Dopo il terremoto sui mercati Liz Truss fa dietrofront sulla politica fiscale. Ma nel partito c’è chi la vuole fuori da Downing Street e il suo rischia di essere uno dei governi più brevi della storia.
Nuovo colpo di scena nel Regno Unito dove venerdì la premier Liz Truss ha silurato il cancelliere dello Scacchiere Kwasi Kwarteng per sostituirlo con Jeremy Hunt, ex ministro della Sanità che oggi ha annunciato una decisa retromarcia sulle politiche fiscali. La decisione è stata presa dopo che il mini-budget proposto da Truss e Kwarteng – più di 320 miliardi di sterline di sussidi per l'energia e tagli fiscali – aveva provocato un vero e proprio terremoto sui mercati affondando la sterlina e costringendo la Banca d'Inghilterra a intervenire per rassicurare gli investitori e salvare i fondi pensione. Nel suo statement d'emergenza diffuso oggi per rassicurare i mercati, Hunt ha annunciato che “quasi tutto il pacchetto fiscale” del 23 settembre “sarà cancellato”, sottolineando che non ci sarà nemmeno la promessa riduzione dell'aliquota fiscale base sui redditi minori, dal 20 al 19%, che viene rinviata a tempo indeterminato. Inoltre la durata del sussidio è stata ridotta a 6 mesi (fino ad aprile) contro i 2 anni promessi: con un risparmio sull'indebitamento pari a circa 100 miliardi di sterline. Se la mossa di Hunt ha ridato fiato alla sterlina e agli indicatori di borsa a Londra, la premier conservatrice appare invece assediata e di fatto commissariata sul fronte economico, ad appena sei settimane dall’insediamento. Una impasse che non è sfuggita al leader laburista Sir Keir Starmer, che ha commentato: “Il primo ministro insiste nel dire di essere ancora il leader in carica, ma quanto accaduto finora suggerisce che se è ancora in carica di certo però non è al potere”.
Lotta per la sopravvivenza?
Nel frattempo, a Westminster, si rincorrono voci di una congiura di palazzo da parte di esponenti conservatori di alto livello, molti dei quali sostenitori di Rishi Sunak, ex cancelliere dello Scacchiere e rivale di Truss alle primarie del partito, che punterebbero a sfiduciare la premier. Secondo il Guardian, diverse lettere di sfiducia sarebbero già state consegnate nelle mani di Sir Graham Brady, presidente del comitato 1922, l’organismo interno al gruppo parlamentare Tory, affinché chieda alla prima ministra di farsi da parte a fronte di una situazione insostenibile dopo il tracollo del suo programma economico e la crisi scatenata sui mercati. Il veterano parlamentare conservatore Crispin Blunt è stato il primo a dichiarare pubblicamente di aver chiesto le dimissioni di Truss, dicendo di non pensare che la premier possa sopravvivere alla crisi attuale. “Penso che il gioco sia finito e che sia ora di domandarsi come gestire la successione”, ha detto Blunt. Ormai, la credibilità della premier sarebbe compromessa al punto che diversi conservatori avrebbero accettato di cambiare la regola del partito che vieta di sfiduciare un premier nei primi 12 mesi di mandato. Voci così insistenti da portare il settimanale The Economist a soprannominarla “The Iceberg lady” (con riferimento all’insalata, genere rapidamente deperibile, e in contrapposizione a “Iron lady”, come veniva chiamata Margareth Thatcher, a cui Truss si ispira), mentre il tabloid Daily Star – con il consueto humor britannico – ha lanciato una challenge su YouTube con un cespo di lattuga, chiedendo ai lettori: “Secondo voi, quale delle due scadrà prima?”
Le critiche degli alleati?
Con un intervento insolito, persino il presidente degli Stati Unit Joe Biden ha criticato la strategia economica portata avanti da Truss e affermato che le turbolenze economiche seguite al mini-bilancio del governo fossero “prevedibili”. Interrogato al riguardo dai giornalisti, Biden ha detto: “Non sono stato l'unico a pensare che fosse un errore. Penso che l'idea di tagliare le tasse ai super ricchi in un momento in cui a tutti gli altri vengono chiesti dei sacrifici […] comunque, spetta al Regno Unito dare quel giudizio, non a me”. Se il presidente in passato aveva disapprovato la teoria economica al centro della strategia del primo ministro britannico – che sostiene che il taglio delle tasse alle imprese e ai più benestanti generi una crescita che consente alla ricchezza di ‘gocciolare’ in tutti i settori della società – è tuttavia molto insolito che il leader americano si lasci andare a critiche così aperte nei confronti del capo di governo di uno dei principali alleati degli Stati Uniti.
Per l’Europa una lezione da imparare?
Da questo lato della Manica, il resto d’Europa assiste con preoccupazione mista a malcelato compiacimento le turbolenze in atto a Londra. Liz Truss si è presentata come legittima erede e candidata pro-Johnson, con cui condivide il fatto di essere una vera ‘brexiter’. Ora però, l’inattesa reazione dei mercati al suo mini-budget l’ha costretta a scaricare Kwarteng per salvarsi politicamente, e diversi tra diplomatici e funzionari si sono lasciati andare a battute di spirito sullo stato dell’economia britannica. “Se avete bisogno di esperienza nel trattare con il FMI, siamo qui per aiutarvi”, ha scherzato il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis parlando al Sunday Times. In generale però l'arrivo di Hunt è visto positivamente a Bruxelles. Il nuovo cancelliere dello Scacchiere era stato ministro con il remainer David Cameron e poi con Theresa May. Feroce critico di Johnson si era schierato per la permanenza nell'Ue nel referendum sulla Brexit nel 2016 e aveva proposto un secondo referendum sui termini dell'uscita dal blocco. La sua presenza potrà aiutare Londra e Bruxelles a dirimere le controversie e in particolare il protocollo sull’Irlanda del nord. Ma più in generale l’Europa guarda al Regno Unito come ad una lezione da trarre. “Quello che è accaduto dimostra quanto volatile è la situazione e quanto prudenti dobbiamo essere con il nostro mix di politiche fiscale e monetaria”, ha detto il commissario Ue all'Economia, Paolo Gentiloni, in quello che suona come un avvertimento a tutti i governi della zona euro
Il commento
Di Antonio Villafranca, direttore della ricerca ISPI
“La domanda di oggi sulla premier Liz Truss non è cosa farà ma per quanto lo farà. La dura lezione che però i Tories dovrebbero trarre è che i problemi non si risolvono passando da un Ministro del Tesoro a un altro, e nemmeno da un premier a un altro (come insegna la staffetta Johnson-Truss). Da Brexit in poi (anzi già da prima), sono le inadeguate visioni di fondo e le contraddittorie politiche economiche dei Tories a fare (in negativo) la differenza. Bisogna cambiare queste, invece di continuare a cambiare i loro esecutori”.
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A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications.