Non più di un mese fa, grazie a un aggiornamento dei dati necessari al ricalcolo del prodotto interno lordo, la Nigeria ha sorpassato il Sudafrica, divenendo nell’arco di una notte la nazione più ricca del continente africano.
Al centro di un’area strategica attraversata da conflitti, crisi endemiche e attività terroristiche, l’Algeria si avvicina all’appuntamento elettorale tra numerose incognite dettate da fattori endogeni – tra cui il serpeggiante malessere sociale e le ripetute proteste delle minoranze berbere – ed esogeni che lo rendono una sorta di eccezione rispetto al delicato panorama del Nord Africa e del Sahel.
L’evoluzione del jihadismo in Italia è caratterizzata da una parabola alquanto diversa dalla maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale. Alcuni recenti casi paiono chiaramente indicare che il fenomeno del jihadismo autoctono, già da tempo visibile in altri stati europei, sia sorto anche in Italia. La ricerca di Lorenzo Vidino, Senior Policy Advisor presso la European Foundation for Democracy, pubblicata dall'ISPI in collaborazione con EFD costituisce un inedito poiché, per la prima volta, tale fenomeno viene analizzato in maniera scientifica. Il panorama attuale del jihadismo in Italia risulta estremamente frammentario ed eterogeneo. La maggior parte dei nuovi jihadisti vive nel nord del paese, in grandi città quali Milano, Genova e Bologna, ma anche in centri assai più piccoli. Molti di questi soggetti non sono coinvolti in alcuna attività violenta, bensì limitano la loro militanza a un’attività spesso spasmodica su internet. Sebbene ciò possa rappresentare una violazione della legge, perlopiù numerosi aspiranti jihadisti italiani rimangono tali e non compiono alcuna azione pericolosa. Tuttavia i casi di Jarmoune, el-Abboubi e Delnevo hanno dimostrato che alcuni membri di questa scena informale a volte riescono a compiere - o perlomeno cercano di farlo - il passaggio dalla militanza virtuale a quella nella vita reale, gettando un‘inquietante ombra sul futuro del fenomeno.
È un fatto che gli ultimi due momenti salienti nella vita politica cinese siano stati entrambi accompagnati da atti di terrorismo: la macchina esplosa in piazza Tiananmen (28 ottobre 2013) pochi giorni prima il terzo plenum; e la strage della stazione ferroviaria a Kunming (1 marzo 2014) mentre si chiudeva la sessione dello standing committee dell’Assemblea Nazionale del Popolo, che preludeva all’annuale riunione dell’assemblea stessa.
Dai tempi della guerra in Afghanistan contro l’Unione Sovietica la dottrina del volontarismo jihadista, elaborata da strateghi quali Abdullah Azzam nei primi anni ‘80, ha portato decine di migliaia di musulmani da tutto il mondo a combattere in conflitti dove il movimento jihadista ritiene i musulmani siano oppressi e sia perciò obbligatorio intervenire in loro soccorso.
Le Olimpiadi invernali di Sochi sono ormai alle porte e, nonostante il dispiegamento di un poderoso sistema di sicurezza con unità dell'esercito e droni che sorvolano il territorio, i timori per possibili violenze legate ai gruppi jihadisti dell'adiacente Caucaso settentrionale rimangono forti.
Quando, nell’ormai lontano 2007, i Giochi Olimpici invernali del 2014 (7-23 febbraio) vennero assegnati alla città russa di Sochi, gli esperti di Russia (e Caucaso) rimasero quanto mai perplessi. Sochi, infatti, è nota ai più soprattutto come luogo prediletto di villeggiatura in patria di Putin e tanti altri russi. Ma questa località si trova in effetti alle pendici del Caucaso settentrionale, vale a dire nella regione più instabile della Federazione russa.
A fine dicembre 2013 tre gravi attentati hanno colpito Volgograd (ex Stalingrado, nel cuore della Russia), causando 34 morti. Gli atti terroristici, commessi da estremisti islamici, erano diretti contro le Olimpiadi che si terranno fra pochi giorni nella città russa di Sochi, tra il Mar Nero e i primi contrafforti del Nord-Caucaso. Alle spalle del terrorismo c’è la lunga guerra caucasica combattuta dai russi contro le popolazioni islamiche locali, dal 1817 al 1864.
Dal 7 al 23 febbraio 2014 Sochi ospiterà i XXII Giochi olimpici invernali, riunendo oltre 6000 atleti provenienti da 85 paesi e migliaia di visitatori russi e stranieri. Fino a ora, questa tranquilla regione affacciata sul Mar Nero rappresentava un eccezionalismo nel Caucaso settentrionale – da oltre vent’anni tormentato da separatismo, violenza interetnica e terrorismo di matrice islamica – ma l’evento sportivo sta comportando ulteriori sfide alla sicurezza interna e regionale.
A pochi giorni dalla sua approvazione, la nuova costituzione egiziana viene accolta dagli oppositori del generale al-Sisi da una serie di attentati: al Cairo questa mattina sono esplose quattro bombe, una delle quali ha deflagrato diversi piani del palazzo dove risiede il quartier generale delle forze di sicurezza.
Quando si parla del lungo conflitto siriano, gli stati “vicini” che vengono citati più spesso negli articoli e nei dibattiti sono di solito Libano, Arabia Saudita, Turchia o Iran. Dell’Iraq si parla poco, quasi come fosse in una sorta di dimensione parallela. Una volta c’era la guerra in Iraq, e la Siria non esisteva; oggi c’è la guerra in Siria, e l’Iraq è rimasto nel dimenticatoio.