Giappone: le scommesse di Abe
Dopo la negativa esperienza dei governi a guida democratica (2009-2012), il Giappone è tornato al passato e punta al proprio rilancio scegliendo la stabilità e la tradizione degli esecutivi liberaldemocratici (LDP). La maggioranza conseguita dai conservatori è stata netta e ha attribuito al nuovo governo e alla coalizione di centro-destra un mandato forte per poter governare e provare a cambiare radicalmente il paese, stretto com’è tra deflazione economica e immobilismo politico.
Il nuovo governo guidato dal nazionalista Shinzo Abe dovrà puntare su due priorità per sovvertire il declino del paese: crescita economica e ridefinizione della politica estera giapponese. Su queste basi la risposta del nuovo esecutivo nei suoi primi quattro mesi di attività è stata, da un lato, la promozione di una strategia aggressiva di incremento della spesa pubblica e politiche monetarie espansive per rilanciare la propria economia (“Abenomics”), dall’altra il tentativo di riaffermare il ruolo di grande potenza regionale e globale del Giappone.
Proprio il rapporto con Pechino rappresenta una delle principali sfide di politica estera per Tokyo. Infatti, se da un lato la Cina é il primo partner commerciale giapponese, dall’altra l’aperta ostilità tra le due potenze nella disputa sulle isole Senkaku/Diaoyu rappresenta, al pari della minaccia nord-coreana, uno dei temi di maggiore tensione regionale.
Tuttavia la retorica nazionalista si scontra con la realtà dei fatti che richiede maggiore moderazione e risolutezza, soprattutto nei rapporti con gli altri interlocutori asiatici, con i quali i rapporti sono molto tesi anche in virtù di altre dispute territoriali che nascondono motivazioni di carattere strategico ed economico. Così, tra velleità di un nuovo protagonismo regionale e la volontà di sganciarsi gradualmente dall’ombrello americano, il Giappone si trova a dover ripensare il proprio ruolo internazionale.