The video message recently released by the al-Furqan media network, showing Abu Bakr al-Baghdadi for the first time since 2014, turned the spotlight on the presence of the Islamic State (IS) in the Sahel – the region of Western Africa south of Sahara.
Il messaggio video con cui Abu Bakr al-Baghdadi è apparso in pubblico per la prima volta dal 2014 ha acceso i riflettori sulla presenza dello Stato Islamico (IS) in Sahel - la regione dell'Africa occidentale a sud del Sahara.
Nelle scorse ore è stata lanciata una vasta operazione di polizia, coordinata dalla Procura di Torino, con arresti e perquisizioni nei confronti di appartenenti agli ambienti dell´estremismo jihadista nel nord Italia.
Archiviata la battaglia di Mosul, l’offensiva contro lo Stato Islamico in Siria e Iraq sta per entrare nella sua seconda, e per certi versi decisiva, fase.
Tra i diversi conflitti che alimentano il caos siriano, ce n’è uno meno riconoscibile degli altri, ma altrettanto pericoloso: quello per l’egemonia del jihadismo transnazionale. Non deve sorprendere che venga combattuto in Siria, perché è proprio intorno al “dossier siriano” che ha preso forma l’antagonismo tra le due principali formazioni del salafismo-jihadista, lo Stato islamico e al-Qaeda.
Il terrorismo torna a colpire l’Europa. E lo fa in uno dei luoghi simbolo della sua storia democratica, il Parlamento di Westminster. Mentre ISIS arretra sul terreno in Siria e Iraq, il suo messaggio ai simpatizzanti presenti in occidente non perde vigore. A un anno esatto dall’attacco a Bruxelles, un uomo, di cui non è ancora certa l’identità ma che secondo Scotland Yard avrebbe legami con il terrorismo islamico, ha investito ieri diverse persone sul ponte di Westminster causando 4 morti e una quarantina di feriti.
Per la seconda volta in due settimane, a Bamako si trascorre la domenica al suono di elicotteri e droni di sorveglianza che sorvolano la città. Questa volta però, a differenza del 18 giugno, giorno dell’attentato che ha causato dieci morti al Campement Kangaba, resort per espatriati occidentali e ricchi maliani, non è per via di un attacco terroristico.
Negli ultimi tre anni l’Europa e il Nord America sono state colpite da un’ondata senza precedenti di attacchi terroristici, eseguiti da individui ispirati dall’ideologia jihadista. Chi sono gli autori di questi attentati? Sono nati e cresciuti in Occidente o sono rifugiati e migranti? Come si sono radicalizzati? Erano ben istruiti e integrati o, al contrario, vivevano ai margini della società? Hanno agito da soli? Quali erano le loro connessioni con lo Stato Islamico?
Rispondere a questi e altri interrogativi è utile per comprendere la natura e la portata della minaccia e per riuscire a individuare soluzioni politiche adeguate, basate sull’evidenza empirica. Lo studio – il primo di questo tipo – mira ad analizzare il profilo demografico, le traiettorie di radicalizzazione e i legami con lo Stato Islamico degli individui che hanno compiuto attacchi di matrice jihadista in Europa e Nord America dalla proclamazione del sedicente Califfato nel giugno del 2014.
Over the last three years Europe and North America have been hit by an unprecedented wave of terrorist attacks perpetrated by individuals motivated by jihadist ideology. Who are the individuals who have carried out these attacks? Were they born and raised in the West? Or were they an “imported threat”, refugees and migrants? How did they radicalize? Were they well educated and integrated, or social outcasts? Did they act alone? What were their connections to the Islamic State?
The answers to these and other questions have large implications for our understanding of the threat facing us and, consequently, help us design sounder policy solutions built on empirical evidence. This study, the first of its kind, seeks to analyze the demographic profile, radicalization trajectories and connections to the Islamic State of all the individuals who have carried out attacks.
The vast majority of jihadists come from or have connections with specific areas or districts within different states. They can be labelled as local/regional "hotbeds" of extremism, each of the them with unique characteristics that lead to "exporting" fighters or creating IS–controlled zones. What are the differences and similarities amongst the various "hotbeds"? Which are the causes and who are the largest contributors to the jihadist militancy?
Abstract
La riconquista di Mosul può essere vista su due diversi piani di lettura. Da un lato, la vittoria sul Da‘esh rischia di esacerbare le tensioni politiche, etniche e settarie tra i suoi numerosi padri; dall’altro i sunniti iracheni, liberati dall’arcigno patrigno jihadista, sono comunque orfani di una effettiva guida politica.