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Lavorare nelle emergenze

I racconti di un nostro ex studente dalla crisi in Darfour ai campi profughi in Iraq
Martedì, 15 settembre, 2015

Un master a Roma e uno a Milano presso l’ISPI, poi la chiamata di Emergency per la prima missione in Nord Sudan e Darfour, così è iniziata l’esperienza lavorativa nel mondo della cooperazione di Luigi Pace, 32enne molisano.  “Ero contento, eppure non mi entusiasmavo. Ho visto cose grandiose ma cercavo un ambiente più professionale in un contesto meno improvvisato” - racconta Luigi ai giornalisti del sito primonumero.it.  

 

A Emergency è seguito il contratto con l’organizzazione francese Solidarités International sempre in Sud Sudan ma questa volta “in una zona di confine, dove c’era il crocevia di ribelli, e lì abbiamo costruito un campo di rifugiati. Per me è stata una grande scuola, difficile e ostica, non avevo grandi esperienze, ma ho spinto per andarci perché è stata l’esperienza giusta nel momento giusto”.

Nella città sudsudanese di Bentiu ha affrontato situazioni di grande emergenza. “Siamo stati rinchiusi per quindici giorni, sotto i bombardamenti. Alla fine dell’assalto siamo usciti e abbiamo trovato solo distruzione e morte, abbiamo scavato fosse comuni e dato sepoltura ai corpi che riempivano le strade e i villaggi”.

 

Ora Luigi lavora con l’organizzazione umanitaria danese “Danish Refugee Coucil”. Il suo compito è quello di coordinare gli aiuti umanitari in arrivo in Iraq. “Sono contento di essere lì anche se ora il mio lavoro è molto diverso: molto più politico e diplomatico”.

“Le attività principali consistono nella gestione dei fondi e degli aiuti, spesso in raccordo con i rappresentanti del governo,  per quattro campi dei quali siamo responsabili, nei quali vivono settantacinquemila persone”.

 

La vita qui è particolare, alterna momenti di assoluta normalità in cui – racconta Luigi –“esco a mangiare un kebab in qualche locale del centro con un collega oppure ad andare in palestra”, ad altri dove ci si trova al centro degli attacchi. “In questi casi cerchi di manternere la calma, ti butti per terra o ti chiudi dentro, sperando che passi presto. Operare in queste zone significa certamente assumersi dei rischi, anche grandi, ma fa parte della mia professione”.

 

Luigi, in Italia per qualche giorno di vacanza, presto farà ritorno in Iraq dove riprenderà quello che per lui non è semplicemente un lavoro ma la sua grande passione, “non ricordo di aver mai voluto fare altro”, confida. 

 

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Tags: 
cooperazione
emergenze
Sud Sudan
Iraq
alumni
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