Non è detto che una laurea in Scienze Politiche sia l’unica via per intraprendere una carriera internazionale: anche un ingegnere civile può divenire funzionario della Commissione Europea e arrivare a Bruxelles. Ce lo racconta nella video intervista di oggi Michele Amedeo, attualmente coordinatore per le iniziative di cooperazione della UE con i paesi dei Balcani Occidentali. (...)
Il “progetto” riveste un’importanza fondamentale in quanto è il principale elemento che permette alle ONG di lavorare, rendendo possibile il “miglioramento” di una condizione di vita, quella in cui si è deciso di intervenire.
Parliamo oggi del “ciclo del progetto” con Javier Schunk, che dopo alcune significative esperienze sul campo, in Senegal e nei Balcani, è passato a ruoli di project manager in seno all’ONG CISV di Torino, fino a quando è diventato coordinatore dell’intero settore progetti nel 1994. (...)
Emanuele ci racconta la sua esperienza di studente al master in International Cooperation dell’ISPI SCHOOL: un anno incredibile, fantastico e stimolante, soprattutto dopo un’esperienza universitaria nel del tutto soddisfacente.
Il suo background personale e il percorso di studi hanno influenzato le sue scelte, l’incontro con il master lo porterà in Cameroon con le delegazione dell’Unione Europea presso la sezione Politica e Informazione Economia e Commercio, uno stage che gli permetterà di conoscere nuove realtà e approfondire sul campo in cosa consiste la cooperazione internazionale. (...)
La scelta dell’amministrazione Obama – che, secondo diverse fonti – avrebbe autorizzato la fornitura di armi alle forze della resistenza siriana rappresenta un potenziale punto di svolta nella crisi in atto da oltre due anni.
A fine aprile la Turchia è entrata nella “big family” della Shangai Cooperation Organization (Sco) – l’organizzazione che coinvolge Russia, Cina, Kazakistan, Tagikistan, Kirghizistan e Uzbekistan –, in qualità di “partner di dialogo”. La firma del Memorandum di cooperazione il 26 aprile ad Almaty in Kazakistan completa un processo iniziato lo scorso anno al summit della Sco di giugno a Pechino. Quali saranno i risvolti pratici dello status di partner di dialogo acquisito dalla Turchia è ancora da capire.
I paesi scandinavi sono noti per presenza di forti atteggiamenti euro-scettici a livello di opinione pubblica. La Norvegia ha respinto, attraverso due referendum (1974 e 1994), la possibilità di aderire all'Unione Europea. Ricorrendo al medesimo metodo decisionale, Danimarca (2000) e Svezia (2003) hanno optato per non aderire alla moneta unica, pur essendo membri dell'Unione Europea.
In a country long known for its tradition of tolerance, the Dutch Party for Freedom (PVV) is an outlier. Vocally Islamophobic and unapologetically Euro-skeptic, the party has risen to global prominence by embodying the rise of Europe’s growing far-right fringe. At the forefront of the PVV is Geert Wilders – a Dutch parliamentarian infamous for his uncensored criticism of Islam.
L’Ungheria, diversamente da altri paesi della regione, entrò in Europa il 1° maggio del 2004 senza forti emozioni né grandi contrasti interni. Prova, secondo alcuni osservatori dell’epoca, della raggiunta stabilità politico-sociale, frutto di una transizione dal comunismo alla democrazia e all’economia di mercato avvenuta senza grandi scosse, e quindi della maturità di un’opinione pubblica cosciente delle prospettive che l’adesione alle strutture e ai programmi europei avrebbe offerto al paese.
Da alcuni anni e sempre più spesso negli ultimi mesi, dall’interno dei paesi dell’Unione Europea si levano voci contro l’Unione stessa. Le critiche, le accuse e le recriminazioni sono diverse nei toni e nei contenuti. L’Europa non deve né può diventare uno stato perché non esiste oggi né esisterà in futuro un popolo europeo, un demos comune, al di sopra degli stati nazionali e dei popoli delle nazioni. La burocrazia di Bruxelles impone ai nostri paesi un’uniformità coatta e dannosa. L’Unione manca di legittimazione democratica.
Il Partito britannico dell’indipendenza (UK Independence Party – Ukip) venne creato all’inizio degli anni Novanta (1993), in seguito alla dissoluzione della Lega Anti Federalista, nata nel 1991 per contrastare le proposte contenute nel Trattato di Maastricht.
Il futuro di Alternative für Deutschland, il nuovo partito tedesco anti-euro che sta nascendo in queste settimane, può essere immaginato pensando a una forbice le cui due lame sono per il momento abbastanza distanti. Da una parte c’è l’elettorato potenziale, che secondo alcuni sondaggi potrebbe superare il 20 per cento del totale. Dall’altra c’è la quota effettiva di cittadini disposti a spostare il loro voto su una nuova formazione politica come questa: non più dell’1-2 per cento, secondo molti osservatori.
La crisi dell’euro ha fatto precipitare l’Europa nella “politica dell’ansia”. Il disagio sociale è sempre più acuto. Più della metà delle famiglie (Scandinavia e Germania escluse) dichiara che non ce la farebbe a sostenere una spesa inaspettata di mille euro nei prossimi dodici mesi, più di un terzo si definisce “povero”. Come stupirsi se elettori sempre più insicuri puniscono i leader in carica, si rifugiano nell’astensionismo, si lasciano sedurre dalle sirene populiste?