Bernardo Sala si occupa di sviluppo da più di 12 anni sia sul campo che in sede. Ha svolto attività di programmazione, progettazione e implementazione in vari paesi tra i quali la Cina, il Kosovo, il Bangladesh, la Siria e la Bolivia. Bernardo ha lavorato per la Commissione europea, le Nazioni Unite, la Croce Rossa italiana e spagnola, con diverse ONG e per il settore privato. Recentemente ha concluso un periodo di tre anni a Bruxelles con la Commissione Europea, presso la DG DEVCO (Sviluppo e Cooperazione), dove si è occupato soprattutto di riduzione del rischio di catastrofi legato al cambiamento climatico. Laureato in Giurisprudenza presso l’Università Statale di Milano ha conseguito un Master in Ambiente e Sviluppo presso l’Università di East Anglia in Regno Unito. Bernardo Sala è coordinatore del corso della ISPI Winter School “Cambiamenti climatici e sviluppo” che si svolgerà il 10 e 11 maggio a Milano. Lo abbiamo raggiunto per una breve intervista.
Bernardo, da poco hai terminato il tuo lavoro presso la Commissione Europea nell’Unità “Gestione sostenibile delle risorse naturali” della DG DEVCO. Di cosa ti occupavi? Come si svolgeva il tuo lavoro?
La mia Unità “Sustainable Management of Natural resources” si occupava (ora non c’è più, c’è stata una riorganizzazione che ha cambiato nomi e competenze delle Unità all’interno della Direzione Generale) di policy making, essenzialmente in due settori: sviluppo rurale e ambiente. Per il settore sviluppo rurale la preoccupazione principale rimane la sicurezza alimentare. E si capisce bene perché nel mondo c’è quasi un miliardo di persone che non ha abbastanza da mangiare e ogni anno muoiono di fame – di fame! – 15 milioni di bambini. Cifre pazzesche. Il settore ambiente invece si concentra su cambiamenti climatici, riduzione dei disastri, protezione della biodiversità, desertificazione e foreste. Il mio lavoro nell’unità di Gestione sostenibile delle risorse naturali mirava all’elaborazione delle politiche da mettere in atto per aiutare i paesi in via di sviluppo a fronteggiare le conseguenze del cambiamento climatico. E’ un lavoro di studio, di negoziazione e sintesi delle politiche e posizioni di diversi attori (istituzioni europee, stati membri, Banca Mondiale, Nazioni Unite, NGOs, ecc.). Durante i tre anni in Commissione ho anche preparato il piano generale di armonizzazione degli interventi della Unione Europea (quindi Commissione e Stati Membri della UE) sulla riduzione dei disastri nei paesi in via di sviluppo. Un lavoro difficile dove bisognava mettere d’accordo tutte le parti sugli obiettivi e i mezzi per raggiungerli.
Cambiamenti Climatici e Sviluppo sono intimamente collegati. Che legami ci sono? Con che conseguenze?
Effettivamente il cambiamento climatico e lo sviluppo sono strettamente collegati. Uno sviluppo che omettesse di considerare le variabili legate al cambiamento climatico rischia di essere effimero se non addirittura dannoso. Il cambiamento climatico ha conseguenze su – e sua volta è influenzato da – tutti gli aspetti dell’economia. Pensiamo all’agricoltura e lo sviluppo rurale, i consumi energetici, le infrastrutture, l’utilizzo del territorio, la gestione dei rifiuti, la biodiversità. E potrei continuare. I cambiamenti climatici possono creare nuovi fenomeni (innalzamento dei mari) o esacerbare alcuni già in corso (desertificazione, perdita della biodiversità, insicurezza alimentare). Se si pianifica uno sviluppo senza tenere conto, per esempio, delle previsioni di aumento del livello dei mari o dell’aumento dell’intensità degli eventi atmosferici (come piogge violente, venti, ondate di caldo o freddo estremo) e si prevedono interventi agricoli o infrastrutturali come se nulla stesse cambiando, si rischiano perdite in termini di vite umane, di conti economici e di ecosistema.
Qual è l’approccio dell’Unione Europea ai cambiamento climatico?
L’Unione Europea è impegnata molto seriamente sul fronte del cambiamento climatico. Possiamo dire che a livello mondiale la Ue è l’attore in assoluto più serio, sia sul fronte interno – quindi di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra – che sul fronte internazionale per aiutare i paesi in via di sviluppo ad adattarsi ai cambiamenti imposti dal cambiamento climatico e a sviluppare strategie di crescita a basse emissioni. Dal 2002 ad oggi la Ue ha stanziato per i paesi in via di sviluppo 3.7 miliardi di euro per combattere cause ed effetti del cambiamento climatico. Il budget dell’Ue per i prossimi sette anni (2014 – 2020) è in fase di definizione ma la Commissione ha proposto che il 20% dei 960 miliardi di euro che compongono il budget per i prossimi setti anni siano indirizzati ad azioni che direttamente o indirettamente abbiano a che fare con il cambiamento climatico.