Una decina di giorni fa è apparso su YouTube un video, caricato da parte di un account legato allo Stato Islamico, che mostra la cerimonia di bay’a, ossia di alleanza, fra una comunità rurale curda a nord di Aleppo e il califfato di Da’esh. Nel vocabolario islamico, la bay’a è il giuramento di fedeltà verso un leader. In ambito jihadista, da diversi anni, si fa ricorso al termine utilizzandolo per indicare patti di cooperazione fra cellule maggiori e gruppi militanti. (...)
Il viaggio del presidente iracheno Fuad Masum a Riyadh, avvenuto lo scorso 12 novembre, segna una discontinuità nel rapporto fra il regno saudita e il governo di Baghdad. Una relazione deterioratasi con la rimozione, nel 2003, di Saddam Hussein e peggiorata dalla gestione autoritaria e anti-sunnita del potere incarnata dall’ex premier, il filo-iraniano Nuri al-Maliki. I sauditi, che nel 2012 hanno nominato un ambasciatore non residente in Iraq, hanno annunciato di voler riaprire l’ambasciata di Baghdad, chiusa dalla seconda guerra del Golfo.
Dopo settimane di annunci e smentite, è arrivata l’ufficialità: il gruppo jihadista egiziano Ansar Bayt al-Maqdis (Abm) ha giurato fedeltà al sedicente Stato islamico (Is), conosciuto con il nome di Daish in arabo. L’annuncio è giunto il 10 novembre con un post sull’account Twitter dell’organizzazione egiziana, nel quale si comunicava l'adesione all’Is e si riconosceva Abu Bakr al-Baghdadi «califfo di tutti i musulmani in Iraq, Siria e in tutti i paesi islamici»(1).
Due settimane fa l’appello congiunto lanciato dalla dirigenza di al-Qaida nella Penisola Arabica (AQAP) e di al-Qaida nel Maghreb Islamico (AQIM) a favore di una ritrovata unità del fronte jihadista siriano (duramente segnato negli ultimi mesi da scontri intestini di estrema violenza) aveva scatenato una ridda di interpretazioni profondamente differenti.
Il 29 giugno 2014 – giorno dell’annuncio del Califfato da parte di Isis, rinominato da quel momento “Stato Islamico” sotto la guida del califfo Abu Bakr al-Baghdadi – segna simbolicamente la parziale conclusione e il contemporaneo rilancio di un lungo percorso iniziato diversi decenni fa, al di là di operazioni militari più o meno spettacolari degli ultimi anni.
«Il re è morto. Viva il re!»: ripetuta tre volte dall’araldo annunciava la morte del sovrano e la proclamazione del successore, a garanzia della continuità della casa regnante.
Oggi, alla commemorazione del 13° anniversario del Nine Eleven, questo potrebbe essere anche l’annuncio qaidista.
L'iniziativa di Bashar al-Assad di offrire il suo sostegno alle operazioni militari contro le milizie dell’Isis in territorio siriano ha posto Washington di fronte a un dilemma che, negli ultimi mesi, era parso accantonato: che atteggiamento assumere nei confronti del regime di Damasco e della guerra civile che da oltre tre anni insanguina la Siria?
L’ISIS non avanza solo in termini militari, ma ha da tempo dimostrato di essere in prima linea anche nella cosiddetta “guerra elettronica”, quella combattuta attraverso i più moderni metodi di comunicazione digitale.