L’Afghanistan è al centro di una nuova ondata di violenza. Oltre quindici anni di missione internazionale non sono riusciti a mettere fine al conflitto civile che ancora insanguina il paese: la recrudescenza degli attacchi terroristici negli ultimi mesi, e soprattutto nel corso degli ultimi giorni, ne è testimone.
Con un’operazione di polizia, denominata significativamente “Talis Pater”, il 26 gennaio 2018 le Digos di Milano e di Como hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per due cittadini stranieri, un egiziano di 51 anni, Sayed Fayek Shebl Ahmed, e il figlio di 23 anni, Saged Sayed Fayek Shebl Ahmed, per associazione con finalità di terrorismo.
Un rapporto tra pari, tra vicini – solo 14 chilometri separano Africa e Europa – che condividono interessi e responsabilità.
In coincidenza con il secondo anniversario dei drammatici attentati di Parigi del 13 novembre 2015, vari media italiani hanno riportato la notizia secondo la quale un cittadino italiano convertito all’islam, tale Domenico G., avrebbe avuto un ruolo di supporto al commando dello Stato Islamico che ha perpetrato l’attacco. Il trentaduenne italo-francese sarebbe diventato un sostenitore del gruppo attorno al 2012 e avrebbe avuto contatti regolari con Abdelhamid Abaaoud, il leader del commando. Dopo gli attentati Domenico G.
Il 1 novembre 2017 in Francia è cessato lo stato d’emergenza ed è entrata in vigore la nuova legge antiterrorismo 1510, promulgata dal presidente Emmanuel Macron il 30 ottobre. L’état d’urgence, proclamato da François Hollande il 13 novembre 2015 a seguito dei devastanti attacchi di Parigi, è stato prorogato per ben cinque volte. In vigore per quasi due anni, si è trattato del più lungo stato di eccezione nella storia della Quinta Repubblica francese.
The European Union Commissioner for the Security Union Julian King endorses ISPI's report "Fear Thy Neighbor: Radicalization and Jihadist Attacks in the West".
Quando c’è stato il massacro degli innocenti di Manchester ero nel mondo arabo, sull’altra sponda del Grande Mare (definizione dello storico David Abulafia). Ero a Sfax, in Tunisia, invitato a tenere una “keynote” sul mio mestiere a un gruppo di studenti di quattro università di quel paese, che avevano appena concluso un master in giornalismo.
Amir al-Umara’ significa il comandante dei comandanti, o più semplicemente il comandante supremo: è la formula con cui veniva definito l’uomo più potente dell’Impero musulmano alla fine del primo millennio. Era un periodo di forte frammentazione politica, a guidare le redini della corte imperiale l’avventuriero militare di turno, colui che riusciva a imporsi sul resto della casta e dei notabili delle dinastie locali.
Il 22 febbraio 1974 Samuel Byck guidava la sua vettura scalcinata verso l’aeroporto di Baltimora. Nato in una famiglia modesta nel sud di Philadelphia, Samuel aveva lasciato la scuola giovanissimo per aiutare i genitori. Dopo essere cresciuto tra vari lavoretti e due anni di ferma nell’esercito, nel 1956 si era sposato e aveva avuto quattro figli. Ma nel 1972 la moglie lo lascia, portandosi via i bambini.
Archiviata la battaglia di Mosul, l’offensiva contro lo Stato Islamico in Siria e Iraq sta per entrare nella sua seconda, e per certi versi decisiva, fase. Il progetto di governance dell’organizzazione guidata da Abu Bakr al–Baghdadi è oramai prossimo al fallimento, con il Califfato privato di gran parte del territorio che permetteva al gruppo di spostare militanti tra Siria e Iraq, sfruttare lucrativi traffici illegali e narrarsi al contempo come una “terra promessa”.
“Where does ISIS go after Mosul?” Così titolava la homepage della CNN all’indomani della ripresa della seconda città irachena da parte delle Forze di sicurezza di Baghdad. Una domanda quanto mai attuale alla luce della ormai prossima caduta di Raqqa in Siria ad opera dell’azione congiunta di curdi e americani.