Bamako - In Mali le dune del deserto del Sahara sono diventate sabbie mobili. Una crisi politica interna che si trascina da mesi e una violenta occupazione di due terzi del territorio nazionale da parte di gruppi terroristici legati ad Al Qaeda hanno trasformato il paese nell’ombelico delle tensioni mondiali.
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Per la quarta volta consecutiva, Hugo Chávez Frias ha vinto le elezioni presidenziali in Venezuela, battendo il candidato unitario dell’opposizione Henrique Capriles Radonsky, che ha riconosciuto la sconfitta. Con il 90% dei voti scrutato, il bollettino del Consiglio Nazionale Elettorale dava quasi 7 milioni e mezzo di voti al vincitore (54,4%) e poco più di 6 milioni allo sfidante (44,9%). Chávez governerà il paese sudamericano fino al 2019, se la salute glielo consentirà.
Dall’incontro dei partner della NATO del 4 ottobre sembra essere emerso un assenso generale ad un intervento militare turco contro Damasco senza il coinvolgimento militare del resto dell’alleanza. Lei ritiene plausibile un’azione militare turca senza supporto occidentale? E quali potrebbero essere le reazioni di Iran e Russia?
Il 4 ottobre 1992, la firma dell’Accordo di pace di Roma, tra il governo del Frelimo e la Renamo, che mise fine a 17 anni di guerra civile in Mozambico, segnò il punto più alto della politica africana dell’Italia. Mai come allora (e mai più dopo di allora) l’Italia era un punto di riferimento per i regimi post-coloniali africani.
Le elezioni parlamentari in Georgia sono state un evento di grande rilievo politico, che va ben al di là delle frontiere della repubblica caucasica. Benché limitata dalla particolare legge elettorale georgiana, la netta sconfitta del partito di governo, il Movimento Nazionale Unito, ha posto fine allo strapotere politico di Saakashvili, iniziato nel 2003 con la cosiddetta “rivoluzione delle rose”.
I disordini scoppiati per la pubblicazione su YouTube di un video blasfemo sul Profeta Maometto hanno riportato a galla con forza gli ostacoli rappresentati dalla deriva fondamentalista islamica, se sottovalutata, per lo sviluppo democratico e la modernizzazione del Nord Africa. Ma ci hanno anche mostrato come i movimenti islamici in questa regione siano divisi, e persino in lotta tra di loro.
Le narrative che descrivono la realtà usando dualismi composti da due grandi ideologie o potenze che si contrappongono fra loro sono spesso un’eccessiva semplificazione, specialmente quando servono a descrivere mondi così articolati e complessi come quello arabo e quello musulmano. Questo non significa però che in passato tale formula non sia risultata efficace per spiegare e ren-dere comprensibili alcune dinamiche complesse che hanno attraversato il Medio Oriente, e il mon-do musulmano in generale, negli ultimi sessant’anni.
La politica estera e di sicurezza italiane tradizionalmente non godono dell’attenzione che merite-rebbero. Tanto nel dibattito pubblico quanto in quello accademico e degli esperti di politica interna-zionale il tema sembra essere quasi del tutto ignorato.
Nonostante la prudenza dei vertici dell’amministrazione statunitense (primi fra tutti il presidente Obama e il segretario di Stato Clinton), la coincidenza dell’uccisione dell’ambasciatore Usa in Libia, Chris Ste-vens, con l’undicesimo anniversario degli attentati dell’11 settembre 2001 ha contribuito a riportare al centro dell’attenzione il ruolo di al-Qaeda, se non come motore degli scontri in atto, come possibile fattore distorsivo delle aspettative democratiche sollevate dalla Primavera araba, fornendo nuovo ali-mento allo stereotipo di una contrapposizione sostanzialmente monolitica...
«Coesistenza pacifica» fu l’espressione che il leader sovietico Nikita Chruščëv utilizzò negli anni Cinquanta per definire lo stato delle relazioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica dopo la morte di Joseph Stalin: certamente più distese, ma ugualmente competitive e non prive di tensioni. Nel 2012, a oltre vent’anni dalla costituzione della “nuova” Federazione Russa, una condizione di com-petizione tra le due ex superpotenze perdura.