
Le prime immagini del wanna-be jihadista italiano dalle decine di foglietti minacciosi sono state caricate il 19 aprile sul suo account Twitter, inizialmente chiamato The_Islamic_State_in_Rom (@frances48940676, ora rinato in @Sun234451xx). Sarebbero passate per lo più inosservate se SITE, portale leader nel monitoraggio della propaganda jihadista mondiale, e la sua fondatrice Rita Katz non le avessero riproposte ieri sera, avviando di fatto la macchina giornalistica italiana. E così, sulla scia dei recenti arresti in Sardegnae a solo tre giorni dall’apertura di EXPO Milano, l’ingigantimento mediatico ha reso il caso una minaccia ben più grave di quanto realmente non sembri essere.
Pro#IS users circulating threatening pics allegedly from inside #Italy #Rome; claim to be “waiting for the zero hour” pic.twitter.com/RSx5auBXkV
— Rita Katz (@Rita_Katz) 27 Aprile 2015
Il materiale che è stato riversato in rete, per l’appunto, non è proprio tutta farina del sacco del nostro jihadista. Omar Moktar (così si firma il ragazzo), infatti, non ha nemmeno fatto lo sforzo di recarsi a Roma in prima persona. La foto del Colosseo da lui condivisa e ripresa oggi dai giornali è piuttosto vecchia: la sua prima comparsa risale a giugno dell’anno scorso, ed è possibile vederla in questo articolo del Daily Mail.
Lo stesso si può dire delle due immagini seguenti: Omar (o forse Francesco, visto il suo ID Twitter) è sì quello in alto, ma non di certo quello in basso, come vorrebbe far pensare l’accostamento. La foto sulla destra è infatti quella di un mujahedin belga recentemente morto in Siria, come questo articolo dimostra.
Ancora, il ragazzo non dimostra una grande padronanza né della lingua araba né del Corano.
Sbagliare la scrittura della basmala, seppure non sia grammaticalmente imperdonabile, è molto significativo dal punto di vista dottrinale. Nella foto di seguito si nota facilmente una alif (la nostra lettera a) di troppo sulla parola rahman, mai presente invece nella scrittura coranica.
Inoltre, Omar mostra apertamente il desiderio di unirsi allo Stato Islamico, quest’estate, in Tunisia (foto sopra). Una breve analisi degli account da lui seguiti sembra confermare il volere del ragazzo. Eppure, non siamo così convinti che abbia le idee tanto chiare. La seguente immagine che ha condiviso (in alto), infatti, appartiene a Katiba Uqba ibn Nafi, espressione di al-Qa’ida nel Maghreb Islamico, che l’aveva caricata solo due giorni prima sul suo account Twitter ufficiale (in basso).
Non finisce qui: Omar non si è fatto mancare la localizzazione geografica. Il wanna-be jihadist ha fotografato le tappe del suo viaggio a Milano, fornendo una probabile indicazione della sua base, che sembra essere nel bergamasco a giudicare dal percorso di andata (a sinistra) e ritorno (a destra).
PT Probabile che il tizio abiti nel bergamasco, ricostruendo la strada della sua gita andata e ritorno a Milano. pic.twitter.com/fQzIhAesdO
— Marco Arnaboldi (@marco_arnaboldi) 25 Aprile 2015
In sintesi, possiamo dare per assodato che non vi siano lucidi e gelidi piani dietro al modus operandi del nostro jihadista in erba. È comunque possibile tirare qualche conclusione da questa storia. In primo luogo, è necessario chiedersi quanto un comportamento irresponsabile e squilibrato possa realmente rispecchiare le intenzioni di un personaggio con pulsioni violente, seppur non presenti freddi e calcolati disegni operazionali. Il pensiero si rivolge subito a eventuali atti autonomi di una scheggia impazzita, o di un lupo solitario (e proprio illupo è il nome che si è successivamente dato su Twitter, in arabo al-dhi’b). Secondariamente, è il caso di prendere atto della facilità con cui un individuo in cerca di fama può ottenere i suoi cinque minuti di gloria, tramite una decina di foto sui social e lo sfruttamento della tecnica dell’hashtaghijacking. Da ultimo, seppure il caso in questione non sembri particolarmente minaccioso, esso è indice di una scena islamista autoctona in aumento, che ha ormai assimilato i processi propagandistici dei maggiori network jihadisti. Per rendersene conto basta gettare uno sguardo a quest’altro account (@bk2Rome1436), il cui nome “Wilaya Roma” vorrebbe rappresentare l’incarnazione capitolina del sistema provinciale dello Stato Islamico.
Una scena, quella dei simpatizzanti nostrani del sedicente califfato, che rasenta il grottesco e che farebbe sorridere se non fosse per il rischio sempre presente di qualche azione folle di un cosiddetto lupo solitario. Ma che dimostra nonostante tutto di saper sfruttare a pieno i nervi scoperti del giornalismo nostrano e, in generale, dell’opinione pubblica in preda alla paura. Una paura che ormai impedisce di problematizzare e approfondire un mondo, quello del cosiddetto jihadismo, che appare misterioso, oscuro e feroce. Una percezione che chiunque può utilizzare per i propri scopi e trasformare così anche un selfie con un volantino in una ondata di panico collettivo.
Marco Arnaboldi (@marco_arnaboldi)