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DOGANE

Customs connect: ponti innovativi

Fulvio Liberatore
21 January 2022

Lo sviluppo di una resilienza globale è un processo fondamentale in un mondo traumatizzato da continue crisi e crescenti conflitti. Un commercio internazionale basato su principi di efficienza e di cooperazione transfrontaliera ne costituisce, poi, un cardine imprescindibile, potendo garantire l’interscambio fluido di beni critici come cibo, medicine e strumenti di risposta alle emergenze.

Se, infatti, come evidenziato dall’ Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), uno dei principali ostacoli al flusso di merci nei momenti di crisi è la concentrazione di container in porti e confini - laddove le dogane e le altre autorità di controllo si trovano, secondo i paradigmi più tradizionali, a svolgere i loro compiti istituzionali volti a garantire quel livello di protezione di persone, ambiente ed economie che tutti ci attendiamo - è anche vero che oggi è possibile utilizzare a fondo gli strumenti di trade facilitation, già ampiamente disegnati e definiti a livello globale dal Trade Facilitation Agreement della WTO (2013), entrato in vigore fin dal 2017, e dalla WCO Revised Kyoto Convention sull’armonizzazione e la semplificazione delle procedure doganali. Accordi e Convenzioni che promuovono, tra l’altro, la ridefinizione di procedure e attività delle autorità doganali e di tutte le altre “partner competent authorities” (sanità, difesa, protezione ambientale… fino a 18 autorità competenti per più di 80 adempimenti per il passaggio delle merci attraverso un confine italiano), sulla base del modello, ambizioso ma sempre più concretamente adottabile, di Single Window, ossia di un unico “punto di ingresso” di informazioni, certificati, dichiarazioni, così come definito, a livello globale, dalla Raccomandazione n.33 di UNECE (Commissione Economica delle Nazioni Unite per l’Europa) del 2005.

Non solo: la strutturazione di ambienti collaborativi come quello appunto derivante dall’implementazione delle Single Windows (cooperazione interistituzionale ma anche Business to Government, ossia tra operatori economici e autorità di controllo), se considerati isolatamente, rischierebbero di produrre  effetti limitati: è solo con l’attivazione di un più alto grado, ampio e olistico, di alleanza o forse, addirittura, di partenariato tra dogane e operatori che si può giungere a un ribaltamento della percezione del ruolo globale delle dogane. Se infatti leggiamo le dogane come inevitabili e necessari strumenti di monitoraggio e controllo dei traffici e come autorità fiscali volte a incamerare tributi, finiamo per cogliere un aspetto decisamente secondario, diremmo quasi marginale del ruolo delle dogane.

 

Favorire gli scambi: la vera funzione delle dogane

La reale funzione economica delle dogane (o, meglio, più genericamente, della dogana, come istituto astratto dai singoli contesti operativi) pare infatti risiedere proprio nell’allestire, con grande cura e sfruttando tutte le possibili soluzioni offerte da tecnologie, accordi, dialogo internazionale, percorsi lineari per gli scambi legittimi verso cui indirizzare tutti gli operatori, limitando gli interventi aggressivi a quelle operazioni individuabili come illecite e lesive degli interessi di tutti, attraverso metodologie sempre più raffinate di analisi dei rischi.

Proprio le trade facilitations finiscono per costituire quindi quella cerniera virtuale tra l’alto livello di vigilanza necessario per evitare l’ingresso (e l’uscita!) di merci pericolose e l’agevolazione degli scambi legittimi (CDU art. 3): è nel sistema di semplificazioni e ridisegno delle procedure e degli standard che il payoff della World Customs Organization: “Borders divide, customs connect” finisce per assumere una concretezza operativa immediatamente percepibile.

 

Il ruolo della digital transformation

Il tema della cooperazione tra tutti gli attori resta al centro del “customs environment” ma esso dovrà essere accompagnato, come si accennava, dall’implementazione di strumenti tecnologici e giuridici che puntino a darle concretezza: la giornata internazionale delle dogane 2022 è dedicata proprio al tema del “cambio di marcia” della digital transformation in materia doganale, attraverso l’adozione di un approccio innovativo. Un vero e proprio “abbraccio” di una cultura dei dati, da utilizzare sì nella loro significatività individuale e nell’ambito di approcci analitici e statistici ma anche con la finalità di costruire un ecosistema dei dati medesimi, da valorizzare con rispetto nei confronti di coloro che li forniscono, individuando profili operativi che possano consentire la soddisfazione delle attese del commercio internazionale. Una trasformazione digitale da vivere come un pilastro dell’evoluzione del ruolo della dogana verso quell’idea di creazione di valore che va oltre la pur strategica funzione di fluidificazione dei traffici cui si faceva cenno: il programma Customs 2021-2027 dell’Unione europea, tuttora in fase di approvazione, che stanzia 950 milioni di euro per assicurare una sempre migliore cooperazione tra le autorità doganali, basa i suoi obiettivi sui più di 40 sistemi informatici attivi nell’Unione. Che si tratti di promuovere un’unione doganale capace di fronteggiare i profondi cambiamenti economici del commercio internazionale o di migliorare la cooperazione sul campo o, ancora, di proteggere l’Unione e i suoi abitanti, l’accento è sempre posto sullo sviluppo di sistemi IT paneuropei.

