“Focus Cina” racconta in ogni numero le esperienze degli italiani e delle aziende italiane che hanno avviato un’attività nelle province cinesi. Abbiamo contattato Barbara Fischer, Presidente e Amministratore Delegato di OROBIANCO, azienda italiana che si occupa di luxury in più settori, dagli accessori all’abbigliamento e dagli occhiali agli orologi.
1. Quando e come nasce il vostro investimento in Cina?
Orobianco è una società di Giacomo Valentini. La famiglia Valentini era già presente in Cina da 32 anni con un investimento a Shenyang nelle produzione del poliuretano. Dopo un viaggio in Tibet nel 1995, Giacomo Valentini, che svolgeva anche attività di consulenza per il mercato cinese, sviluppa l’idea di fondare Orobianco. Il nome, infatti, è un riferimento alla ricchezza del Tibet, ovvero una particolare lana cashmere. Nel 1996 viene fondata l’azienda con l’obiettivo di realizzare prodotti Made in Italy e 100% Cashmere. Da allora, Orobianco opera prevalentemente in Asia promuovendo un’idea di moda bella e intelligente. Nel corso degli anni abbiamo esteso la produzione anche a lavorazioni di pelletteria e accessori e oggi fanno parte del gruppo diversi marchi Made in Italy. Infine, siamo entrati nel mercato cinese con continuità a partire dal 2012, quando i consumatori erano ormai maturi per il “made in” e la qualità.
2. Quali sono le province in cui operate di più?
Siamo presenti in molte città cinesi, come Shanghai, Beijing, Wuhan, Tianjin, Chengdu, Shenzhen, Guangzhou e Chongqing. L’ingresso è avvenuto posizionando i nostri prodotti all’interno di department store stranieri – in particolare, giapponesi, coreani, di Taiwan e di Hong Kong – ovvero di paesi in cui la nostra presenza era più strutturata. La scelta della localizzazione, dunque, avviene tramite i canali dei department store e a seguito di accordi con partner locali che richiedono i nostri prodotti. In questo momento la strategia di apertura è orientata al consolidamento e all’apertura di canali di vendita online.
3. Quali difficoltà avete incontrato nel mercato cinese?
Una prima difficoltà è stata senza dubbio la dimensione dell’industria. Il confronto fra una media industria italiana e un gruppo cinese può generare incomprensioni in termini di ritmi e aspettative. In secondo luogo, un tema importante è quello della trasmissione dei nostri valori e della qualità del nostro prodotto. Vi è l’esigenza di comunicare il valore del Made in Italy nel modo corretto e dunque l’importanza della tecnologia, del design e del gusto italiano ed ogni fase del processo di lavorazione. Infine, vi è senza dubbio l’esigenza di studiare il prodotto giusto per un mercato come quello cinese.
4. Quali prospettive individuate per il vostro settore?
Se fino ad ora avevamo puntato sui negozi come unico canale di vendita, in prospettiva abbiamo intenzione di aprirci all’online con diversi dei nostri marchi. L’obiettivo è quello di ottenere una crescita esponenziale. In quest’ottica abbiamo siglato una serie di accordi a tutela dei marchi, anche se abbiamo riscontrato un mercato su internet già abbastanza tutelato da questo punto di vista. L’ingresso online avverrà nel 2017 attraverso più strumenti. Stiamo infatti mettendo a punto una commercializzazione digitale sia attraverso piattaforme e-commerce e negozi multimarca, sia siti monobrand. In questo caso, però, non ancora con il marchio Orobianco. Per raggiungere questi obiettivi ci stiamo interfacciando con partner locali che gestiranno anche il nostro magazzino in Cina. Inoltre, la nostra strategia nel mercato cinese è orientata soprattutto alla vendita di prodotti di fascia medio-alta, con una attenzione nel breve periodo ai volumi di vendita, privilegiando il rapporto qualità-prezzo pur sempre in un contesto di prodotti dal valore superiore a 400€. Il lusso estremo al momento lo stiamo riservando ad altri mercati asiatici – ad esempio il Vietnam - perché tale segmento si è sviluppato nel mercato cinese dopo che eravamo già entrati nel paese con modalità differenti.
5. Quali consigli vi sentite di dare a chi vuole entrare nel mercato cinese?
Il primo consiglio per chi volesse investire in Cina è di non affacciarsi a questo mercato come prima esperienza di export. L’ingresso non è semplice ed è meglio arrivarci preparati. Inoltre, è bene verificare i prodotti e le caratteristiche giuste da proporre ai consumatori cinesi. Infine, proprio per questa ragione, è bene arrivare già con un pacchetto rappresentativo del proprio brand in Cina.
Filippo Fasulo, ISPI Research Fellow