Un rapporto tra pari, tra vicini – solo 14 chilometri separano Africa e Europa – che condividono interessi e responsabilità.
Il referendum sull'indipendenza della Catalogna di domenica 1° ottobre è sfociato nel caos, con scontri di piazza, numerosi feriti e crescenti tensioni tra Madrid e Barcellona. La domanda posta agli elettori nella scheda era molto precisa: “Vuoi che la Catalogna sia uno Stato indipendente sotto forma di Repubblica?”. Gli avvenimenti si susseguono a ritmo frenetico e sul piano politico, economico e giuridico sono ancora incerte le conseguenze di ciò che sta accadendo.
Quando si pensa alle possibili conseguenze economiche delle elezioni tedesche si hanno spesso in mente i diversi atteggiamenti che la Germania potrà assumere nei confronti dell’Unione europea e dell’area dell’euro, ci si prefigura come l’uno o l’altro degli esiti elettorali influirà, ad esempio, sulla disponibilità tedesca a forme di nuova solidarietà e integrazione politico-finanziaria. Ma le elezioni tedesche sono importanti anche per la loro influenza diretta sull’economia tedesca e sulla formulazione delle politiche economiche nazionali.
A pochi giorni dall'elezione del Bundestag la SPD può solo sperare che i sondaggisti si sbaglino. Non è per niente escluso: un numero inusuale di elettori dichiara di essere ancora indeciso. Tutto, teoricamente, può ancora succedere.
Se invece si convalidassero i sondaggi attuali che danno il partito tra il 22% e il 25%, la SPD avrebbe tre alternative dopo le elezioni:
Cosa guardare la sera di domenica 24 settembre quando verranno annunciati i risultati delle elezioni federali tedesche? Certo la percentuale raggiunta dall’Unione Cdu-Csu di Angela Merkel, che quasi certamente registrerà una maggioranza relativa consistente, con il 35% o più dei consensi (in calo però rispetto al 41% di quattro anni fa). Certo i voti incamerati dalla Spd di Martin Schulz, nei sondaggi in forte crisi: i socialdemocratici potrebbero toccare il loro minimo storico sotto al 22%.
Ancora una volta le elezioni federali tedesche potrebbero rivelarsi uno spartiacque nella storia europea. Nello stesso modo in cui l’arrivo di Helmut Kohl e l’unificazione tedesca accelerarono l’adozione della moneta unica, la rielezione della cancelliera Angela Merkel, ritenuta probabile dai sondaggi della vigilia, dovrebbe facilitare una riforma dell’unione monetaria. Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha parlato di “finestra di opportunità” da qui alla fine della legislatura, prevista nel 2019, per rivedere l’assetto della zona euro.
Dopo aver ripetutamente rischiato il tracollo istituzionale, la Macedonia rilancia le proprie prospettive di integrazione euro-atlantica, bloccate negli ultimi anni da feroci spaccature interne e da questioni irrisolte coi paesi vicini. La svolta è arrivata lo scorso maggio, con la nascita del governo socialdemocratico di Zoran Zaev, che ha riaperto i negoziati con Atene sull'annosa questione del nome, per poi firmare uno storico trattato di buon vicinato con la Bulgaria. Un'azione decisa che ha fatto ripartire il cammino della Macedonia (candidato membro dal lontano 2005)
L’Economic Partnership Agreement tra Unione europea e Giappone è vicino alla conclusione. Dopo quattro anni e 18 round di negoziazioni, l’accordo deve essere completato in alcuni aspetti tecnici e capitoli come la protezione degli investimenti, ma dovrebbe essere ultimato per la fine dell’anno e poi ratificato dal parlamento giapponese, da quello europeo e da quelli nazionali dei 28 paesi (procedura tutt’altro che scontata come dimostra l’esperienza del Ceta, l’accordo di libero scambio siglato con il Canada che entrerà provvisoriamente in vigore a settembre).
Recita un antico proverbio africano: «Se vuoi andare veloce, vai da solo. Se vuoi andare lontano, vai con gli altri». Pur essendo nato dalla specifica e millenaria esperienza delle popolazioni magrebine nel percorrere le piste nel deserto, questo saggio ammonimento trova valida applicazione ancora oggi, in molte situazioni della vita moderna.