
Sono passati quasi 4 anni esatti dall’1 agosto 2009, qundo un uomo si presentò al Bar No’ar, un locale nel centro di Tel Aviv frequentato soprattutto da giovani omosessuali, e cominciò a sparare sulla folla. 2 morti, molti feriti e un paese sotto shock. Israele, abituata a subire attentati da sempre, si ritrovò, forse per la prima volta, con un atto terroristico di matrice totalmente interna. Ma non fu solo l’aggressione in sé; ciò che accadde dopo fu quasi altrettanto grave. I genitori di molti ragazzi feriti scoprirono così le tendenze sessuali dei figli e alcune famiglie dichiararono pubblicamente di non volerli assistere a causa della “vergogna”. L’attentato al Bar No’ar e gli eventi dei giorni seguenti scoperchiarono una realtà profonda di intolleranza e violenza in un paese che si sente da sempre un avamposto di diritti civili e tolleranza in Medio Oriente.
La ferita mai rimarginata è nuovamente tornata al centro dell’attenzione dei media qualche giorno fa, quando le autorità hanno annunciato di aver catturato il probabile responsabile della sparatoria. Si tratterebbe di Felician Hagai, un residente del quartiere periferico di Pardes Katz. Secondo la ricostruzione, un membro della sua famiglia sarebbe venuto da lui per confidargli di essere stato vittima di uno stupro per mano di uno dei gestori del Bar No’ar. Hagai si sarebbe quindi recato nel locale e, dopo aver cercato invano la persona denunciata dal suo parente, avrebbe deciso di vendicarsi sparando a caso sulla folla.
La vicenda, oltre che sulla famiglia Hagai, ha portato l’attenzione nazionale anche sul distretto di Pardes Katz, un quartiere di Bnei Brak, città satellite di Tel Aviv. Il quartiere è uno dei più poveri di Israele, e per chi vi passa non appare diverso dai quartieri poveri del terzo mondo che si vedono nei notiziari. La storia della famiglia Hagai e la sua tragedia sono forse l’esempio più forte per spiegare la condizione sociale e l’atmosfera che si trovano a Pardes Katz. Pochi giorni dopo l’arresto di Felician, Ya’cov, suo fratello minore, è stato accusato di aver stuprato l’avvocatessa che si era offerta di difenderli in tribunale. I due erano diventati amici nei giorni precedenti, e secondo la ricostruzione, lui ne avrebbe approfittato per trovarsi solo con lei e aggredirla.
Infine, come se l’arresto dei due fratelli non fosse già abbastanza per la famiglia Hagai, il 10 luglio Or, il fratello più piccolo di 15 anni, è caduto dal nono piano di un cantiere edile a Bnei Brak. Or, ancora minorenne, lavorava come manovale e alcuni pensano che si tratti di una tragica fatalità sul lavoro. Non sono pochi, però, anche quelli che credono che il suo sia stato un atto volontario, un suicidio motivato dalle troppe tragedie che si stavano abbattendo sul suo cerchio famigliare.
La tragica vicenda degli Hagai, densa di violenza, intolleranza e povertà, è simbolica di Pardes Katz e dei molti quartieri simili in Israele. Una società un tempo tra le più eque del pianeta, si è trasformata negli anni in una società profondamente diseguale dove a grandi ricchezze si accostano situazioni ai limiti del disagio come quello della famiglia Hagai. Pochi ricordano che nel 2011 anche Israele ebbe la sua primavera, con migliaia di giovani che scesero nelle strade per chiedere non la fine della guerra o dell’occupazione – i tradizionali temi per cui si parla di Israele all’estero – ma case a prezzi abbordabili e maggiori occasioni di lavoro stabile. Quella stagione di protesta si è forse esaurita, ma la tragedia di Bar No’ar e i racconti provenienti da Pardes Katz mostrano come, al contrario, i problemi che l’hanno causata non si sono esauriti affatto.
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