Il mese scorso si è tenuta in Cina la sessione annuale del Congresso Nazionale del Popolo (NPC), l’equivalente cerimoniale del parlamento cinese. L’evento è solitamente coreografato e le molte misure adottate sono spesso già state negoziate dalla dirigenza.
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Joe Biden, il candidato democratico alle presidenziali statunitensi 2020, ama presentarsi come un politico vicino, culturalmente e nelle sensibilità, ai membri della ormai mitologica classe media americana. “Middle class Joe”, “Uncle-in-Chief” e “Amtrak Joe” (dalla sua scelta di fare il pendolare su treni Amtrak tra Washington e il Delaware per tutta la durata dei suoi mandati in Senato), sono tutti nomignoli che nel corso della sua lunghissima carriera politica hanno rafforzato la sua aura di normalità e di uomo semplice.
La Belt and Road Initiative (BRI) nasce anche con l’obiettivo di proiettare la Cina verso una dimensione globale attraverso grandi progetti infrastrutturali volti a collegare fisicamente nuove rotte commerciali e nuovi mercati. Ma la pandemia in corso ha inferto un duro colpo alle ambizioni di Pechino, portando alla luce alcune debolezze del progetto cinese.
La settimana appena trascorsa ha registrato la pubblicazione dell’Economic Outlook dell’OCSE, secondo il quale l’economia mondiale si contrarrà del 6% nel 2020 nello scenario migliore e del 7,6% nel caso di una seconda ondata del virus, con l’Europa a pagare il prezzo più alto.
Un nuovo naufragio al largo della Tunisia fa strage di donne e bambini. La ripresa degli sbarchi dopo il periodo di lockdown coglie impreparata l’Europa, ancora alla ricerca di una strategia comune.
L’improvvisa morte di Pierre Nkurunziza, confermata ufficialmente il 9 giugno, è stata appresa con un certo sgomento in Burundi.
A causa della pandemia, l’economia mondiale va verso la peggiore recessione dal secondo dopoguerra. Dopo il Fondo Monetario Internazionale, a lanciare l’allarme è la Banca Mondiale secondo cui a pagare il prezzo più alto della crisi saranno i paesi emergenti.
L’esplosione della crisi da coronavirus ha comprensibilmente distolto l’attenzione da questioni internazionali che fino a pochi mesi fa occupavano le prime pagine dei giornali. Tra queste c’è senza dubbio Brexit. Che se ne parli poco è piuttosto ovvio, non solo a causa del Coronavirus. Brexit infatti c’è stata ma non si vede. O meglio non se ne vedono gli effetti per il semplice fatto che al momento sono pochissimi.
L’attuale pandemia da Coronavirus ha comportato, fra le varie misure di contenimento, la chiusura delle frontiere e degli esercizi commerciali, il confinamento della popolazione, la rarefazione dei trasporti. Tutti questi fattori hanno avuto ovviamente un impatto notevole sul normale funzionamento delle imprese. In tali circostanze, l’esecuzione dei vari contratti già in essere è inevitabilmente compromessa.