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Medio Oriente

Yemen: la guerra dimenticata. E’ l’ora delle scelte

Il conflitto yemenita, relegato nel “girone dei dimenticati” della politica internazionale, non può più essere trascurato e sottovalutato dai media, ma soprattutto dai decisori politici. Basterebbe qualche numero. Secondo l’Unhcr, circa l’80% della popolazione dello Yemen (25 milioni), già il paese più povero dell’area Mena, necessita di assistenza umanitaria: questo conflitto è finora costato la vita a quasi 6000 mila persone, in particolare civili, portando a oltre 2,3 milioni il numero degli sfollati interni.

La diplomazia vaticana secondo Francesco: dialogo interreligioso ed evangelizzazione

Una diplomazia della “tenerezza”, pacata e diretta. Un’azione precisa, senza filtri, di un Pontefice sudamericano che con viaggi, appelli, telefonate intercontinentali e incontri informali a Santa Marta è riuscito a scolpire dei “piccoli” capolavori diplomatici, riuscendo allo stesso tempo a far crescere vorticosamente, nel giro di due anni, il peso della Santa Sede nello scacchiere politico internazionale. 

Siria: l’ora del compromesso?

Il conflitto siriano è ormai entrato nel suo quinto anno e, dopo più di 250.000 vittime e 7 milioni di sfollati, di cui più di 4 milioni rifugiati all’estero (ed è bene ricordare che solo una piccolissima parte di questi sceglie la via per l’Europa, mentre la grandissima maggioranza è ripartita tra Turchia, Libano e Giordania), la situazione sul campo continua a segnare uno stallo che sembra senza uscita.

Washington-Riyadh: la doppia transizione di potere e i teatri regionali

L’incontro fra il presidente statunitense Barack Obama e il re saudita Salman bin Abdulaziz al-Saud, previsto il 4 settembre a Washington, ha un forte significato simbolico, dunque politico, ancor prima che strategico. Pertanto, il faccia a faccia tra i due storici alleati rappresenta, di per sé, il vero messaggio, che, dunque, precede i contenuti della stessa discussione e gli annunci che potrebbero seguirne.

Merkel apre ai migranti? Il suo è opportunismo

Le cronache di queste ultime settimane ci raccontano di una gigantesca spirale di migliaia e migliaia di persone che cercano di raggiungere le frontiere estere dell’Unione Europea. Sono molti più di prima - molto più di sempre, verrebbe da dire - nella recente storia dell’immigrazione europea.

Dopo l’accordo sul nucleare, l’Iran torna protagonista nel Caucaso meridionale

Parlando di Caucaso meridionale, si tende spesso a leggere le problematiche legate a questo contesto geopolitico da una lente russa, europea o statunitense. Molte sono le ragioni di questa scelta: pur nella diversità delle prospettive, Armenia, Azerbaigian e Georgia hanno mantenuto in seguito alla dissoluzione dell’URSS un rapporto privilegiato con Mosca; un legame che – nel caso della prima – si è visto ulteriormente rafforzato dalla recente adesione all’Unione Economica Eurasiatica voluta da Putin.

The Return of Egypt. Internal Challenges and Regional Game

Egypt has reappeared again as a leading actor in the Middle East. After the fall of Mubarak, the rise to power of the Muslim Brotherhood and its ouster, the country has chosen its new ‘strongman’. Following the elections of al-Sisi, Egypt is back to pursuing a pro-active policy not only internally, but also in the neighbourhood.

The restoration of the strategic axis with Saudi Arabia and the struggle against radical Islam are the two pillars of this new political phase.

However, there are critical elements, too, from further deterioration of the political and civil liberties indexes, to the emergence of jihadist groups in the Sinai, to the enduring economic and financial difficulties. As a result of these changes, Europe and Italy should calibrate a new policy aimed at safeguarding their interests,especially from the points of view of security, stability and the fight against terrorism, also promoting more inclusive practices by the Cairo government vis-à-vis the opposition (including the Muslim Brotherhood) and developing policies which can help Egypt to respond to future challenges in terms of economic growth, poverty alleviation, demographic pressure and the creation of employment opportunities.

Iran: un'intesa storica per quattro ragioni

Lunghi anni di negoziato, dodici nell’insieme, condotti ufficialmente e segretamente; poi il loro rilancio con l’arrivo alla presidenza di Rouhani, la bozza d’intesa preliminare, i diversi rinvii, quindi i “Parametri” dell’aprile scorso; la scadenza del 30 giugno prorogata al 7, poi al 9 e infine la conclusione il 14 luglio. 

Accordo sul nucleare iraniano: il trionfo della Realpolitik

Se qualcuno avesse dubbi sul senso più profondo, e sulle implicazioni geopolitiche, dell’accordo sul nucleare iraniano raggiunto a Vienna, basterebbe notare che il suo più accanito avversario, il primo ministro israeliano Netanyahu, invece di tracciare a cupe tinte lo scenario di un Iran genocida intenzionato a dotarsi di bombe atomiche per annientare Israele, si preoccupa che grazie all’accordo Teheran possa disporre di maggiori mezzi, e di minori limitazioni, per portare avanti il proprio disegno di egemonia regionale.

Terrorismo in Egitto, un nuovo banco di prova per al-Sisi

Nella settimana del secondo anniversario della destituzione del presidente legittimo Mohammed Morsi (29 giugno-3 luglio 2013), non sembra conoscere sosta la spirale di violenza che minaccia in maniera costante l’Egitto post-rivoluzionario.

La risposta iraniana al Califfato, tra milizie e settarismo

La conquista di Mosul da parte di IS e la successiva proclamazione del Califfato, nel giugno 2014, hanno indotto l’Iran a rivedere la propria strategia nell’area mediorientale, spostando in parte l’attenzione dallo scenario siriano a quello iracheno. Per comprendere la strategia dell’Iran nei confronti di IS in questo ultimo anno è però necessario capire che cosa l’Iraq rappresenta per l’Iran.

Il califfato compie un anno, il Medio Oriente è all’anno zero

Fino a tre anni fa gli analisti e gli studiosi non avevano dubbi: le rivolte in Tunisia, Egitto, Libia, Siria e altri paesi, assurte alle cronache come le cosiddette “Primavere arabe”, erano viste come il vero punto di rottura che avrebbe ridisegnato gli equilibri regionali in maniera radicale. E, in effetti, la questione che più tiene banco oggi nel Vicino Oriente può anche essere vista come una conseguenza – più o meno diretta – di quelle rivolte.

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