L’infinita epica della Brexit lascia un segno che andrà molto oltre il 31 ottobre 2019, la nuova data del divorzio anglo-europeo maturato al summit di Bruxelles. Da tre anni la vita politica ed economica del Regno Unito è paralizzata come mai prima d’ora: il dibattito è solo sull’incerto destino europeo del Paese, le misure economiche adottate sono distillate attraverso la lente dell’eventuale separazione, le riforme strutturali (anche Londra ne ha bisogno) restano in attesa.
Chiunque conosca la storia d’Europa e ami la democrazia non può che essere triste nel vedere il lento disfacimento della Gran Bretagna. Il problema non è tanto la sua uscita dalla Ue quanto il modo in cui vi è arrivata, il suo caotico viaggio verso l’uscita, la tremenda mediocrità della sua classe politica. A cominciare dalla leggerezza con la quale nel 2016 David Cameron condusse il paese verso un referendum che era un appuntamento con la storia.
In un periodo in cui i rapporti tra Roma e Bruxelles sono sempre piú nel segno delle tensioni e delle contrapposizioni, Brexit rappresenta una eccezione. Il cambio di governo in Italia non ha modificato la posizione del nostro paese sul tema, contribuendo così a una non scontata unità dell’Ue nel negoziato con la Gran Bretagna. Il risultato è stato il Consiglio europeo dello scorso 25 novembre che con una seduta record di appena 30 minuti ha dato il proprio via libera all’accordo chiuso dal capo negoziatore da parte europea, Michel Barnier, a nome dei rimanenti 27 paesi membri.
Da quando i Brexiteers hanno vinto il referendum nel giugno del 2016, l’attesa era per una estenuante negoziazione tra Londra e Bruxelles senza esclusione di colpi. Ma non è andata esattamente così: la battaglia più cruenta si sarebbe infatti combattuta a Londra. Una battaglia talmente dura che, al confronto, la negoziazione con Bruxelles è sembrata poco più di un esercizio diplomatico. La situazione è però cambiata con il Consiglio informale di Salisburgo dello scorso 20-21 settembre.
Quella delle “città globali” è una delle realtà sociali in cui le trasformazioni – e le contraddizioni – della politica odierna si manifestano con maggiore evidenza, dando corpo a fenomeni che nelle corrispondenti “periferie” possono essere altrimenti percepite come retoriche più o meno interessate. In questo senso, le elezioni per la sindacatura di Londra sono un esempio lampante dei nuovi nessi che emergono fra le dimensioni locali e quelle (inter)nazionali dei processi politici e sociali odierni.
Il Consiglio Europeo ha rispettato la consolidata liturgia che vuole che decisioni o accordi di rilievo siano raggiunti dopo estenuanti maratone notturne.
Cameron aveva bisogno di rassicurare il suo lacerato Gabinetto e l’opinione pubblica di aver lottato strenuamente per estrarre il massimo delle concessioni ed i colleghi continentali glielo hanno concesso, occupando come meglio potevano i tempi morti in cui i diplomatici limavano il testo dell’intesa.
“Grecia capta ferum victorem cepit”, “La Grecia conquistata conquistò il selvaggio conquistatore”. Con queste parole gli antichi romani descrivevano in modo sibillino la penetrazione dei costumi e delle arti greche in Roma antica dopo la conquista della Grecia da parte degli eserciti dell’Urbe.
Il 27 luglio si apriranno a Londra i Giochi della XXX Olimpiade. L’evento sportivo attirerà l’attenzione di milioni e milioni di persone nel mondo; tra questi, verosimilmente, anche dei terroristi.