Proposta forzata
Stop ai prodotti realizzati utilizzando lavoro forzato. È questa la proposta che sarà presentata domani dalla Commissione Europea per impedire l’ingresso nei Paesi dell’Unione di qualsiasi bene realizzato sotto costrizione, in qualunque fase della sua produzione o estrazione.
Una tappa a lungo attesa anche considerando le dimensioni del fenomeno: secondo un nuovo report dell’ILO, nel mondo si contano 28 milioni di persone sottoposte a condizioni di lavoro forzato. Il 55% delle quali risiede nella zona dell’Asia e Pacifico (un primato distorto dal maggior numero di abitanti nella regione). Ma al di là dei nobili scopi, non si può non leggere la nuova proposta in chiave anticinese.
Tu sai chi
La proposta della Commissione non farebbe riferimento a nessun Paese in particolare. A differenza della strategia adottata lo scorso giugno dagli USA: bando alle importazioni dallo Xinjiang. Ma il fatto che l’anno scorso von der Leyen menzionò la proposta per la prima volta proprio nella parte del suo discorso sullo Stato dell’Unione dedicata alla competizione con Pechino, rende chiaro il bersaglio della Commissione.
La Cina continua a ratificare convenzioni internazionali contro il lavoro forzato (due solo ad agosto). Ma dopo anni di accuse da molteplici fronti, a settembre è arrivato anche il primo parere ufficiale delle Nazioni Unite sul trattamento della comunità uigura nella Xinjiang. 48 pagine di report in cui si descrivono gravi violazioni dei diritti umani che potrebbero costituire crimini contro l'umanità.
Imparata la lezione?
Il ban alle importazioni di beni realizzati con lavoro forzato non sarà l’unica proposta della Commissione capace di impattare sul commercio comunitario. Per evitare che l'Europa si faccia cogliere impreparata da nuove interruzioni di catene del valore critiche (oggi il gas, ieri respiratori e vaccini), Bruxelles presenterà lo Strumento di emergenza per il mercato unico.
In caso di uno stato di crisi, la Commissione avrebbe il potere di richiedere agli Stati membri di costituire riserve strategiche, e di dare priorità agli ordini europei rispetto a quelli di Paesi terzi. In aggiunta a nuove regole per prevenire la concorrenza intra-europea.
Per quanto si tratti di misure emergenziali ancora lontane dall’essere definitive, il messaggio è chiaro: è sempre meno la fiducia nelle catene del valore globali. Ma fino a che punto possono essere accorciate?