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terrorismo

Twitter e jihad: la comunicazione dell'Isis

Social media, video, riviste digitali, radio locali, pamphlet e manifesti: Isis si è dimostrato capace di adattare la sua strategia di comunicazione per rafforzare il suo potere locale, reclutare nuovi combattenti o influenzare le opinioni pubbliche degli stati occidentali e arabi. 

Non soltanto immagini di guerra ed esecuzioni sommarie, ma anche una propaganda costante per dimostrare di controllare il territorio ed essere in grado di provvedere ai bisogni dei cittadini. 

Questo volume è il primo in Italia ad analizzare in maniera scientifica e interdisciplinare la propaganda dello Stato Islamico, grazie al contributo di ricercatori, esperti di comunicazione e giornalisti.

Lo scopo è di fornire un quadro esaustivo sul tema, combinando una puntuale disamina dei riferimenti storici e simbolici presenti nei video di Isis a un’attenta analisi delle tecniche di montaggio e post-produzione.

Infine, il volume presenta alcuni materiali provenienti dai territori controllati del sedicente califfato. Tali documenti consentono di comprendere meglio la propaganda interna allo Stato Islamico e la sua strategia per creare una narrazione del nemico che sia funzionale al proprio disegno ideologico.

Antiterrorismo dalle caratteristiche cinesi? Possibilità e limiti della SCO

Se l’Isis si avvicina all’Europa, anche a Oriente sorge qualche preoccupazione. Lo Xinjiang, regione periferica nel nord-ovest, è anche l’instabile porta della Cina verso le risorse energetiche dell’Asia centrale. Se si considera come – ad esempio – da qui provenga circa il 39,5% delle importazioni cinesi di gas (2013), non ci sarebbero fondi per energie alternative né progetti sullo shale gas che potrebbero controbilanciare un’eventuale perdita di questo apporto.

Yemen: la guerra al terrore tra al-Qaida e Stato Islamico

Ci sono luoghi, nei dintorni di Sana’a, che hanno una precisa reputazione e che ogni tanto ritornano agli onori delle cronache come simboli di quella che da vent’anni è conosciuta come “la tana di al-Qaida”. La Moschea Annour nel quartiere Museeik, è uno di questi.

Tra Teheran e Riyadh, la battaglia per Sana'a

Quando alla fine del 2011 ‘Ali ‘Abd Allah Saleh fu costretto a lasciare il potere che deteneva da 33 anni e ‘Abd Rabbih Mansur Hadi, suo vice da 16 anni, ne prese il posto, sanzionato dalle elezioni del 2012, parve ai più che anche per lo Yemen, liberatosi come Tunisia, Egitto e Libia del proprio autocrate, s'inaugurasse una feconda primavera. 

Yemen: alle radici della violenza settaria

La Repubblica Unita dello Yemen, che comprende l’isola di Socotra nell’Oceano Indiano e gli arcipelaghi di Perim e Kamaran sul Mar Rosso, è uno dei paesi più poveri del mondo. La sua posizione strategica nell’angolo meridionale della penisola arabica (2000 chilometri di costa e solo 25 chilometri di distanza via mare da Gibuti), ai confini con il Sultanato dell’Oman e con l’Arabia Saudita, ne costituisce la sua importanza da secoli.

Yemen: gli Usa alla ricerca di un interlocutore

La progressiva avanzata del movimento sciita Houti e il conseguente disfacimento del potere yemenita possono avere un grande impatto sull’azione anti-terrorismo degli Stati Uniti in un quadrante vitale. Una crisi resa ancora più complicata dal coinvolgimento, su livelli diversi, di Arabia Saudita e Iran.

Nuove forme di terrorismo: zombie

Un'analisi degli eventi che sono seguiti al Massacro delle Matite l’altro giorno è opportuno rimandarla a quando tutte le informazioni saranno disponibili, per un'analisi puntuale delle dinamiche.

Ma fin da ora è opportuno sottolineare alcune caratteristiche dell’evento che segnano l’evoluzione del terrorismo che ci si trova a combattere nella nuova forma ibrida di guerra.

Che cosa è chiaro e importante:

Al-Sisi, il restauratore egiziano

Il risultato delle elezioni presidenziali dello scorso maggio, le seconde dalla rivolta del gennaio/febbraio 2011 che aveva portato alla deposizione di Hosni Mubarak dopo quasi trent’anni di ‘regno’, non era mai stato in dubbio, come dimostrato dal trionfo del generale ‘Abd al-Fattah al-Sisi, proclamato nuovo presidente d’Egitto con il 96% dei voti espressi. 

Il dilemma della politica estera cinese

Se, come diceva Agatha Christie, «un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova», allora la propensione verso l’estero della Repubblica Popolare Cinese (Rpc) potrebbe essere attraversata da cambiamenti di significativa importanza. 

L'emirato del Sinai

Il Sinai é del Califfo. O almeno questo risulterebbe ascoltando la proclamazione di fedeltà (Bay’a) del gruppo Ansar Bayt al-Maqdis (ABM), organizzazione terroristica attiva dal 2011 in questa penisola di biblica memoria. Che elementi legati alla galassia del jihadismo internazionale si fossero da tempo mischiati ai leader dei clan locali scontenti del tradizionale atteggiamento delle autorità del Cairo nei loro confronti è noto almeno dal 2012. Sin dall’anno prima, in seguito alla confusione generata dalla repentina caduta dell’ultratrentennale dittatura di Hosni Mubarak, le tribù del Sinai avevano infatti saputo approfittare del temporaneo vuoto di potere per scatenare una lunga sequela di attacchi contro le forze di sicurezza egiziane, progressivamente supportate dai gruppi jihadisti in esse infiltratisi. (...)

Le possibili mosse dell'Italia in Libia dopo la visita di al Sisi

Con la visita del presidente al Sisi a Roma sembra rafforzarsi l’asse tra Egitto e Italia: un rapporto intenso - Renzi fu il primo leader europeo a recarsi al Cairo dopo la presa di potere del generale - che abbraccia numerosi capitoli di collaborazione.  

L'etichetta del Califfo

Una decina di giorni fa è apparso su YouTube un video, caricato da parte di un account legato allo Stato Islamico, che mostra la cerimonia di bay’a, ossia di alleanza, fra una comunità rurale curda a nord di Aleppo e il califfato di Da’esh. Nel vocabolario islamico, la bay’a è il giuramento di fedeltà verso un leader. In ambito jihadista, da diversi anni, si fa ricorso al termine utilizzandolo per indicare patti di cooperazione fra cellule maggiori e gruppi militanti. (...)

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