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Il caso

Djokovic o non Djokovic?

14 January 2022

La telenovela Djokovic vs autorità australiane abbonda di colpi di scena. E tutti si chiedono come finirà, perché in ballo non c’è ‘solo’ un torneo di tennis.

Ennesimo colpo di scena nella saga che ha per protagonista Novak Djokovic. Il governo di Canberra ha infatti rifiutato al tennista serbo, numero uno del ranking mondiale, il visto di ingresso nel paese per accedere al torneo degli Australian Open. Secondo il ministro dell’Immigrazione Alex Hawke la decisione di negargli il visto è stata presa “per motivi di salute e ordine pubblico, in quanto era nell’interesse della popolazione farlo”. È la seconda volta che il visto di Djokovic viene cancellato da quando è arrivato a Melbourne la scorsa settimana per difendere il suo titolo al torneo del Grande Slam. Il tennista risulterebbe infatti privo della vaccinazione anti-covid necessaria per ottenere l’ingresso nel paese. La sua esenzione dall’obbligo vaccinale era stata in un primo momento accolta dal governo dello stato di Victoria e dalla Federazione di Tennis Australiana, organizzatrice del torneo. Questo gli ha permesso di ottenere un visto per viaggiare, ma una volta atterrato a Melbourne, le autorità di frontiera hanno rifiutato l’esenzione e annullato il suo visto. Il tennista ha trascorso così quattro notti in detenzione al Park Hotel di Carlton ma poi un tribunale gli ha concesso di lasciare l’albergo in cui era bloccato per cominciare ad allenarsi, in vista del torneo. Due giorni dopo è stato lo stesso Djokovic a rendere pubblico – in un lungo comunicato – di avere violato l’isolamento mentre era positivo al coronavirus (era stato per la positività che aveva ottenuto l’esenzione medica), e che nei documenti presentati per ottenere il visto per l’Australia erano presenti dichiarazioni false. I suoi legali hanno presentato un appello: solo in caso di accoglimento della domanda, che sarà valutata domenica, Djokovic potrebbe giocare il torneo che comincia lunedì. In caso contrario rischia l’espulsione dal paese e un bando di tre anni, oltre a perdere, ovviamente, il suo titolo di numero uno al mondo. 

 

 

Campione NoVax?

Dopo aver a lungo tergiversato sul suo status vaccinale, Djokovic e la sua ‘saga’ tra il grottesco e il surreale stanno catalizzando da settimane l’attenzione internazionale. Se i social si dividono tra chi lo schernisce, storpiandone il nome in “Novax Djocovid”, e chi vede in lui la nuova icona dell’universo no-vax, le posizioni dei suoi colleghi sportivi sono abbastanza compatte: dopo il duro attacco della ex campionessa Martina Navratilova, è stato il greco Stefanos Tsitsipas a farsi portavoce della delusione di chi, a differenza del numero uno al mondo, ha seguito alla lettera le regole per arrivare in Australia. "Ci sono due punti di vista – ha detto Tsitsipas ad un’emittente indiana – da una parte quasi tutti i giocatori sono completamente coperti dal vaccino e hanno seguito le regole per giocare il torneo. Dall'altro c'è qualcuno che ha preferito seguire la sua strada e che fa passare gli altri per stupidi”. Anche il rivale di sempre, lo spagnolo Rafael Nadal, ha difeso la decisione dei giudici di impedirgli di accedere nel paese e al torneo, mentre Andy Murray anch’egli storico rivale di Nole ha detto: “Non lo prenderò a calci adesso che è a terra”. Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Atp97 giocatori sui primi 100 sono regolarmente vaccinati. 

 

Nole è la Serbia?

Come era prevedibile, la vicenda Djokovic è ben presto sfociata in una querelle politica: secondo il presidente del parlamento serbo ed ex ministro degli esteri, Ivica Dacic, la vicenda di Djokovic influirà sui rapporti tra Serbia e Australia. La partecipazione del campione all’Australian Open sta diventando un caso diplomatico, perché in patria Nole non è visto come un semplice giocatore di tennis: è di gran lunga lo sportivo serbo di maggior successo degli ultimi anni, ed incarna l’identità, e lo spirito nazionalista, di tutto il paese. Anche se parla poco di politica, le sue convinzioni – ha detto di ritenere il Kosovo territorio serbo e di recente è stato fotografato a un matrimonio accanto a Milan Jolovic, ex-braccio destro di Ratko Mladic ai tempi del genocidio di Srebrenica – sono note da tempo. Significativo in quest’ottica, che suo padre Srdjan abbia definito il suo arresto alla frontiera australiana un’aggressione al paese, perché “Novak è la Serbia e la Serbia è Novak”. Tuttavia, dopo aver difeso le ragioni del connazionale nei giorni scorsi, la prima ministra serba ha diffuso un comunicato che potrebbe segnalare una presa di distanza. “Nessuno è autorizzato a violare le regole dell’isolamento – ha scritto la premier serba Ana Brnabic – perché ciò significa mettere in pericolo la salute delle altre persone”. A Belgrado, intanto, ma anche in altri paesi della regione balcanica proseguono le manifestazioni di solidarietà e sostegno a ‘The Djoker’ definito “martire serbo dell’imperialismo”.

 

Tutti perdenti e nessun vincitore?

Mentre in molti aspettano di sapere se il campione e detentore del titolo scenderà o meno in campo, il primo ministro australiano ha difeso la decisione del ministro dell’Immigrazione: “Il governo è fermamente impegnato a proteggere i confini dell'Australia, in particolare in relazione alla pandemia di Covid-19 – ha dichiarato Scott Morrison, aggiungendo che “gli australiani hanno fatto molti sacrifici durante questa pandemia e giustamente si aspettano che il risultato di quei sacrifici sia protetto. Questo è ciò che il ministro sta facendo oggi nel compiere questa azione”. Se l’intera vicenda rischia di offuscare l’immagine del tennista agli occhi dell’opinione pubblica, va detto che anche il governo australiano rischia di uscirne male. Il caso ha acceso un faro sul trattamento illegale dell’Australia – dove è in vigore uno dei regimi di immigrazione e quarantena più severi al mondo – nei confronti di rifugiati e richiedenti asilo. Questi ultimi – a differenza del tennista numero uno al mondo – restano bloccati per anni all’interno del sistema detentivo per l’immigrazione nel paese. In violazione del diritto internazionale, il governo di Canberra gestisce centri di detenzione offshore a Nauru e Papua Nuova Guinea per i "boat people" che vengono intercettati mentre cercano di raggiungere il paese. “È incredibile che i richiedenti asilo siano stati rinchiusi negli ultimi due anni proprio nel cuore di Melbourne, e ci sia voluta una controversia tra tennisti per far luce sulla situazione”, ha osservato Claire Gomez, una manifestante intervistata dal Financial Times fuori dal centro di detenzione per migranti della città.

 

Il commento

Di Giorgio Fruscione, ISPI research fellow, Desk Balcani

Il caso Djokovic è stato prontamente sfruttato dalle autorità e dai media filogovernativi della Serbia per farne una questione nazionale. La retorica impiegata è quella tipica del nazionalismo serbo e quindi difendere il tennista significa difendere il paese.

Oltre al nazionalismo, però, la questione rischia di dare nuova forza anche allo scetticismo sui vaccini anti-covid, facendo di Djokovic un paladino della libera scelta contro le vaccinazioni. E questo è problematico soprattutto per il suo paese, dove dopo una buona partenza l’immunizzazione si è arenata e oggi riguarda meno di metà della popolazione.

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