Incontriamo oggi Gianpiera Mancusi, ex-studentessa del Master ISPI in International Cooperation (Emergencies) e attualmente impegnata come Project Manager Assistant presso INFORMO, un’organizzazione non-profit che opera in Croazia. Ma lasciamo direttamente la parola a Gianpiera…
Quale è stato il tuo percorso di studi, quali le tappe formative in ambito lavorativo?
Dopo la laurea in Relazioni Internazionali, conseguita presso l’Università’ di Siena, ho partecipato al programma MAE-CRUI svolgendo uno stage presso la Rappresentanza Permanente alle Nazioni Unite a New York. Successivamente, ho maturato una breve esperienza lavorativa a Valencia presso FIADELSO, una ONG spagnola che si occupa di aiuto allo sviluppo in America Latina.
Tornata in Italia, ho deciso di iscrivermi al Master dell’ISPI perché volevo acquisire una maggiore competenza tecnica e scientifica nel settore della cooperazione internazionale.
Come sei arrivata in Croazia? Di cosa ti stai occupando in questo periodo?
Dopo aver terminato il master, sono stata selezionata per svolgere uno stage in Croazia, presso INFORMO, una consulting che offre servizi in materia di preparazione e realizzazione di progetti con finanziamenti nazionali ed internazionali (UE, ONU, e altri).
Come Project Manager Assistant, mi occupo di redazione di proposte di progetto, monitoraggio e valutazione di progetti che al momento sono in fase di attuazione. Benché il mio lavoro sia più di ufficio che di campo, ho avuto l’opportunità’ di conoscere la realtà locale sopratutto grazie all’interazione con i partner.
La Croazia è una nazione particolarmente vicina e conosciuta all’Italia e agli italiani. Come sta cambiando la tua percezione del luogo? Che aspettative avevi quando sei partita?
Prima di questa esperienza avevo sempre considerato la Croazia come un luogo di vacanze più che come una possibile meta di lavoro. Tuttavia, una volta arrivata qui, mi sono confrontata con una realtà ben diversa da quella immaginata: una terra in cui le ferite della guerra sono ancora ben visibili nel paesaggio, come nelle persone. Ancora più scioccante è stato per me realizzare che i sentimenti di ostilità e pregiudizio etnico sono ancora diffusissimi tra la popolazione che, a distanza di venti anni, non vuole ne’ dimenticare ne’ perdonare.
Potresti già fare un primo bilancio della tua esperienza? Quali consigli ti senti di dare ai nostri lettori che vorrebbero intraprendere un percorso simile al tuo?
Lavorare nella cooperazione non è sicuramente facile perché richiede molta flessibilità, spirito di adattamento e capacità di vivere lontano da casa per mesi …o addirittura anni. Tuttavia è un mestiere che permette di fare delle esperienze professionali e umane uniche che sicuramente ripagano dei tanti sacrifici.