale, o il cui processo di urbanizzazione si sta intensificando. Più abitanti significa anche più traffico e più inquinamento dell’aria; più servizi da offrire (e quindi più fondi da reperire per coprire i costi dei servizi); più alloggi da garantire per evitare esclusione sociale. Va quindi trovato un modo per stare al passo con il crescente numero di abitanti e l’obiettivo di essere un luogo di lavoro e prosperità senza danneggiare il territorio e sprecare le risorse.
Per approfondire:
L’Unione Europea: punti di forza e debolezza
L’Unione Europea nasce negli anni 50 tra sei paesi che avevano ben presente le atrocità della seconda guerra mondiale e volevano creare le basi per uno spazio di pace, stabilità e benessere per tutti. Ma oggi, dopo più di 70 anni passati a costruire questa realtà sovranazionale, non mancano le divisioni interne e restano le critiche degli euroscettici che pensano che l’obiettivo dell’UE non sia stato raggiunto. Ma è davvero così?
Innanzitutto bisogna ricordare che tra i paesi membri dell’Unione Europea non c’è più stata una guerra e la stessa idea che due paesi dell’UE possano entrare in guerra appare anche impensabile. Questa situazione di pace viene data quasi per scontata, soprattutto dai più giovani che della guerra non hanno alcun ricordo. Eppure i conflitti in Europa ci sono stati, e ci sono ancora, ma sono fuori dai confini dell’Unione europea (a est la vicina regione dei Balcani è instabile, mentre a sud, i Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente hanno ancora conflitti al loro interno - Libia, Siria ecc.). Non mancano però i contrasti su come agire in politica estera o su come affrontare sfide e problemi comuni: la questione delle migrazioni per esempio ha creato nuove divisioni dentro l’Unione impedendo di gestire la situazione in modo univoco e strutturato (alcuni paesi hanno sospeso il Trattato di Schengen, hanno chiuso i porti, non hanno accettato il piano di ricollocamento dei migranti).Queste divisioni interne complicano la modalità di agire dell’UE che rischia così di apparire debole e poco credibile al mondo e che invece, per affrontare le grandi sfide, dovrebbe essere più solida e unita.
L’Unione Europea ha mantenuto le promesse di pace e con il mercato unico, la politica commerciale e la difesa delle libertà fondamentali, ha contribuito a rendere la regione una delle più ricche al mondo. Naturalmente ci sono ancora tante questioni da risolvere e il mondo cambia in fretta, perciò l’UE deve imparare a dare risposte più immediate ai problemi interni ed esterni. L’euroscetticismo indebolisce l’UE ma si pensi a quanto tempo ha impegnato il Regno Unito a staccarsi dall’UE: la stessa Brexit infatti ci insegna che non è così semplice staccarsi dall’Unione europea per andare da soli nel mondo delle grandi potenze. La sfida per gli europei è quella di rinnovare, adattandola, la promessa di pace e benessere per tutti alla base della cooperazione europea. Il ritorno agli egoismi dei singoli paesi europei è già stato un errore nel passato e lo sarebbe, forse ancora di più, oggi e domani.
Per approfondire:
Brexit: e ora?
Il 31 gennaio 2020, circa quattro anni dopo il voto su Brexit, la Gran Bretagna esce davvero dall'Unione Europea, ma Londra e Bruxelles devono continuare a negoziare per regolamentare il commercio, gli spostamenti delle persone e molto altro. Brexit è uno degli avvenimenti internazionali più rilevanti e controversi dalla nascita dell'UE: non rappresenta solo l’uscita dall’UE della Gran Bretagna (che già aveva ottenuto alcune "eccezioni”, tra cui tenere la sua moneta e non adottare l’euro) ma mette in discussione anni di trattati e negoziazioni per realizzare un sistema unico e unito in Europa. Il Regno Unito è il terzo Paese più popolato dell’UE e ci vivono anche più di 700 mila cittadini italiani, quindi è importante per tutti i Paesi dell’UE, Italia inclusa, seguire con attenzione i prossimi mesi di accordi e negoziati per evitare che Brexit abbia effetti negativi sulle parti. Bisognerà capire per esempio cosa succederà agli italiani che vivono lì (per quest’anno non cambia nulla ma potrebbero essere introdotte in seguito delle restrizioni o procedure particolari) o se servirà necessariamente il passaporto per andare in UK (per ora basta la carta di identità ma in futuro potrebbe servire un visto). Inoltre alcuni servizi come il roaming o la stessa facilità di viaggiare e spostarci verso Londra potrebbero subire cambiamenti, così come potrebbero saltare degli accordi anche per programmi di studio come l’Erasmus.
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