Se la trasformazione digitale va data per un ingrediente e uno strumento centrale per lo sviluppo della dogana mondiale, non vanno dimenticati gli strumenti giuridici, pattizi e regolamentari, che garantiscono il percorso della dogana lungo le linee della creazione di valore e di stimolo della interconnessione economica. Ad esempio, l’origine preferenziale: istituto tipicamente gestito e manutenuto dalle dogane in tutto il mondo e visto di consueto come una condizione per l’applicazione di riduzioni daziarie, svolge l’importante funzione di spingere le imprese a lavorare sulla tracciabilità dei propri prodotti e di quelli scambiati nel mondo, radiografando assetti economici e scelte di tutte le filiere produttive; o le advance rulings, ossia la possibilità di chiedere alle dogane decisioni preventive su origine (Informazioni Vincolanti sull’Origine in UE), classifica (Informazioni Tariffarie Vincolanti in UE) e valore (in UE tale ultima possibilità non è ancora attiva) rappresentano un’opportunità di crescita della consapevolezza della relazione strategica con le autorità doganali, che affiancano sistematicamente gli operatori economici, già molto prima del monitoraggio dei traffici.

Con la pandemia attualmente in corso, tutto il mondo si è reso conto dell’importanza di proteggere, anche grazie alla dogana, le supply chains globali, per assicurare l’accesso ai medicinali e agli altri prodotti essenziali. Ciò è risultato anche dalle conclusioni del G20 2021 per la sezione Trade and Investment, che afferma l’importanza di un commercio multilaterale basato su regole aperte, sostenibili e giuste le quali, anche secondo il B20, avrebbero un effetto positivo su ambiente e disoccupazione globale, purché la dogana a livello globale se ne faccia carico attraverso i propri istituti più avanzati e attraverso un’attenta interpretazione priva di preconcetti anche dell’e-commerce transfrontaliero.

 

 

 

In campo per risolvere contrasti geopolitici

Possiamo pensare di giungere a ottenere, in effetti, un approccio globale e condiviso da tutte le dogane del mondo, affinché gli obiettivi di integrazione connettiva e di trade facilitations non si riducano a esperienze, per quanto promettenti ed esemplari, esclusivamente locali? Un codice doganale mondiale, che non faccia poi altro che decantare e declinare a livello globale le linee di sviluppo contenute nella Revised Kyoto Convention della WCO e nei diversi frameworks e modelli già discussi e condivisi da tutti i Paesi membri (il framework SAFE, ad esempio, che definisce i criteri fondamentali per lo status di Operatore Economico Autorizzato - AEO, o il Data Model che fissa struttura e contenuto dei dati scambiati nei sistemi informativi doganali) significherebbe dare una nuova possibilità al futuro delle relazioni internazionali e dei conflitti geopolitici, in chiave veramente cooperativa e inclusiva.

Si tratta di un sogno irrealizzabile? No, le intenzioni ci sono, come pure stanno maturando le condizioni per rileggere la dogana da strumento di protezione dei confini ad ambiente collaborativo transfrontaliero, capace di assistere il viaggio delle merci ma anche l’intero ciclo della supply chain: OMC e WCO nella loro attività continuativa, il lavoro di UNCTAD in materia di convergenza delle regole di origine, quello di OCSE per quanto attiene all’ambiente dell’e-commerce transfrontaliero, quello di UNECE per lo sviluppo delle Single Windows, la proliferazione degli accordi non più solo di libero scambio ma di partenariato economico e comprehensive, il TFA ci spingono a ritenere che tale passo non sia poi così lontano, al netto delle temporanee divisioni politiche e delle crisi locali. Ma a crisi come quella pandemica non si potrà dare risposta se non passando decisamente a una nuova o, meglio, più autentica lettura del ruolo della dogana mondiale. Non dimenticando che una dogana sempre più globalizzata potrebbe, secondo il report della WCO sul ruolo delle dogane nel campo della sostenibilità, contribuire direttamente a 13 dei 17 Sustainable Development Goals (SDGs) delle Nazioni Unite e contribuire indirettamente agli altri 4 (ovvero i Goals 2, 4, 6 e 7).

 

La mission delle dogane: verso una crescita sostenibile e inclusiva

Ma come viene percepita da tutti noi la mission della dogana? Una risposta che la fornisce l’indagine real-time delphi lanciata dalla Commissione UE durante la stesura del report The Future of Customs in the EU 2040: la maggioranza degli intervistati ritiene la missione delle autorità doganali come già evolutasi in un ambito più ampio, contribuendo al benessere della società ben oltre la semplice riscossione dell'IVA e dei dazi doganali. Difatti, la dogana non può e non deve limitarsi a considerare solo gli aspetti tributari o formali, ma orientarsi anche verso aspetti di sostenibilità e sviluppo degli SDGs come, ad esempio, il Goal 8: Sustainable and inclusive economic growth.

Gli intervistati, inoltre, ritengono probabile che le autorità doganali dell'UE continuino sulla strada di un maggiore scambio di dati con tutte le parti interessate e riescano a farlo in modo sicuro ed efficiente. Ma se dall’indagine è emersa una diffusa fiducia nei confronti dell’azione delle dogane, è anche vero che gli intervistati hanno evidenziato che i cittadini europei non hanno consapevolezza di che cosa la dogana fa quotidianamente per il benessere globale e per la tutela delle persone e dell’ambiente: da ciò, le necessità di rivolgere sempre più attenzione alla diffusione di informazioni rivolte a un pubblico non solo di operatori economici dotati di skills tecniche e operative. Sarà sempre più necessario mettere a disposizione strumenti di facile fruizione, che consentano di valorizzare l’attività strategica delle dogane nell’assicurare non solo la presenza di beni sicuri e necessari sui mercati locali ma anche il supporto a un’evoluzione sostenibile dei traffici internazionali.

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