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DATAGLOBE

Gas: tutta colpa della “speculazione olandese”?

Lorenzo Borga
16 September 2022

 

L’opinione pubblica europea tutto d’un tratto ha fatto conoscenza con il mercato energetico e le sue regole. Il caso che certamente in Italia ha avuto più risonanza è quello della cosiddetta borsa di Amsterdam del gas, il TTF (Title Transfer Facility), che è stata accusata anche da membri dell’esecutivo di essere oggetto di speculazione.

Va dunque spiegato a cosa serve un mercato come quello olandese, che non è certo l’unico nel suo genere. Il TTF è un punto di scambio virtuale – gestito da IntercontinentalExchange, la stessa società che detiene la proprietà anche del New York Stock Exchange, cioè Wall Street – in cui gli operatori possono vendere e comprare gas naturale al di fuori dei contratti a lungo termine. Possono farlo per compravendite che prevedono la consegna del gas sul momento, nel mercato spot, oppure per acquisti che si concretizzeranno in futuro, nel mercato forward: vale a dire che l’acquirente firma oggi un contratto in cui si impegna a comprare il gas domani (o tra un mese, o tra un anno, e così via) a un prezzo fissato, in modo tale da proteggersi da eventuali aumenti di prezzo.

 

Il ruolo del TTF di Amsterdam

In passato, prima del TTF, il prezzo di questi scambi era legato alle quotazioni del petrolio. Come spiega Michele Polo su Lavoce.info, questi mercati sono nati per ovviare alle esigenze di bilanciamento nei portafogli degli operatori tra richieste di fornitura dei propri clienti e quantitativi importati dai propri fornitori coi contratti a lungo termine. La maggior parte del metano che consumiamo nelle nostre case e che viene bruciato nelle industrie e nelle centrali termoelettriche arriva in Europa attraverso contratti di fornitura a lungo termine firmati tra importatori ed esportatori. Ma anche questi sono influenzati da ciò che accade In Italia: secondo una rilevazione di Arera tra il 70 e l’80% dei contratti di questo tipo contiene un prezzo di importazione che è indicizzato al TTF (o al corrispettivo italiano, PSV). Si tratta dunque di un mercato fondamentale per la definizione del prezzo finale, tanto che le stesse bollette del mercato tutelato sono indicizzate al TTF.

Ecco perché in una fase di scarsità di offerta, come quella che stiamo vivendo, le bollette degli europei sono schizzate verso l’alto. Vista l’assenza di gas – dovuta alla riduzione del metano da parte di Gazprom, iniziata ben prima della guerra in Ucraina – il mercato TTF ha visto il proprio prezzo salire di oltre 10 volte in pochi mesi. Il motivo è semplice: la domanda di gas in Unione Europea rimane elevata (per ridurla ci vuole tempo o grandi sacrifici) e, vista l’offerta in calo, il prezzo è salito. Secondo un recente report di Intesa Sanpaolo, a contribuire al rialzo non sarebbe stata tanto la speculazione (cioè chi compra e vende gas sulla carta, senza essere interessato alla consegna fisica del prodotto – secondo Polo questo avviene circa 20 volte prima che il gas venga effettivamente consegnato) ma più la scarsità di offerta e la carenza di liquidità nel mercato. L’esposizione degli speculatori sul TTF, per gli economisti di Intesa Sanpaolo, sarebbe rimasta stabile nel corso degli ultimi mesi. Ma sta di fatto che oggi le transazioni giornaliere effettuate sul TTF si sono ridotte notevolmente, visti gli alti prezzi e i crescenti rischi per gli operatori: ecco dunque che poche transazioni possono far schizzare o scendere notevolmente il prezzo, visti i volumi ridotti. Non esistono infatti meccanismi di controllo della volatilità sull’hub olandese, come la sospensione delle contrattazioni in presenza di eccessiva volatilità (come accade invece in alcune borse valori europee).

 

Confronto impari con il mercato USA

Esistono numerosi mercati di questo tipo. In Italia il PSV, in Spagna il PVB, in Germania il THE, che però a confronto con l’hub olandese sono decisamente più contenuti. Secondo Acer (l’agenzia europea che raggruppa i diversi regolatori nazionali), nel 2021 sul TTF sono state effettuate poco meno di 1.800 transazioni al giorno, mentre il mercato italiano non ha raggiunto le 300. Il gas scambiato in Olanda è superiore alla somma di tutto il metano transato nel resto degli hub europei. La discrepanza è ancora maggiore nei mercati forward. Ecco perché il prezzo del TTF – decisamente più liquido e rilevante degli altri mercati – è strettamente correlato ai valori dei restanti hub europei: è in Olanda che si fissano prezzi spot e forward, per di più data la fitta rete di gasdotti presenti in Unione Europea che determina un immediato arbitraggio in presenza di differenze di prezzo troppo marcate.

Ma rispetto al resto del mondo l’hub olandese rimane di dimensioni modeste. Questo grafico dell’Agenzia Internazionale dell’Energia mostra come il mercato spot europeo e quello statunitense (il cosiddetto Henry Hub) viaggiano su due unità di misure differenti: migliaia di miliardi di metri cubi di gas scambiati negli USA vs alcune centinaia in UE. Ma questa non è l’unica differenza tra i due mercati: il prezzo europeo è oggi quasi 7 volte più elevato di quello americano, e se il gas USA fosse quotato in megawattora, come il TTF, costerebbe appena 31 euro. Le ragioni sono diverse: prima di tutto gli Stati Uniti si producono il gas in casa e non devono comprarlo altrove. E, in secondo luogo, la presenza di un oceano tra i due continenti non rende possibile l’arbitraggio di prezzo, come accade in Europa. Esiste sì il gas liquefatto, trasportato via nave, ma il commercio tra USA ed Europa è ancora limitato dalle scarse infrastrutture di liquefazione sulla costa americana e di rigassificazione sulle coste europee.

 

Il nodo strategico del gas liquefatto

Ecco perché il mercato del TTF assume un’ulteriore importanza strategica. È il prezzo di riferimento europeo per l’importazione di gas liquefatto dal resto del mondo. Un mercato decisamente più globale di quello del metano gassoso, che viene trasportato via tubi e si limita dunque a livello regionale. Le navi metaniere trasportano invece in tutto il globo il gas, attraverso contratti a lungo termine (la maggioranza) o semplicemente dirigendosi verso l’offerente che paga più caro. Negli ultimi mesi il TTF è stato stabilmente superiore al prezzo di riferimento del mercato asiatico, il JKM (Giappone e Corea in particolare, ma anche Cina).

Questo ha permesso all’Europa di attrarre una notevole quantità di gas liquefatto, che ha contribuito a sostituire il metano di Mosca. Ed è su questo presupposto che punta chi si oppone a un tetto al prezzo del gas. Se infatti l’Unione Europea decidesse di sospendere il mercato TTF, come proposto dalla presidenza di turno ceca, oppure di introdurvi un prezzo massimo, potrebbe essere possibile ridurre il costo di importazione del gas via tubo senza cambiare formalmente i contratti di fornitura, ma d’altra parte il gas liquefatto potrebbe dirigersi altrove lasciando l’Europa senza materia prima. Altro discorso è invece una maggiore regolamentazione del mercato olandese, oppure l’individuazione di un nuovo hub come proposto dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Che però richiederebbe anni per essere costruito, come accaduto al TTF.

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