Sembrava uscito dalla scena politica iraniana nel 2013, Mahmud Ahmadinejad, presidente uscente e artefice di una tra le più significative crisi economiche (ma soprattutto politiche) dell’Iran post-rivoluzionario.
Il destino dell’Accordo sul nucleare iraniano (JCPOA) è appeso a un filo o, per meglio dire, alla volontà politica europea di resistere alle pressioni politiche statunitensi. Altresì, è il governo Rouhani a dover resistere, e non solo alle sanzioni secondarie la cui prossima reintroduzione spaventa l’economia iraniana (e gli investitori europei), ma soprattutto alle accuse interne che muovono il dibattito politico.
“I movimenti di protesta in Medio Oriente si trovano sempre di fronte all’enorme ostacolo della repressione e raramente hanno un lieto fine. Quando riescono ad abbattere un autocrate, raramente riescono a porre fine all’autocrazia”, spiegava qualche giorno fa sul sito di “The Atlantic” Karim Sadjadpour, senior fellow di Carnegie.
È atteso a giorni il verdetto del presidente Trump sulla ri–certificazione della conformità dell’Iran agli impegni presi con l’accordo sul nucleare del 2015 (JCPOA): entro il 15 ottobre il presidente statunitense deve dichiarare di fronte al Congresso se l’Iran ha rispettato o meno i termini dell’accordo e se il congelamento delle sanzioni secondarie verso Teheran rimane conforme all’interesse nazionale statunitense.
Niente meglio di un viaggio può rappresentare fisicamente i contrasti che infiammano il Medioriente. Un lento viaggio dalle cime del Darmavand, nel nord dell'Iran, giù fino al Golfo persico, e poi a Dubai, attraverso lo stretto di Hormuz, e con tappe, infine, nella capitale del Qatar e della Turchia.
2017 is a crucial year for Iran. In January, while the "Joint Comprehensive Plan of Action" (JCPOA) entered the second year of implementation, in Washington the Trump Administration took office, with the promise to “renegotiate a disastrous deal”. In May, in Tehran, the incumbent president Hassan Rouhani won re-election by a wide margin.
Tomorrow 56 million Iranians are expected to go to the ballot box to vote in the 12th presidential election. At the end of a fierce electoral campaign, it is now clear it will be a duel between incumbent President Hassan Rouhani and the challenger, Ebrahim Raisi. These two clerics, the former supported by reformists and technocrats and the latter by conservatives and ultraradicals, are the last two candidates still in the running after the other two prominent contenders, Jahangiri and Qalibaf, withdrew in favour of Rouhani and Raisi, respectively.
Hassan Rouhani è stato rieletto alla presidenza della Repubblica islamica di Iran. Raccogliendo un consenso di 23,5 milioni di elettori, pari al 57% dei voti totali, ha sconfitto il rivale Ebrahim Raisi, che si è “fermato” a 15,7 milioni di voti (38%). Un’elezione, questa, che ha fatto registrare un’affluenza elevata (41 milioni di voti registrati, poco più del 73%). Come interpretare questo risultato?
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