Porte chiuse
Da oggi Shanghai è in lockdown a causa di un focolaio di Covid. È la prima volta da inizio pandemia che la città (26 milioni di abitanti, come l’intero Nord Italia) va in lockdown. Così, malgrado da alcuni mesi il governo stia cercando alternative alla sua strategia “zero Covid”, la Cina torna a chiudersi.
Le chiusure non arrivano solo dal fronte sanitario. La telefonata Biden-Xi di dieci giorni fa non sembra aver riavvicinato i due leader sull’Ucraina: Washington continua a temere che Pechino possa fornire aiuti militari a Mosca in un momento critico del conflitto. E Pechino non sembra voler rassicurare l’Occidente.
La fatica del Dragone
Ma davvero la Cina vuole (e può) accorrere in aiuto di Mosca? A fare gola sono ovviamente l’energia russa (più a buon mercato) e il suo comparto industriale (in svendita). Eppure, nonostante consumi energetici in costante crescita, anche a Pechino si valutano i rischi di un inasprimento delle sanzioni occidentali. Tanto che venerdì Sinopec, gruppo petrolifero statale cinese, ha sospeso le trattative per un investimento petrolchimico da mezzo miliardo in Russia.
Malgrado le recenti ambiguità, la Cina non può permettersi di incappare in sanzioni occidentali. Con un debito totale vicino al 300% del PIL (più di quello italiano), Pechino doveva già gestire una ripresa economica deludente. Adesso, con la guerra in Ucraina e il lockdown a Shanghai, si rischia di compromettere l’obiettivo di crescita del 5,5% fissato da Xi per il 2022.
Lupi o panda?
Con Xi alle strette, cresce la retorica dei “lupi guerrieri” governativi, pronti ad accusare gli Usa di stare creando una “Nato asiatica” da cui Pechino si dovrebbe difendere, riducendo la propria dipendenza dall’Occidente. Si teme infatti che eventuali sanzioni occidentali possano prima o poi mettere in ginocchio l’economia cinese.
In realtà, la “lezione russa” sembra più un’altra. A causa di guerra e sanzioni, la crescita in Eurozona potrebbe rallentare dell’1,4% quest’anno. Figurarsi se imponessimo le stesse misure alla Cina, un “gigante” dieci volte più grande della Russia. Insomma, la ricerca dell’autarchia sarebbe inutile, o addirittura controproducente.
Che la soluzione per la Cina passi invece da maggiori, non minori, legami con l’Occidente?