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Medio Oriente

Primavere arabe, propaganda e radicalizzazione: act local, think global

Nel giugno 2014 il numero di foreign fighters, intesi come giovani combattenti stranieri convertiti all’islam radicale e partiti da varie realtà internazionali per combattere nei teatri iracheno e siriano al fianco di organizzazioni jihadiste come Jabhat al-Nusra e Daesh, era stimato a circa 12.000 unità provenienti da 81 diversi paesi. Nel 2015 il numero è più che raddoppiato, raggiungendo circa i 30.000 combattenti provenienti da almeno 86 nazioni.

Primavere arabe: che vento soffia sui media nordafricani

Un quinquennio dopo l'ondata di rivendicazioni sociali e capovolgimenti politici che hanno caratterizzato la Primavera araba, luci e ombre segnano la stampa nordafricana. 

Primavere arabe: foreign fighters, un'eredità inaspettata

Nel corso dell’ultimo lustro, nella regione del Mediterraneo le speranze accese dalla cosiddetta Primavera araba hanno lasciato spazio a scenari marcati da numerosi elementi di preoccupazione e di allarme.

Iraq: le tessere di un mosaico complesso

Aumentare l’impegno nella lotta allo Stato Islamico (Is). Questa la dichiarazione di intenti emersa dai lavori dello Small Group (i 23 paesi maggiormente impegnati nel quadro della più ampia Coalizione globale contro lo Stato Islamico) tenutisi ieri a Roma. Mentre a Ginevra sono in corso – pur tra numerosi momenti di stallo – i negoziati sul futuro della Siria, l’attenzione sembra essersi spostata al momento sull’altro fronte della lotta all’Is: quello iracheno. L’Italia, già presente in Iraq (a Erbil, Kirkuk e Baghdad) con 700 uomini con compiti di addestramento, potrebbe inviare ulteriori forze che comprendono anche un contingente di 450 uomini con compiti di protezione dei lavori di restauro della diga di Mosul, il cui appalto è stato vinto da un’impresa italiana. Ma in quale contesto si collocherebbe il rinnovato impegno italiano? Qual è la situazione militare, politica ed economica nella Regione autonoma del Kurdistan (Krg), fronte cruciale della lotta all’Is? Quali le implicazioni politiche della recente liberazione della città–chiave di Ramadi da parte dell’esercito iracheno? Quale il ruolo delle forze paramilitari a larga maggioranza sciita nella lotta all’Is?

Siria, le bombe su Sayeda Zeinab e la logica dello scontro sciiti-sunniti

Le bombe esplose vicino al santuario di Sayeda Zeinab, uccidono 86 persone, due gli obiettivi: colpire uno dei simboli religiosi più importanti per la minoranza sciita, aggravando lo scontro settario e far fallire i colloqui in corso a Ginevra. Tale strategia rafforza la narrativa jihadista, che punta a presentare il sedicente Stato Islamico come il difensore dei sunniti in Siria. Un obiettivo che prescinde ormai dal solo teatro siriano e include anche gli altri stati del Medio Oriente dove è presente una minoranza o una maggioranza sciita.

 

Il ritorno dell’Iran nella regione: quali obiettivi?

Con l’accordo sul nucleare siglato nell’estate scorsa, come cambiano i rapporti di forza in Medio Oriente? Quali obiettivi ha Teheran nella regione? Può diventare un alleato affidabile o persegue interessi divergenti rispetto all’Occidente? Quali sono gli equilibri interni in Iran? Vi è la possibilità che forze conservatrici possano far tornare Teheran nell’isolamento? 

 

Medio Oriente: rebus geopolitico senza soluzione?

Se in relazione all’attuale escalation di tensione tra Iran e Arabia Saudita in Medio Oriente sono possibili diverse chiavi interpretative, nessuna di esse da sola sembra potere spiegare la frammentazione di quest’area negli ultimi cinque anni, il tempo trascorso dalle prime rivolte popolari che a partire dal 2011 hanno sovvertito l’ordine costituito in alcuni paesi o aperto violenti conflitti civili in altri. Il riacutizzarsi della rivalità tra Riyadh e Teheran si innesta su complesse dinamiche che vanno dall’inasprimento dello scontro tra sunniti e sciiti, all’implosione di alcuni stati dell’area, alla diffusione del terrorismo di matrice jihadista sullo sfondo di una regione in cui rimangono ancora irrisolte quelle problematiche politiche e socio–economiche che portarono allo scoppio delle “primavere arabe”. La pluralità di interessi degli attori regionali e internazionali mette in evidenza le difficoltà di giungere a soluzioni negoziali delle guerre civili in Siria e Yemen. È proprio con la consapevolezza degli innumerevoli ostacoli ancora da superare che si aprirà il 29 gennaio a Ginevra un nuovo tavolo negoziale sulla Siria.

Yemen, il Vietnam dei sauditi?

Quando Mohammed bin Salman, ministro della Difesa saudita e secondo nella successione al trono, dichiara a The Economist che «nessuno può dire quanto durerà la guerra in Yemen» a due giorni dall’esecuzione del clerico sciita Nimr al-Nimr, risulta evidente come lo Yemen sia pienamente entrato nel ruolo di capro espiatorio della tensione crescente tra Iran e Arabia Saudita. 

Washington in cerca di nuovi equilibri in Medio Oriente

Nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, il presidente Obama affermava in modo netto che il terrorismo mediorientale “non minaccia gli interessi nazionali” degli Stati Uniti. Bisogna prendere le mosse da questa radicata considerazione per comprendere bene l’evoluzione dei rapporti americani con i paesi di quest’area. Fino al luglio 2015, nonostante la tacita ma crescente diffidenza dell’Arabia Saudita, il rapporto Washington-Riyadh restava l’asse di una possibile convergenza strategica, rispetto alla quale le alternative erano visibili ma remote.

La mossa cinese nel grande gioco mediorientale

Dopo molte attese e speculazioni, Xi Jinping ha effettuato un viaggio in Medio Oriente, portando con sé progetti commerciali e il proposito di imprimere una svolta importante alla politica cinese verso i paesi arabi. Il viaggio del presidente cinese in Arabia Saudita, Egitto e Iran è stato contraddistinto dalla necessità di mantenere un equilibrio fra le complicate relazioni attualmente in corso fra Iran e Arabia Saudita. La visita in Iran, soprattutto è la prima di un leader internazionale dopo la revoca delle sanzioni.

Sunniti vs Sciiti o Arabia Saudita vs Iran? Due narrative a confronto

Vi sono due opposte narrative per spiegare il conflitto fra sunniti e sciiti che divampa da tempo nel Medio Oriente; entrambe sono molto popolari ma ambedue rischiano di portarci fuori-strada, se percepite come dicotomiche e esclusive.

Arabia Saudita, eppur si muove

Apertosi con la successione al trono di re Salman, il 2015 ha visto un significativo ringiovanimento dei vertici governativi e della stessa Casa reale saudita – in primis con la nomina del 56enne Muhammad bin Nayef a Principe ereditario e Ministro dell'Interno, del figlio trentenne Mohammed bin Salman a Ministro della Difesa e del 56enne laico Adel bin Ahmed Jubeir agli Esteri – l'apertura di innovativi sbocchi riformistici in politica interna e l'affermazione di una ben più marcata assertività in politica estera, regionale e internazional

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