Nel corso dell’ultimo lustro, nella regione del Mediterraneo le speranze accese dalla cosiddetta Primavera araba hanno lasciato spazio a scenari marcati da numerosi elementi di preoccupazione e di allarme.
Cosa significa lavorare in un paese a rischio terrorismo? A raccontarcelo è Federico Jachetti, ex studente del Master ISPI in International Cooperation, che oggi lavora a Bamako, in Mali, dove si occupa degli aspetti logistici per i progetti della Croce Rossa francese. (...)
Sahel e Corno d’Africa presentano una pletora di gruppi armati che rinnovano la minaccia terroristica nelle retrovie dell’Africa settentrionale: Boko Haram, Aqim (al-Qaeda nel Maghreb Islamico), al-Mourabitoun e Ansar Eddine, e al-Shaabab.
Dalla ‘5+5 Defense initiative 2015’
il cambio di approccio alla minaccia dello Stato islamico
Abstract
Mabrouk faceva il pastore. Dal piccolo villaggio di Slataniyya portava le sue pecore sui monti vicini a pascolare e cercare l’acqua per abbeverarsi. La stessa acqua che lui stesso portava a valle per la sua famiglia, priva di un vero allacciamento idrico. Una famiglia piuttosto piccola: il padre morto da tempo lo aveva lasciato con la madre ormai quasi cieca. (...)
Due giorno dopo gli attentati di Parigi, i leader del G20 si sono ritrovati a discutere di lotta al terrorismo concordando sulla necessità di rafforzare lo scambio di informazioni riguardanti le reti di appartenenza degli attentatori. Ma non era previsto: se i temi finanziari, di lotta alla disoccupazione e degli "Obiettivi sostenibili del millennio" avevano la precedenza, la catastrofe parigina ha riportato tutti sul presente.
Gli attacchi di venerdì sera a Parigi hanno dimostrato che il sedicente Stato Islamico è in grado di colpire nel cuore dell’Europa. Non solo la Francia ma tutto l’Occidente si è scoperto di nuovo vulnerabile. Mentre i primi raid francesi sono stati lanciati nella notte sulla città siriana di Raqqa, ci si interroga su quale sia la risposta più appropriata ed efficace contro il terrorismo, evitando semplificazioni e reazioni sull’onda dell’emozione che rischiano di essere fuorvianti e di ostacolare strategie di lungo termine.
Parigi si scopre nuovamente vulnerabile alla furia cieca del terrorismo di matrice islamica e, come la Francia, tutta l’Europa deve sentirsi sotto attacco, dal momento che gli attentati di ieri sono chiaramente diretti contro tutto il continente e non solo contro il popolo e il governo francesi. A testimoniarlo, del resto, sono le diverse rivendicazioni (sulla cui veridicità bisogna essere ancora molto cauti) e dichiarazioni in rete di gruppi legati allo Stato islamico (IS), secondo cui i prossimi bersagli saranno Londra, Roma, Berlino e le altre capitali europee.
La sopravvivenza dell'IS è anche una questione di fondi: quali sono le strategie economiche adottate dallo Stato Islamico per sostenere le proprie attività, sia terroristiche sia di amministrazione territoriale?
Nonostante i successi dell’offensiva militare governativa dei primi mesi dell’anno, Boko Haram (BH) resta il maggiore fattore d’instabilità e d’insicurezza del nord della Nigeria. La struttura decentralizzata e la composizione eterogenea rendono il gruppo estremamente flessibile e quindi capace di reagire a contesti diversi. Anche negli ultimi mesi BH si è adattato velocemente al “cambio di passo” del governo, tanto da intensificare il numero dei suoi attacchi.
Se è vero che l’irruzione del Califfato in Medio Oriente ha alterato sensibilmente la già fragile e tormentata geografia politica, sociale ed economica dell’area, non è meno vero che gli sviluppi della trattativa 5+1-Iran sul programma nucleare di Teheran vi hanno aggiunto derive suscettibili di consegnare a un futuro denso di incognite i suoi equilibri interni e quelli fra i principali players internazionali che vi gravitano.