Fin dal crollo dell'URSS, la repubblica caucasica della Georgia si trova soggetta alle costanti tensioni e allentamenti che hanno caratterizzato i rapporti tra Russia e Occidente negli ultimi 30 anni.
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A Tbilisi arrestato il leader di opposizione Nika Melia. Migliaia di manifestanti in piazza contro il governo e l’Europa chiede di allentare le tensioni.
Con la notizia che il Trans Adriatic Pipeline (TAP) è finalmente pronto a entrare in funzione, si conclude il lungo percorso di realizzazione del Corridoio Meridionale del Gas: un’infrastruttura che collega i giacimenti del Caspio ai mercati dell’Europa occidentale e che l’Unione Europea (UE) considera strategica per la propria sicurezza energetica in quanto dovrebbe contribuire a ridurre la dipendenza dei Paesi europei dal
Armenia, Azerbaigian e Russia firmano un’intesa per la fine dei combattimenti. Ma dietro l’accordo ci sono vincitori e vinti. Tra i primi c’è anche la Turchia di Erdoǧan.
Dal 27 settembre il Nagorno-Karabakh, teatro di un conflitto cosiddetto congelato sin dal 1994, è precipitato in una nuova guerra, che si è trasformata rapidamente in una crisi umanitaria di dimensioni immani per le popolazioni coinvolte, e in primis per gli abitanti di questa regione.
Attacchi sulle città, vittime civili e sfollati. A Ginevra si cerca una mediazione per il Nagorno-Karabakh, ma crescono i timori per un’escalation regionale del conflitto.
Nagorno-Karabakh, nome che dice poco ai non addetti ai lavori. Eppure al centro di un conflitto a suo modo esemplificativo delle relazioni internazionali di oggi, che rischia di sfuggire di mano. Faremmo bene a interessarcene.
Anche se al momento non sembrano esserci particolari preoccupazioni sul piano della sicurezza energetica, un’ulteriore escalation del conflitto in Nagorno-Karabakh potrebbe arrivare a coinvolgere due tra le principali infrastrutture che “corrono” non molto lontano dalla zona interessata dagli scontri: il Corridoio Meridionale del Gas, di cui il TAP è solo la parte finale, e l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan.
Introduzione
L’autunno del 2016 si è caratterizzato per una serie di eventi che hanno e avranno un sicuro impatto sui mercati energetici e sulle relazioni internazionali in senso più ampio.
L’estate del 2016 è stata caratterizzata da numerosi episodi che hanno aggravato l’instabilità nel panorama delle relazioni internazionali. Il 23 giugno il popolo del Regno Unito ha votato a stretta maggioranza (52%) per l’uscita del paese dall’Unione Europea (UE). Il 14 luglio un attentatore ispirato all’ISIS ha travolto centinaia di persone con un camion sul lungo mare di Nizza in Francia. Il giorno seguente, ha avuto luogo in Turchia un tentativo di colpo di stato; fallito a causa della parziale adesione delle forze armate e dell’ampio sostegno al presidente Erdogan tra la polizia e la popolazione, il golpe è stato seguito da vaste epurazioni e dall’introduzione di ampie misure di emergenza.
La seconda metà del 2015 ha confermato le tendenze emerse sui mercati internazionali dell’energia che si erano manifestate a partire dagli ultimi mesi del 2014, ossia una stabile riduzione dei prezzi delle materie prime energetiche. Le quotazioni delle due qualità di petrolio greggio che solitamente sono usate come riferimento sui mercati internazionali, il Brent del Mare del Mare del Nord e il West Texas Intermediate (WTI), dopo aver registrato all’inizio dell’estate una ripresa fino a circa 60 dollari il barile ($/bbl) sono nuovamente calate sui livelli di inizio anno a circa 40-45 $/bbl. I prezzi del greggio, che hanno conosciuto in particolare durante i mesi di agosto e settembre fluttuazioni giornaliere anche molto ampie (5-10%), sono tornati in alcune sedute ai valori minimi dal gennaio 2009, ossia dal momento in cui la crisi economico-finanziaria aveva toccato il suo apice.