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Il mondo in tasca

Afghanistan: fine della resistenza

06 September 2021

Leoni vs talebani

Oggi i talebani hanno annunciato la conquista della valle del Panjshir, l'ultimo tassello che li separava dal controllo completo dell’Afghanistan. Un annuncio arrivato e smentito già due giorni fa, ma ora confermato da fonti interne allo stesso Fronte nazionale di Resistenza (circa 2500 unità tra ex soldati e membri delle forze di sicurezza afgane che erano arroccati nella valle).

C’è dunque un motivo per il cui il cessate il fuoco immediato proposto ieri ai talebani dal leader del Fronte, Ahmad Massoud, sia rimasto inascoltato. Crolla così l’ultimo baluardo di una storica resistenza, che si era invece opposto con efficacia all'occupazione sovietica degli anni Ottanta e al governo dei talebani negli anni Novanta.

 

Pakistan, attore (non) protagonista

Negli ultimi giorni, l’aviazione pachistana avrebbe bombardato il Panjshir per aiutare i talebani a catturare la provincia ribelle. Portando così allo scoperto le “relazioni pericolose” tra la Kabul talebana e Islamabad. Benché ufficialmente alleato degli Stati Uniti, da anni il Pakistan è il principale “protettore” dei talebani, visti come alleati strategici contro l’India e interlocutori necessari per evitare una nuova ondata di profughi afghani (già oggi 1,4 milioni in Pakistan).

Non a caso ieri il capo dell'intelligence pachistana era in visita a Kabul, dove ha incontrato i leader talebani impegnati nella formazione del nuovo governo. Tra questi Hibatullah Akhundzada, fuggito proprio in Pakistan dopo l’invasione americana e ora indicato come potenziale guida suprema del neonato “emirato islamico”.

 

Tutti a Doha. O quasi

Intanto il “fronte occidentale” si sta riorganizzando a Doha. Da anni il Qatar ricopre un ruolo chiave da intermediario tra i talebani, che qui hanno una ambasciata de facto, e diversi governi occidentali. Governi che hanno annunciato l’intenzione di ricollocare qui le loro missioni diplomatiche prima in Afghanistan.

Il ripiegamento dell’Occidente è una scelta opposta al “pragmatismo” con cui Cina, Russia e Pakistan hanno accolto il ritorno dei talebani, tenendo aperte le ambasciate a Kabul. Pragmatismo che mette in evidenza la chiara volontà di riempire il vuoto lasciato dagli Usa e dalla “loro” coalizione internazionale. Che poi ci riesca, è tutt’altro che scontato.

 

 

 

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