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Coppa del mondo

Qatar 2022: mondiali senza diritti

21 November 2022

Corruzione, violazioni dei diritti umani e insostenibilità ambientale: cresce l’imbarazzo intorno ai mondiali del Qatar, ma è troppo tardi.

 

Si è aperta ieri a Doha, in Qatar, la 22esima edizione della Coppa del mondo di calcio. Una cerimonia di luci e colori ha accolto la parata di campioni pronti a sfidarsi per il trofeo più ambito nel mondo del pallone, ma che non è bastata a stemperare l’ondata di polemiche legate alla scelta di tenere l’evento in un paese in cui i diritti umani vengono continuamente negati, caratterizzato dall’opacità totale delle condizioni degli operai nei cantieri (perlopiù migranti), in cui l’omosessualità è considerata un crimine e la parità di genere non esiste neanche come argomento di dibattito. L’anomalia dei mondiali in Qatar – la prima volta in cui il torneo si tiene in un paese della regione – comincia con la tempistica: l’appuntamento è stato convocato in autunno perché in estate le temperature qatariote non lo avrebbero consentito, stravolgendo i calendari dei campionati nazionali in pieno svolgimento, e creando innumerevoli problemi per tutti, dagli addetti ai lavori ai tifosi. Disagi di cui l’ex numero uno della Fifa Sepp Blatter si è assunto la responsabilità ammettendo che all’epoca l’organo di governo del calcio mondiale commise “un grave errore”. Più che di errore, però è di corruzione vera e propria che si dovrebbe parlare – almeno secondo le numerose inchieste in corso che cercano di fare piena luce sui criteri e le procedure valse all’emirato l’assegnazione del torneo.

 

 

Un calcio ai diritti?

Grande più o meno quanto metà della Lombardia, e con meno di 3 milioni di abitanti, il Qatar è la nazione più piccola ad aver mai ospitato la Coppa del Mondo, un evento logisticamente complesso, che attira un numero enorme di visitatori e richiede grandi e varie infrastrutture per accoglierli. Per farsi trovare pronto al fischio d’inizio, il governo del Qatar si è rivolto ad una massiccia popolazione di lavoratori migranti, che costituiscono il 90% circa della sua forza lavoro, per costruire stadi, hotel e autostrade. Nel 2021, un’indagine del quotidiano britannico The Guardian ha rivelato che dall’assegnazione della World Cup nel 2010, più di 6.500 lavoratori migranti provenienti da Bangladesh, dall’India, dal Nepal, lo Sri Lanka e il Pakistan erano morti a causa delle condizioni di lavoro disumane a cui erano costretti nei cantieri. Numeri che coincidono con quelli contenuti nei report dell’Onu che hanno messo in luce anche i danni e fortissimo impatto ambientale riconducibile all’evento calcistico. Una situazione che – unitamente alle accuse di corruzione, ai danni ambientali e le discriminazioni sessuali – non poteva non innescare un mare di polemiche e, a torneo appena cominciato, non mancano le iniziative di dissenso: la nazionale danese ad esempio indosserà maglie con il logo del produttore ‘sbiadito’, perché il produttore Hummel “non vuole essere visibile in tornei che costano vite umane”, mentre otto squadre si sono viste rifiutare dalla Fifa il permesso di scendere in campo con una fascia arcobaleno a sostegno dei diritti LGBTQ+ perché si tratterebbe di un “gesto politico”.

 

Il mondiale più costoso di sempre?

Con la cifra record di 220 miliardi spesi, quello in corso in Qatar sarà inoltre il Mondiale più costoso di sempre. La cifra è infatti superiore alla somma di tutte le rassegne iridate realizzate fino a quella del 2018 e di 15 volte superiore a quella del Mondiale brasiliano del 2014. Per sostenere costi così imponenti il prezzo dei biglietti è sensibilmente aumentato rispetto all’ultimo mondiale in Russia. In generale, la Fifa mira a generare un valore di 500 milioni di dollari dai diritti di ospitalità e dalla vendita dei biglietti da tutti gli otto stadi del Qatar. Un traguardo che consentirebbe alla Fifa di raggiungere l’obiettivo di 7 miliardi di dollari di ricavi (6,4 miliardi di euro) nel quadriennio 2018 - 2022. Per il piccolo Stato del Golfo, al contrario, e in continuità con una strategia che Doha porta avanti da anni, i mondiali sono l’occasione per diversificare l’economia verso il turismo e, più in generale per dare visibilità e prestigio al paese, anche in rapporto ai suoi ‘ingombranti’ e potenti vicini, come l’Arabia Saudita. Negli ultimi anni, Doha ha ospitato numerosi negoziati ‘difficili’ e dialogato con interlocutori ‘complicati’ come l’Iran e l’Afghanistan dei Talebani. Senza contare che oggi, le sue abbondanti risorse di gas naturale lo rendono un partner ancora più prezioso per l’Europa nel contesto della crisi energetica.

 

Softpower o Sportwashing?

Per questo, le accuse di “sport washing”, l’uso dello sport per migliorare l’immagine di un paese, sono state accolte con scetticismo e considerate come i frutti avvelenati di una mentalità occidentale post-colonialista e razzista. “Non si capisce il perché di tutte queste polemiche quando in altri paesi che prima d’ora hanno ospitato la coppa del Mondo i diritti non sono rispettati” osserva su Al Jazeera, emittente qatariota, Larbi Sadiki. Una prospettiva abbracciata dallo stesso presidente della Fifa Gianni Infantino che durante la conferenza stampa inaugurale ieri a Doha ha detto: “Oggi mi sento qatariota, mi sento arabo, mi sento africano, mi sento gay, mi sento disabile, mi sento un lavoratore migrante”. Infantino ha detto di fare fatica a capire le molte critiche arrivate nelle ultime settimane dai paesi occidentali, sostenendo che la loro “lezione morale a senso unico” sia “pura ipocrisia”. Un discorso di quasi un’ora – che il corrispondente di Sky Sport ha commentato dicendo “sembrava di sentir parlare Donald Trump” – in cui il presidente del massimo organismo del calcio mondiale si è chiesto come mai nessuno riconosca i progressi fatti in Qatar negli ultimi anni, aggiungendo di non voler difendere il paese, bensì il calcio. Secondo lui quella che comincerà domenica 20 novembre sarà “la miglior Coppa del Mondo di sempre”.

 

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications.

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