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DATAVIRUS

Omicron: la fine (dell'ondata) è vicina?

Matteo Villa
21 January 2022

L’arrivo di Omicron ha cambiato profondamente il modo in cui guardiamo la pandemia. Nell’ultima settimana il numero di nuovi casi giornalieri nel mondo ha superato i 3 milioni: quasi il quadruplo rispetto ai massimi precedenti da inizio pandemia, il quintuplo rispetto a un mese fa. Eppure il numero di decessi settimanali è rimasto più o meno costante da mesi, intorno ai 7.000 al giorno. Significa che il tasso di letalità apparente (CFR) del virus a livello mondiale è crollato da circa l’1,4% allo 0,3% nel giro di un mese.

Anche per questo si moltiplicano le voci di chi parla di “fine della pandemia”. Voci che non sono più soltanto quelle dei negazionisti o dei minimizzatori, ma quelle di esperti di fama mondiale. Il più recente è Christopher Murray, direttore dell’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME), rinomato studioso delle dinamiche di salute globale, autore dei modelli sulla pandemia più utilizzati negli Stati Uniti e attualmente nella Top40 dei ricercatori più citati al mondo. Murray ha scritto un commento su The Lancet dal titolo impossibile da fraintendere: “Covid-19 continuerà, ma la fine della pandemia è vicina”.

Che davvero la fine della fase emergenziale della pandemia sia vicina o meno, questo non significa che nel breve periodo il sistema sanitario di molti Paesi del mondo non possa essere messo fortemente sotto pressione. Lo sappiamo benissimo in Italia, dove tra il 10 dicembre e il 20 gennaio il numero di ricoverati è triplicato (da circa 7.000 a oltre 21.000) e quello dei pazienti in terapia intensiva è più che raddoppiato (da circa 800 a 1.700). Così, dal momento che proprio negli ultimi giorni l’Italia sembra avere raggiunto un plateau di nuovi casi Omicron, è normale che in tanti si chiedano quando l’ondata comincerà la sua fase discendente.

Per provare a capirlo, il grafico qui sopra censisce i 130 Paesi del mondo che stanno registrando o hanno registrato la propria “ondata Omicron” tra novembre e oggi, ordinandoli per stato della prima fase epidemica, ovvero la loro posizione sulla curva delle nuove infezioni rilevate. Si scopre così che, nel corso di soli due mesi, in 46 paesi del campione l’ondata è già in fase discendente. 37 di questi si trovano in fase discendente avanzata o completata: insomma, per poco meno di un terzo del nostro campione l’ondata di infezioni causata da Omicron è già finita o in rapida fase calante. Si tratta nella stragrande maggioranza dei casi (28) di Paesi dell’Africa subsahariana, ma vi compaiono anche sei Paesi europei: il Regno Unito, l’Irlanda, la Grecia, Malta, Cipro e il Montenegro. Tra i Paesi che hanno già raggiunto un picco di infezioni Omicron e si trovano in fase calante ce ne sono poi 9 che hanno cominciato questa rapida discesa da meno tempo, come per esempio gli Stati Uniti, la Spagna, l’Australia o il Qatar.

Oltre ai Paesi in rapida fase calante ve ne sono 6 che abbiamo classificato come in fase di discesa meno rapida o di plateau. Questi Paesi hanno raggiunto un picco di casi, ma da alcuni giorni non fanno ancora registrare diminuzioni nette. In questo piccolo gruppo c’è come dicevamo l’Italia. Assieme a lei contiamo altri due Paesi europei (Croazia e Svizzera), la Turchia, il Libano e la Thailandia.

Il grafico mostra poi che per altri 24 Paesi sembra già cominciata la fase di rallentamento, ma che non si è ancora arrivati a un picco di casi, mentre negli ultimi 54 ci troviamo ancora nella fase ascendente della curva epidemica. Tra i casi di rallentamento troviamo soprattutto Paesi dell’America Latina (11 su 24), così come l’India e Israele. Mentre il gruppo in fase ascendente è molto variegato ma include una maggioranza relativa di Paesi europei (23 su 54), in particolare dell’Europa centro-orientale (Germania in testa), e una fetta consistente (11) di Paesi asiatici.

La cosa che più rileva in questo caso è tuttavia soffermarsi sui Paesi che hanno già raggiunto il picco dell’ondata Omicron, per capire come si comportano. Quando noi italiani osserviamo il nostro apparente plateau di casi, potremmo infatti chiederci se l’ondata sia destinata a durare più a lungo di quanto sia legittimo attendersi. Estendendo il nostro sguardo al mondo, tuttavia, dovremmo essere confortati dal riconoscere che l’Italia fa parte di un piccolo sottoinsieme di Paesi in cui le curve Omicron non sono crollate (o non stanno crollando) molto rapidamente. Come vi abbiamo raccontato, infatti, nell’88% dei casi (46 su 52) le curve epidemiche legate a Omicron hanno raggiunto un picco in poche settimane per poi calare bruscamente, anche se sempre un po’ più gradualmente della velocità alla quale erano salite.

Il fatto che l’Italia, assieme a pochi altri, sia al momento un’eccezione rispetto a ciò che accade nel resto mondo può essere interpretato in due modi, uno negativo e l’altro più positivo. Nel primo, è possibile che Omicron si stia comportando diversamente nel nostro Paese, magari per via di abitudini diverse come un maggior distanziamento sociale in tempi di aumenti molto rapidi nel numero dei casi. È un’interpretazione possibile; tuttavia questo avrebbe dovuto rendere la curva di risalita delle infezioni un po’ meno ripida rispetto agli altri Paesi (cosa non accaduta) e soprattutto è difficile trovare un qualche fattore di comportamenti comune che permetta di assimilare l’Italia agli altri Paesi del suo “gruppo” che abbiamo elencato poco sopra.

L’interpretazione più positiva è quella per cui quel plateau nella curva di nuovi casi, che dura ormai da almeno una settimana, sia semplicemente il risultato della saturazione del sistema di testing nazionale. In sostanza, il numero di casi rilevabili avrebbe continuato a crescere senza poter essere “seguito” a sufficienza da quello dei tamponi. Se il sistema di testing non fosse stato saturo, il picco raggiunto dai casi giornalieri sarebbe stato un po’ più elevato, e poi la discesa sarebbe stata repentina tanto quanto quella osservata in molti altri Paesi. Quella che staremmo vedendo oggi sarebbe dunque semplicemente una fase in cui la curva dei nuovi positivi “aspetta” che il numero di casi scenda a sufficienza per “riagganciarlo” e cominciare a sua volta a scendere rapidamente.

Sia come sia, a oggi l’ondata Omicron in Italia è durata 24 giorni, poco più di tre settimane. Significa che la fase di casi elevati nel corso di questa ondata sta durando di più rispetto a quanto accaduto in molti altri Paesi europei cui possiamo più facilmente confrontarci, e che hanno raggiunto un picco entro tre settimane dall’inizio della fase di forte crescita. È dunque lecito attendersi che anche in Italia si cominci a vedere un netto calo dei casi molto presto. Solo allora potremo, finalmente, cominciare a tirare le somme. E magari chiederci se davvero la fine della pandemia sia sempre più vicina.

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