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Dopo il voto

Svezia: svolta a destra

16 September 2022

I risultati delle elezioni in Svezia confermano le previsioni e l’exploit dell’ultradestra, frutto di un’accorta operazione di immagine e politiche fallimentari.

 

Dopo giorni di attesa i risultati delle elezioni svedesi confermano le previsioni: la coalizione di destra ha raccolto la maggior parte dei voti e con ogni probabilità formerà il nuovo esecutivo. Un terremoto politico che promette di avere conseguenze profonde sul paese.

Il blocco ha ottenuto il 49% dei voti, e in parlamento avrà 176 seggi, tre in più del centrosinistra che ha raccolto il 48% dei consensi. Anche se con circa il 30% delle preferenze i più votati rimangono i socialdemocratici, oggi la premier uscente Magdalena Andersson si è dimessa. “So che molti svedesi sono preoccupati. Capisco la vostra preoccupazione e la condivido”, ha detto la prima ministra. Il paese ora si trova ad affrontare una svolta politica senza precedenti: a portare alla vittoria la coalizione sono stati i Democratici svedesi (DS) di Jimmie Akesson, un partito di estrema destra che in questi anni ha avviato una progressiva opera di ‘normalizzazione’.

 

 

Chi sono i democratici svedesi?

Il risultato più significativo delle elezioni riguarda l’exploit dell’estrema destra. Se fino a poco tempo fa erano ai margini del panorama politico svedese, i DS – discendenti diretti dei neonazisti svedesi – si ritrovano oggi al centro della scena: con oltre il 20% delle preferenze complessive non solo si sono affermati come secondo partito più votato del paese, ma sono anche il partito più votato della coalizione di destra di cui fanno parte. La loro ascesa, lenta ma costante, ha letteralmente travolto gli equilibri politici svedesi e si deve soprattutto a un uomo: l’attuale leader Jimmie Akesson. È lui che dal 2005 ad oggi ha trasformato l’immagine del partito sfumandone i toni, allontanando i dirigenti dichiaratamente razzisti e fornendo ai Democratici svedesi un’aura più rispettabile e dialogante. Nel tempo, hanno assunto posizioni meno xenofobe e più nazionaliste, identitarie e tradizionaliste. Il partito non si dice contrario all’immigrazione in generale, ma propone programmi stringenti di assimilazione alle norme e “all’identità nazionale” in modo da non costituire una “minaccia” per il benessere e la sicurezza degli svedesi.

 

Un paese irriconoscibile?

Le ragioni della crescita della destra sono osservate con crescente attenzione dal resto d’Europa, perché simili a quelle di altri paesi, e hanno a che fare soprattutto con l’immigrazione. Negli anni la Svezia è stata meta di flussi migratori imponenti in proporzione al numero di abitanti. Nel 2015, anno della crisi migratoria, arrivarono 163mila migranti nel paese di dieci milioni di abitanti.

Sette anni dopo, quello che si è recato al voto, scrive Monica Perosino, “è un paese quasi irriconoscibile, avvelenato dalla paura, dalle ineguaglianze sociali e dall’insicurezza”. A tenere banco, durante la campagna elettorale, è stata la battaglia contro i narcotrafficanti che hanno trascinato la Svezia nella paura riempiendo le cronache di scontri a colpi di bombe e pistole, proiettili vaganti e sparatorie per strada. Una guerra tra gang che nell’ultimo anno conta un numero di vittime talmente alto che anche i socialdemocratici hanno dovuto riconoscere “errori”, promettendo di “combattere il crimine a ogni costo” e, per la prima volta, collegando – anche se non esplicitamente – il numero di migranti all’aumento della criminalità.  

 

L'Europa vira a destra?

Le trattative per formare un nuovo governo, che sarà guidato dal Partito Moderato di Ulf Kristersson come precedentemente deciso dal blocco, sono già in corso. Ma gli esperti affermano che i Democratici svedesi siano pronti a esercitare un'influenza maggiore nel futuro della politica svedese, data la popolarità registrata durante le elezioni. Una prospettiva che spaventa poiché, nonostante i toni più moderati, il partito è comunque guardato da buona parte dell’elettorato con sospetto e timore. Gli osservatori d’oltreoceano si domandano se il caso svedese non segni “la rottura di un taboo” e l’inizio di una virata a destra nel continente europeo. Quello che sembra essere in discussione nel paese, infatti, è un modello di società multiculturale che se non può dirsi fallito sembra aver mostrato alcuni limiti: “Offrire rifugio a coloro che fuggono dalla guerra è sempre la cosa giusta da fare, ma l'esperimento del multiculturalismo in Svezia sembra aver preso una brutta piega dal 2016 – spiega il giornalista svedese-etiope Jim Stenman sulle colonne di Politico – e aggiunge: “Anche se posso essere moralmente in disaccordo con la chiusura dei nostri confini a chi ne ha bisogno, forse è il modo migliore per ricalibrare, almeno temporaneamente, dopo decenni di politiche fallite”.

 

Il commento

Di Monica Perosino, La Stampa

"Per i conservatori l’apertura all’estrema destra era diventata l'unica strada per il potere, ma sebbene il cordone di protezione sia saltato, è assai improbabile che la formazione di Jimme Åkesson entri nel governo.  Non conviene al probabile prossimo premier Ulf Kristersson (Moderati) che innanzitutto ha bisogno che gli altri partiti della coalizione - che mal tollerano le idee dei Democratici svedesi - lo sostengano come primo ministro, e che sa benissimo che assumere la presidenza della Ue con ministri espressi dall’ultradestra anti-migranti e contraria ai meccanismi di solidarietà europei non è una buona idea. Non conviene neanche a Jimme Åkesson, che se entrasse nel governo avrebbe la responsabilità di realizzare tutte le promesse degli ultimi 15 anni. Lo scenario più probabile è un governo formato da Moderati e Cristianodemocratici, con un sostegno esterno dei Ds su molte questioni specifiche. Una cosa è certa: il prezzo più alto del supporto di Jimme Åkesson al nuovo governo svedese lo pagheranno i migranti". 

 

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications.

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