di Emilia Vavassori
Un gomitolo aggrovigliato.
Questa è la prima espressione che mi viene in mente per descrivere l’intricata questione palestinese che noi studenti del Master in International Cooperation abbiamo potuto approfondire durante il nostro Study Tour nei Territori Palestinesi. Parole, immagini e gesti si confondono come fili di un gomitolo di cui non si riesce trovare il capo.
Ci siamo immersi in un contesto unico al mondo, fatto di muri, di incomprensioni, di grida di giustizia che rimangono inascoltate, di paure che hanno radici lontane, di paradossi inaccettabili, di sfumature che vanno colte se si vuole capire a fondo l’essenza di questa terra. Abbiamo avuto l’opportunità di ascoltare storie, stringere mani, vedere volti amareggiati e labbra sorridenti, difficili da dimenticare.
La Palestina è un bambino che non ha mai visto il mare perché abita dietro ad un muro.
E’ un luogo dove la Storia è entrata con violenza nella vita di ciascuna persona.
È Hebron, città fantasma, dove non puoi passare in alcune vie se non hai la carta d’ identità “giusta”.
È un ragazzo che sogna di andare a Gerusalemme, ma non può andarci nonostante abiti a 10 kilometri.
E’ il luogo al quale la comunità internazionale troppe volte ha voltato le spalle.
E’ la paura che ti impedisce di vedere nell’altro un uomo o una donna come te.
E’ un colono che scende da un auto con le borse della spesa in mano e al collo un fucile.
E’ un albergo di lusso a dieci metri da un campo profughi.
E’ un’ occupazione che ti impedisce di fare azioni normali come innamorarti o partecipare ad un funerale.
E’ una vita fatta di carte di identità, di controlli, di “terrorismo burocratico”, di permessi che non arrivano o scadono troppo in fretta.
È un bimbo che torna a casa da scuola e si trova la propria casa circondata dal muro.
E’ un luogo dove la religione serve non per unire ma per dividere.
E’ una scuola che verrà demolita alla fine dell’anno scolastico.
E’ un insediamento con tutti i confort e a poche centinaia di metri baracche senza luce ed acqua.
E’ un luogo dove il torto e la ragione non hanno facile collocazione.
Ma la Palestina non è solo questo mosaico fatto di odio, di ingiustizie e di divisioni. E’ anche un luogo dove tante donne e uomini sognano un futuro diverso.
La Palestina è un gruppo di donne che apre le porte della propria casa ai visitatori stranieri per garantire un futuro migliore ai propri figli.
È Sami Basha, un professore palestinese che invita i propri studenti a non perdere mai il filo della speranza e a scovare negli occhi degli altri, anche quelli del soldato, la sua umanità.
E’ Hamdan che cammina per kilometri con le sue stampelle con il sorriso sulle labbra e la battuta sempre pronta.
E’ Ruth, una ragazza israeliana che combatte contro le demolizioni delle case palestinesi perché “io sono una persona privilegiata, è mio dovere e mia responsabilità aiutare a porre termine alle ingiustizie”.
E’ Inam, una donna beduina, che ci mostra con orgoglio la propria cooperativa di gioielli.
E’ un luogo dove tanti stranieri lavorano, con grande professionalità e passione, per non lasciare sola questa gente.
E’ un popolo che ti accoglie con il sorriso e con un senso di ospitalità a noi sconosciuto.
Grazie alla direzione del Master per averci dato la possibilità di vivere questa esperienza, ad Oxfam Italia e ai miei compagni di viaggio!