Se Washington ha veramente a cuore i diritti umani, non può lasciare morire di fame gli afghani. Questo il messaggio implicito della lettera inviata mercoledì dal ministro degli esteri talebano al Congresso USA per chiedere di “scongelare” gli aiuti del Fondo Monetario Internazionale destinati all’Afghanistan (450 milioni di dollari) e le riserve della banca centrale afgana (9 miliardi).
Almeno 25 morti e 50 feriti: sono le vittime dell’attentato di ieri all’ospedale militare Daoud Khan di Kabul. L’attacco, rivendicato dal ramo locale dello Stato Islamico (ISIS-K), è uno dei più elaborati da quando i talebani hanno preso il potere, con due attacchi suicidi che hanno preceduto l’arrivo dei combattenti ISIS e uno scontro a fuoco con le forze speciali talebane.
The MED This Week newsletter provides expert analysis and informed insights on the most significant developments in the MENA region, bringing together unique opinions on the topic and reliable foresight on future scenarios. Today, we look at the extraordinary G20 summit which took place on Tuesday as an opportunity to reflect on the humanitarian crisis that is unfolding in Afghanistan and on its regional context.
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Il G20 straordinario sull’Afghanistan, voluto dall’Italia, dà mandato alle Nazioni Unite per coordinare la risposta e gli aiuti e scongiurare il collasso dell’economia del paese.
L’Afghanistan affronta una delle più delicate transizioni della sua storia recente. La rapidità con cui, dopo due decenni di lotta armata, i Talebani sono arrivati al potere a Kabul e con cui è crollata la Repubblica islamica hanno aggravato la vulnerabilità di un sistema istituzionale già molto fragile, perlopiù dipendente dalle risorse esterne.
L’Afghanistan affronta una delle transizioni più delicate della sua storia. La rapidità con cui i Talebani sono arrivati al potere e con cui è crollata la Repubblica islamica hanno aggravato la vulnerabilità di un sistema già molto fragile, dipendente dalle risorse esterne. Presa alla sprovvista, la comunità internazionale cerca una postura comune e, anche nel G20 straordinario, affronta un dilemma: come sostenere la popolazione senza legittimare il governo dei Talebani?
Come molti dei vicini dell’Afghanistan, la Cina ha adottato un approccio pragmatico nelle relazioni con i Talebani. Riconoscendo che sono la nuova forza a Kabul e che per il momento sembrano capaci di rimanere al potere, Pechino ha stabilito contatti diretti per agire in un Paese con il quale condivide una frontiera diretta. La Cina ha una lunga storia di contatti con i Talebani sulla quale può contare. Ma la Cina oggi è una potenza globale e questa realtà cambia la lente con cui gli altri poteri regionali guardano la Cina, e cambia le dinamiche regionali.
Un paese al collasso, economicamente e socialmente. Quello afghano è uno stato non più in grado, sotto la gestione talebana, di garantire i servizi minimi essenziali alla popolazione. L’inflazione è alle stelle e vi è penuria di beni di prima necessità. Uno stato imploso, di cui sopravvivono solamente gli edifici governativi all’interno dei quali i pochi dipendenti pubblici al lavoro non ricevono più lo stipendio poiché le casse statali sono vuote: era la comunità internazionale, fino ad agosto, a farsi carico della spesa pubblica.
Aiutare gli afghani in Afghanistan o nei paesi limitrofi. Assicurare assistenza ai profughi nelle aree interne. Permettere l’accesso alla protezione in Europa solo ai casi più vulnerabili e alle persone a rischio, già identificate dalle organizzazioni internazionali. Rafforzare, infine, le frontiere, interne ed esterne, per evitare l’arrivo massiccio di rifugiati ai confini, come successo nel 2015.
Una forte impressione suscitata dalla caduta di Kabul il 15 agosto è stata quella di una subitanea cesura nell’infinita serie dei conflitti afghani. Eppure, proprio perché così repentino, il ritorno al potere dei Taliban non dà garanzie di avervi messo termine in modo definitivo. Nonostante l’estrema voglia di pace nel Paese, la continuazione di forme di conflitto, incoraggiate da attori esterni o scaturite da squilibri e competizioni interne, non è da escludere.
The August 15th events in Afghanistan caught off guard not only the Afghans but much of the rest of the world. Following intensified negotiations between the Taliban and the US government and Biden’s announcement to withdraw troops by 11th September 2021, many Afghans expected a major shift in the country's political landscape, especially the return of the Taliban in some form. However, no one anticipated what transpired on August 15th, which was largely precipitated by former President Ghani's escape.
Very few expected the Taliban to have reformed since they were deposed from their seat of power in 2001. Amid their two decades-long violent campaign to recapture power, the Taliban leaders themselves reached out to the international media describing how they are willing to forsake their earlier obscurantist image that made them unacceptable to the international community.