Questo conflitto così radicato attorno al possesso della terra, ha attraversato indenne il cataclisma geopolitico della fine della guerra fredda. Una questione che alla fine non riguarda più di 13 milioni di persone e un territorio grande come l’Emilia Romagna, ha continuato la sua interminabile rissa, sorda alla scomparsa del bipolarismo, all’avvento della Cina come grande acquirente del petrolio mediorientale, al decennio clintoniano di bonanza economica e alla grande crisi finanziaria di questi ultimi anni.
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La Russia è stata colpita duramente, ma per un periodo limitato, dalla crisi globale. La crescita infatti è dimezzata rispetto al passato e ampiamente inferiore a quella prevista nei maggiori paesi emergenti, in primis Cina e India. Da più parti si pone l’accento sulla improrogabile necessità per il paese di riprendere il cammino delle riforme strutturali, avviate e ritardate, quando non interrotte, dalla favorevole congiuntura e dall’ascesa dei prezzi del petrolio.
The global financial crisis has opened the gateway for the process of reform international financial system especially IMF. The overall economic power of the developed countries is relatively declining as a result of the crisis. However, their institutional power has not diminished along with the declining hard power. Instead, there may even be chances that the institutional power will be enhanced in the future, which has been proved by recent renew the president of IMF and Europe keeps their traditional power in IMF
La successione alla direzione generale del Fondo monetario internazionale, dopo le dimissioni di Strauss Kahn, è stata l’occasione per il riaffiorare di una contesa politica, comunque sempre latente in questo primo scorcio di XXI secolo, che vede opposti da un lato le volontà e le pretese del mondo occidentale, dall’altro quelle delle principali potenze emergenti, con in testa il gruppo dei paesi BRICs.
Tre immigrati su dieci in Italia provengono da un paese dell’Africa sub-sahariana, con conseguenze per l’Europa intera. Ma la situazione sta cambiando: l’emergere di potenze non tradizionali sta modificando il modo in cui la stessa Africa si collega al mondo, e potrebbe quindi mutare anche quantità, direzione e obiettivi dei flussi migratori verso l’Europa. E anche la politica degli aiuti tradizionale, spesso utilizzata anche come strumento per tentare di frenare l’immi-grazione, potrebbe risultarne condizionata.
A 150 anni dall’unità nazionale, la politica estera italiana è alla ricerca di un nuovo equilibrio tra l’impegno nei contesti multilaterali e lo sviluppo di rapporti con una fitta rete di paesi: da quelli mediterranei alla Russia, dal Brasile alla Cina.
Nell’analizzare le relazioni tra l’Europa e l’Arabia Saudita, va fatta una considerazione di fondo, valida soprattutto per l’area mediterranea e mediorientale: non si può esaminare la politica europea se non attraverso quella che è l’entità economica e politica che, più di tutte, mira a inglobare le variegate realtà rappresentate dai diversi attori del vecchio continente. Tale entità è chiaramente l’Unione Europea.
Delle guerre in corso si dice che quasi sempre si sa come sono iniziate ma mai come finiranno. Della Rivolta Araba non sono ancora ben chiare alcune fasi della sua genesi e certo è impossibile dire dove porterà. Verso fine febbraio, dopo le “rivoluzioni” tunisina ed egiziana e nel pieno di quella libica, tra i molti quesiti più immediati, uno riguardava il possibile “contagio” della Rivolta.
Il Mediterraneo si è presentato nell’ultimo decennio come un concentrato delle grandi sfide dei nostri giorni: dalla promozione della democrazia ai conflitti culturali, dalla sicurezza energetica all’integrazione economica regionale. Nello stesso periodo, la retorica delle politiche statunitensi ed europee nell’area – basti ricordare i programmi dell’amministrazione Bush sulla “libertà e democrazia” in Medio Oriente tra il 2004-2006 o il varo della Politica di Vicinato della Ue – è stata talvolta molto elevata.
Il 2010 è stato caratterizzato da un ritorno alla crescita economica: dopo la contrazione del 2009 (-0,5%), il PIL mondiale è tornato a crescere (5,0%), così come le principali economie occidentali, seppur con ritmi differenti.