di Wanda Grimaldi
Gerusalemme, Giovedì 3 Maggio – Museo dell’Olocausto Yad Vashem. Ore 9.30.
Il sole picchia già. Lo spiazzo adiacente al museo inizia a popolarsi di militari.
La nostra guida è appena arrivata e inizia ad introdurci alla visita.
Alle sue parole “la storia ci ha insegnato a non fidarci di nessuno” la mia mente vaga ed arriva fino ad alcune pagine lette chissà quanto tempo fa: “Così parlò Zarathustra”, parte seconda “Della redenzione”.
Qui Nietzsche scrive: “la volontà digrigna i denti rispetto al passato che non può essere più modificato”.
Nietzsche afferma che, se intendiamo il divenire come un processo in cui il passato è l’immodificabile, allora la volontà si trova di fronte al passato come di fronte a un Dio, e anzi l’immutabilità del passato presenta i tratti più caratteristici del divino, è ormai intoccabile.
Ore 12.30, siamo appena usciti dallo Yad Vashem.
Con il passare dei giorni tutte le informazioni, dati, statistiche, report stanno prendendo forma, colore, rumore..un rumore assordante..il rumore assordante dell’eterno ritorno.
L’idea dell’eterno ritorno è misteriosa e con essa Nietzsche ha messo molti filosofi nell’imbarazzo: pensare che un giorno ogni cosa si ripeterà così come l’abbiamo già vissuta, e che anche questa ripetizione debba ripetersi all’infinito!
Che significato ha questo folle mito?
La tesi dell’eterno ritorno in Nietzsche è espressa in modo tale da non consentire equivoci: ognuno degli istanti che noi viviamo, ognuna delle specificazioni di questi istanti è destinata a ritornare infinitamente nell’attimo della presenza.
L’idea dell’eterno ritorno indica una prospettiva dalla quale le cose appaiono in maniera diversa da come noi le conosciamo: appaiono prive della circostanza attenuante della loro fugacità.
Nel mondo dell’eterno ritorno, su ogni gesto grava il peso di una insostenibile responsabilità.
Ecco perché Nietzsche chiamava l’idea dell’eterno ritorno il fardello più pesante (das schwerste Gewicht).
E allora, come scrive Kundera, viene da chiedersi “la maturità è raggiungibile dall’uomo? Egli la può raggiungere con la ripetizione? Soltanto nella prospettiva di questa utopia sarebbe possibile usare a pieno diritto i concetti di pessimismo e di ottimismo: l’ottimista è colui che crede che la storia dell’umanità sarà meno insanguinata in futuro. Il pessimista è colui che non lo crede.”
Stando qui la tentazione di abbandonarsi al pessimismo è forte…