La vittoria del Front National a Brignoles, contro un candidato della destra moderata sostenuto però teoricamente anche dalla sinistra, ha gettato nel panico la politica francese. Il risultato del piccolo centro provenzale sarebbe la conferma di ciò che in molti temono: a poca distanza dalle elezioni comunali che interesseranno le città più importanti in marzo, e dalle europee di maggio, secondo i sondaggi la formazione guidata da Marine Le Pen è la forza politica più votata del paese.
I partiti tradizionali si rimpallano la responsabilità dell'accaduto in un imbarazzante scambio di accuse di non collaborazione: destra moderata e sinistra sarebbero infatti, in Francia, d'accordo per impedire in ogni modo possibile l'ascesa della destra estrema – come accadde nel 2002, quando gli elettori della gauche, al ballottaggio per la scelta del presidente della Repubblica, votarono in massa per Jacques Chirac pur di impedire l'affermazione di Jean-Marie Le Pen.
Tuttavia, due tendenze sembrano oggi favorire il successo della figlia Marine, da un paio d'anni a capo del partito fondato dal padre nel lontano 1972: da un lato, la destra tradizionale si è estremizzata, avvicinandosi molto alle posizioni del FN. Dall'altro, sembra ormai riuscita – almeno nei confronti dell'elettorato conservatore – l'operazione di dédiabolisation (de-demonizzazione) perseguita per rendere le posizioni del partito, in passato diffusamente considerate se non fasciste almeno incompatibili col sistema politico francese, più accettabili all'insieme dell'opinione pubblica.
Uno dei fattori chiave è stato senz'altro il passaggio di consegne da Jean-Marie, figura contestatissima e polarizzante (ex parà e torturatore confesso durante le guerre d'Algeria, vicino a posizioni negazioniste dell'Olocausto, ripetutamente accusato di razzismo), a Marine Le Pen. Impegnata nella costruzione di quella che potrebbe chiamarsi un'"estrema destra dal volto umano", come la definì Bernard-Henri Lévy, l'erede ha ampliato la propria base elettorale ad aree socio-politiche e geografiche rimaste finora inaccessibili.
È in atto in Francia una radicalizzazione di lungo periodo di tutto l'elettorato di destra, cioè quello che s’identifica con l'UMP (L'Union pour un mouvement populaire, il partito di Jacques Chirac e Nicolas Sarkozy) e il FN, e un conseguente avvicinamento delle posizioni delle dirigenze dei due partiti. Questo processo ha origine nella campagna presidenziale del 2007, vinta da Sarkozy: in quell’occasione, l'ex presidente aveva puntato sulla lotta all'immigrazione, sulla "sicurezza" – prendendosela in particolare con la comunità rom – e sull'identità nazionale, impegnandosi poi in facili promesse in favore del "potere d'acquisto" e contro l'"assistenzialismo". La scelta populista di Sarkozy pagava e al candidato UMP andavano anche molti dei voti degli elettori del Front National, a cui la trentennale leadership di Jean-Marie Le Pen appariva ormai logorata.
Nel 2012, il contrappasso. Rivelatisi gli slogan di Sarkozy illusori, e giunta nel frattempo in Francia la crisi, con pesanti effetti sul bilancio pubblico e sull'occupazione, al presidente uscente restavano poche carte da giocare. In compenso, il nuovo FN di Marine, che in campagna elettorale adottava molti dei temi e dello stile del Sarkozy del 2007, attirava vecchi e nuovi elettori fino a dare all'estrema destra il miglior risultato della sua storia (17,9%).
L'implosione dell'UMP ha accelerato il processo: dopo la vittoria di François Hollande e l'abbandono di Sarkozy, una parte del partito si è scissa in una nuova formazione centrista. I restanti, sotto la direzione di Jean-François Copé e François Fillon, hanno virato ancor di più verso destra, sperando di ritrovarvi i propri ex elettori. Ad esempio, sulla questione del matrimonio omosessuale, legalizzato la scorsa primavera, l'UMP non ha esitato a spostarsi dall'iniziale posizione di libertà di coscienza a una nettissima contrarietà.
Tale scelta ha finito però per legittimare ulteriormente le posizioni del Front National. Solo la linea europeista mantenuta dall'UMP, mentre Marine Le Pen è radicalmente contraria all'Unione, divide ormai gli elettorati dei due partiti. Per il resto, un tempo nettamente separati, essi appaiono oggi fluidi e comunicanti, soprattutto tra le fasce più giovani e meno benestanti della popolazione: ciò rende pensabile una crescita del FN anche in quelle aree popolari, quali la grande banlieue parigina, che lo scorso anno si sono massicciamente schierate a sinistra.
L'estrema destra guarda dunque con ottimismo al voto amministrativo ed europeo. Non dovrebbe però trascurare alcuni dati di fatto: intanto, la vittoria di Brignoles è avvenuta in uno dei dipartimenti in cui il FN è più radicato – e ha votato meno della metà della popolazione. Inoltre, su base comunale, il partito possiede a oggi pochi consiglieri e ancor meno municipi, perché lo sbarramento operato da destra moderata e sinistra di solito funziona: una debolezza importante al momento delle elezioni locali. Infine, ancora più della metà degli elettori dell'UMP è contraria a qualsiasi alleanza con l'estrema destra.
In ogni caso, le tendenze di fondo della politica e dell'economia francese gonfiano le vele del Front National. La fragilità della presidenza di Hollande, che fatica a trovare un'identità precisa e a ottenere risultati concreti, potrebbe incidere negativamente sull'astensionismo. L'obiettivo a lungo termine di Marine è l'egemonia sulla destra francese e una campagna presidenziale da protagonista assoluta. Nel frattempo, ha una concreta possibilità di dichiararsi a capo, al termine del ciclo elettorale primaverile, del "primo partito di Francia".