L’esito dell’ennesimo round di negoziati iniziato a Vienna lo scorso 18 novembre tra il P5+1 e Teheran aprirà una nuova fase per il dossier nucleare iraniano. Negli Stati Uniti – il paese con maggior peso diplomatico coinvolto nelle trattative – la questione è sentita sia a destra che a sinistra dello spectrum politico nazionale. Memore delle parole del segretario di stato, John Kerry, per cui «no deal is better than a bad deal»(1), il presidente, Barack Obama, si è recentemente mostrato prudente sulle possibilità di siglare un compromesso.
Mentre nelle ultime settimane gli occhi del mondo sono rivolti verso Kobane e la sanguinaria ascesa dello Stato Islamico in Iraq e Siria, nel nord del Mali continua un conflitto di bassa intensità che sfugge ai titoli dei media ma continua a preoccupare la diplomazia mondiale.
Si deve essere grati ad Adriano Prosperi per aver portato la sua voce autorevole su un organo dell’establishment, di per sé autorevole come la Repubblica, per far notare e stigmatizzare i retropensieri – di carattere politico ma si vorrebbe dire di civiltà – con cui in Occidente si segue il dramma dell’Ebola.
Se il tuo obiettivo è entrare a far parte dello staff delle Nazioni Unite uno dei migliori strumenti per muovere i primi passi e la partecipazione al Programma Esperti Associati e Giovani Funzionari delle Organizzazioni Internazionali, noto anche come JPO Programme, che permette ai cittadini degli stati membri in possesso di un titolo di laurea e che non abbiano superato i 30 anni di età (33 per i laureati in medicina e chirurgia) di compiere un’esperienza formativa e professionale nelle organizzazioni internazionali del sistema Onu per un periodo di due anni. (...)
Molti studenti e giovani professioni ci chiedono spesso consigli e informazioni su come intraprendere una carriera nelle organizzazioni internazionali e in particolare nelle agenzie Onu. Per questo abbiamo deciso di condividere con tutti voi alcuni link di organizzazioni e associazioni che secondo la nostra esperienza possono aiutare chi desidera intraprendere questo genere di carriera a muovere i primi passi. (...)
Nella caotica Libia degli ultimi due anni l’azione del generale rinnegato Khalifa Hiftar contro le minacce dei fondamentalisti islamici che occupano parte della Cirenaica sembra offrire facili chiavi di lettura: finalmente i buoni si coalizzano contro i cattivi. Nessuna visione del problema Libia è più manichea e insieme più sconveniente di questa.
“La mia carriera mi ha portato in posti di cui avevo solo sentito parlare e la cui varietà non può essere descritta nei libri; mi ha portato in situazioni che mi hanno spinto a riflettere sul mio valore e mi hanno ispirato a fare meglio; mi ha portato a vivere esperienze che ritengo i miei nipoti saranno un giorno orgogliosi di conoscere" (...)
Negli ultimi anni il numero di organizzazioni umanitarie che si occupano di alimentazione è cresciuto notevolmente e Roma, per la presenza della sede della Fao, del Wfp e di altre organizzazioni minori, si è affermata come capitale mondiale della sicurezza alimentare e dell’accesso al cibo. (...)
In 32 anni, dal 1957 al 1989, solo 20 donne in uniforme hanno preso parte alle missioni di pace delle Nazioni Unite. A oggi sono 3.701 le donne che prestano servizio nei contingenti militari o nei reparti di polizia dell’ONU, sparse nelle 15 missioni di pace attualmente dispiegate nel mondo. Nonostante un notevole miglioramento, tuttavia, le donne rappresentano solo il 3,75% dei caschi blu.
Edoardo Greppi, professore di International Institutional Law e di Diritto internazionale umanitario e tutela dei diritti umani nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino analizza il ruolo che l'ONU dovrebbe ricoprire nello scenario che si sta delineando in Ucraina con l'invio di militari russi in Crimea.
Phnom Penh: un’ombra scura si staglia all’orizzonte delle manifestazioni contro il governo di Hun Sen, una nube impregnata di atavici rancori e di odio. L’onda umana che dallo scorso settembre costantemente scende in piazza gridando a migliori salari, minore corruzione e invocando elezioni regolari per ora non è riuscita a spazzare via l’apparato di Hun Sen, ma ha avuto successo nello sfogare tutta la propria frustrazione in poche ore di follia dello scorso 3 gennaio.
Le ragioni per essere ottimisti sui risultati di Ginevra II sono poche. E non lo sono solo a causa del clima d’ineluttabile e pessimistico fatalismo, che per gli osservatori occidentali generalmente circonda ogni processo (dalla pace in Palestina alla democratizza-zione in Nord Africa) che dovrebbe portare a un qualche miglioramento all’interno delle società mediorientali. Questa volta ci sono, purtroppo, almeno due ottime ragioni per essere pessimisti, l’una profondamente interconnessa all’altra.
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