
Quella di Rustum Ghazaleh è una storia da romanzo di spie. E sarebbe la trama ideale per un bestseller, se sullo sfondo non ci fosse un conflitto civile che ha fatto oltre 200 mila morti e distrutto le fondamenta di un intero paese. Ma è una storia che è utile raccontare per gettare un po’ di luce all’interno dell’impenetrabile scatola nera che è stata finora il "cerchio magico" del regime presieduto dal dittatore siriano Bashar al-Assad.
Ghazaleh, l’ufficiale sunnita di più alto rango, era un membro storico e di spicco di quel “cerchio magico”, ristretto e misterioso, che ha circondato Assad lungo tutta la sua lunga presidenza e, soprattutto, durante questi quattro anni di conflitto civile. Già al vertice nel 2005, ai tempi in cui la Siria dettava ancora legge in Libano, Ghazaleh comandava i servizi segreti siriani a Beirut. Aveva ottenuto quel comando così prestigioso succedendo nel 2002 a Ghazi Kaanan, uomo forte del regime a Beirut durante il lungo regno del padre di Bashar, Hafez Assad. Il reimpasto di cariche nei servizi segreti e nell’esercito in Libano, operato da Bashar dopo essere giunto al potere nel 2000, aveva modificato sensibilmente gli equilibri interni del piccolo paese che in quel periodo era diventato un protettorato di fatto della Siria. Le tensioni politiche andarono crescendo fino al 2005, quando il Primo Ministro libanese Rafiq Hariri venne fatto saltare in aria in pieno lungomare di Beirut. Lo sdegno popolare portò migliaia di persone in piazza per giorni, fino a quando i siriani non furono costretti a ritirarsi. Le Nazioni Unite, appoggiate da tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza – compresa la Russia, storico alleato di Damasco – istituirono un Tribunale Speciale per il Libano perché indagasse sull’accaduto e stabilisse i colpevoli per uno dei più gravi – e spettacolari – delitti politici della storia recente della regione.
Ghazaleh comparve di fronte al tribunale poco dopo la sua fondazione, quando i giudici tentavano di stabilire le responsabilità del regime siriano che, secondo ogni osservatore internazionale e l’opinione pubblica in Libano, non poteva non sapere. Anche Kannan, il suo ex capo a Beirut, avrebbe dovuto comparire. Ma nell’ottobre del 2005 venne trovato morto suicida (Saad Hairiri, il figlio di Rafiq, dira’ “si è suicidato con cinque colpi di pistola”) nella sua abitazione di Damasco. La testimonianza di Ghazaleh venne trovata poco credibile – “pare colpevole come la morte” dirà di lui un funzionario del Tribunale – ma la pista siriana venne momentaneamente accantonata dai giudici, impegnati a seguire la pista che portava a Hezbollah e ad alcuni suoi membri sospettati di essere gli esecutori materiali dell'attentato.
Nel frattempo nel 2011 inizia gradualmente il conflitto siriano. Ghazaleh, tornato dal Libano, era stato nominato capo del Direttorato dell’Intelligence Militare per la regione di Damasco. Fu lui a essere spedito a trattare con i capi della comunità di Daraa, la città da dov’era cominciata la rivolta siriana. La trattativa era però finita con un nulla di fatto e ciò lasciò spazio alla dura repressione dell’esercito. Le sorti di Ghazaleh cambiarono radicalmente nel 2012 quando un attentato tolse di mezzo in un colpo solo alcuni tra i vertici più importanti del regime, compreso il Capo di Stato Maggiore e il cognato di Assad. Il reimpasto che ne seguì portò Ghazaleh al vertice della Polizia Politica (Direttorato per la Sicurezza Politica) del regime.
Tuttavia, nonostante la promozione, la sua posizione era tutt’altro che salda. In quei mesi la sua regione di origine, Qafra, era stata conquistata dai ribelli che molte delle tribù sunnite del luogo avevano accolto come liberatori. Ghazaleh nel dicembre 2014 arrivò a far saltare in aria la sua casa di Qafra, ufficialmente perchè non fosse saccheggiata dal nemico, e ufficiosamente, dicono le voci che corrono a Damasco, perchè rischiava di essere utilizzata come base per le operazioni di controffensiva di Hezbollah e delle milizie sciite irachene, sotto il controllo di Teheran.
Ghazaleh in quel momento era infatti l’ultimo sunnita nel “cerchio magico” che dal 2012 ha continuato “sciizzarsi” progressivamente. Forse si era reso conto conto che la crescente e progressivamente egemonica influenza di Teheran su Assad e sulla gestione della guerra stava distruggendo ogni speranza del regime di riconquistare almeno una parte della maggioranza sunnita del paese.
Le tensioni crescono fino a un giorno non precisato di marzo, quando Ghazaleh si presenta nell’ufficio di Rafiq Shehadeh, leader del Direttorato dell'Intelligence Militare. Il motivo esatto della diatriba non si conosce. Le voci più credibili parlano di una frattura insanabile sul ruolo delle milizie sciite inviate da Tehran. Ma non mancano voci riguardanti divergenze sulla gestione del contrabbando illegale in cui i due uomini sarebbero stati entrambi invischiati. Si sa soltanto che Ghazaleh uscirà dall’edificio in fin di vita e che morirà un mese dopo per le ferite riportate.
Un’altra versione sulle motivazioni del suo omicidio, non priva di fondamento, riguarda la convocazione di Ghazaleh a testimoniare nuovamente di fronte al Tribunale delle Nazioni Unite. Il regime temeva forse che avrebbe potuto infine parlare del coinvolgimento siriano viste la sua attuale disaffezione per le politiche di Assad? Difficile dirlo. Di certo c’è che l’emergere del ruolo della Siria nell’uccisione di Hariri avrebbe costretto la Russia, che del Tribunale è uno degli sponsor principali, a prendere almeno a livello mediatico una posizione critica rispetto al regime. A sostenere questa ipotesi c’è soprattutto una dichiarazione di Saad Hariri, oggi leader del partito libanese Mustaqbal (futuro) che avrebbe detto di aver ricevuto una telefonata da Ghazaleh poco prima che venisse aggredito in cui diceva di voler apparire di fronte alla televisione libanese per leggere una propria dichiarazione (a molti non è sfuggito il parallelo con Kanaan che nel 2005 parlò con una radio libanese poco prima di “suicidarsi”).
Di fatto oggi sappiamo che Ghazali è morto senza poter rilasciare alcuna dichiarazione. Il funerale si è tenuto nella centralissima Baghdad Street di Damasco, ma senza la presenza di alte cariche dello stato. Shehadeh, secondo molti responsabile della sua morte, è stato destituito dal comando dell’intelligence dell’esercito. Era dal 2012 che scricchiolii così forti non giungevano dalle fondamenta stesse del regime siriano. Ma quella volta furono il risultato di una esplosione innescata da un attentatore kamikaze. Oggi non è nulla di tutto questo. Dopo le sconfitte militari di Idlib e Jisr al-Shughur, anche dentro il “cerchio magico” si allargano le crepe del regime di Bashar al-Assad.
Eugenio Dacrema (@Ibn_Trovarelli)