La strategia geopolitica russa appare improntata a riaffermare la propria influenza nello spazio post sovietico, condizione che le permetterebbe di assurgere nuovamente al ruolo di grande potenza, e di contenere le crescenti ambizioni di svariati attori geopolitici (Unione Europea, Nato, Cina, Stati Uniti, Turchia) sul cosiddetto “estero vicino” di Mosca.
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Le Olimpiadi invernali di Sochi sono ormai alle porte e, nonostante il dispiegamento di un poderoso sistema di sicurezza con unità dell'esercito e droni che sorvolano il territorio, i timori per possibili violenze legate ai gruppi jihadisti dell'adiacente Caucaso settentrionale rimangono forti.
Introduzione
La Costituzione della Tunisia del dopo Ben ‘Ali è stata adottata nella notte tra il 26 e il 27 gen-naio 2014, com’era stato annunciato nei giorni precedenti. L’atto finale della transizione è giunto insieme alla formazione di un nuovo governo, ufficialmente tecnocratico, guidato da Mehdi Jomaa, già Ministro dell’Industria durante il secondo governo di al-Nahda.
L’esacerbarsi della guerra in Siria continua a produrre, in maniera ormai sempre più frequente e invasiva, uno spillover in Libano. L’ultimo attentato, avvenuto a Haret Hreik, una zona della Dahiye, la periferia sciita di Beirut, roccaforte di Hezbollah, è solo l’ultimo di una lunga serie di episodi di violenza che hanno segnato il 2013 e l’inizio del 2014.
I recenti attacchi che hanno colpito le postazioni dello Stato Islamico dell’Iraq e di al-Sham (Isis) nel nord della Siria hanno riportato alla luce le profonde divisioni dell’opposizione armata, a pochi giorni dall’inizio dei colloqui di “Ginevra II”.
«… Non vi sono alternative alla soluzione politica ed essa deve andare di pari passo con il processo umanitario, e con un cessate il fuoco generalizzato….È impensabile che Bashar al-Assad resti al potere…È necessario che l’opposizione partecipi alla Conferenza di pace di Montreux-Ginevra in modo coordinato e il più inclusivo possibile….Una sua non-partecipazione sarebbe una vittoria del regime di Assad e, soprattutto, non avvierebbe quel processo di pace, difficile e dai tempi medio-lunghi, finalizzato alla formazione di un governo di transizione c
Mercoledì 22 gennaio inizierà, fra polemiche e ritiri dell'ultimo minuto, la Conferenza di Ginevra II sulla crisi siriana. Il vertice arriva dopo quasi un anno di rinvii e svolte drammatiche nel conflitto che sta insanguinando la Siria da quasi tre anni. Mentre regna il pessimismo attorno alla possibilità che Ginevra II possa portare a una soluzione politica della crisi, la speranza è che serva almeno a instaurare un dialogo.
Le ragioni per essere ottimisti sui risultati di Ginevra II sono poche. E non lo sono solo a causa del clima d’ineluttabile e pessimistico fatalismo, che per gli osservatori occidentali generalmente circonda ogni processo (dalla pace in Palestina alla democratizza-zione in Nord Africa) che dovrebbe portare a un qualche miglioramento all’interno delle società mediorientali. Questa volta ci sono, purtroppo, almeno due ottime ragioni per essere pessimisti, l’una profondamente interconnessa all’altra.
L'appoggio delle chiese mondiali
Dopo il Mali, la Repubblica Centrafricana. La seconda guerra di François Hollande, iniziata il 5 dicembre scorso, continua nell’ombra. La Francia dimostra una volta di più di perseguire una politica interventista nel continente nero, dispiegando migliaia di soldati, mezzi pesanti e aviazione nelle ex-colonie colpite da crisi securitarie. Queste “operazioni umanitarie” sono, in realtà, le ultime carte che l’Eliseo può giocarsi nell’estrema difesa dei privilegi economici della potenza coloniale che era.