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Vertigo

Inviato da ISPI il Mar, 14/01/2014 - 09:56
Chiara Comito ci parla del primo thriller arabo diventato un successo internazionale
14 gennaio 2014
Lo scrittore egiziano Ahmed Mourad

Vertigo è uscito nell’edizione italiana nel 2012, mentre in Egitto era uscito già nel 2007. Ancora oggi va spesso in ristampa e quando lo si cerca in una libreria del centro di Milano (chi scrive parla per esperienza personale) ci si sente spesso dire che lo devono ordinare un’altra volta. Il motivo è molto semplice: è un bel libro, un bel thriller, con una trama complessa e personaggi divertenti e ben strutturati. Inoltre, per chi ha qualche base di letteratura araba, colpisce il fatto che, una volta letto, non ti venga da dire qualcosa come “proprio un libro arabo”, come poteva capitare in passato coi libri di Naguib Mahfouz o Alaa al-Aswani. Le opere di questi ultimi erano belle e affascinanti proprio in quanto arabe o, più precisamente, egiziane. Vertigo è invece prima di tutto un bel libro giallo a cui l’ambientazione araba attribuisce carattere e profondità, ma non il suo valore intrinseco.

Per capire se Vertigo e il suo autore Ahmed Mourad sono un’eccezione o la front-line di una nuova generazione di scrittori arabi ed egiziani ho parlato con Chiara Comito, arabista ed esperta di letteratura araba, nonché fondatrice del popolare blog Editoria Araba.

Questo romanzo, nel suo genere thriller, è molto in controtendenza rispetto alla letteratura araba tradizionale, ed egiziana soprattutto. Secondo te è unico nel suo genere o si è aperto un vero filone?

Cominciamo con il dire che Vertigo non è il primo thriller a essere stato pubblicato nel mondo arabo. È vero che la letteratura araba non ha una lunga tradizione nel genere poliziesco/thriller ma è vero anche che non ne è del tutto sprovvista, anche se va detto che un numero di scrittori e accademici non lo ha mai considerato un genere “nobile” e questo ha in parte inibito il suo sviluppo.

D'altra parte la pubblicazione di Vertigo nel decennio precedente si inserisce in un filone della letteratura egiziana contemporanea inaugurato dal successo internazionale di Palazzo Yacoubian, di Alaa al-Aswani (inizialmente pubblicato in Egitto nel 2002 dalla casa editrice Dar Merit, che è un po' la “casa” per le avanguardie letterarie egiziane) che ha convogliato l'attenzione su una produzione letteraria egiziana fino a quel momento poco conosciuta, tra cui ritroviamo anche nomi già noti in Italia: Youssef Ziedan con il suo avvincente romanzo storico Azazel (tradotto in italiano da Neri Pozza), Taxi di Khaled al-Khamissi (tradotto in italiano da Il Sirente), che raccoglie in forma scritta gli incontri che l'autore ha avuto con i tassisti della sua città e che svelano una città insofferente e disillusa o Utopia, di Ahmed Khaled Towfik (pubblicato da Dar Merit nel 2009, tradotto in inglese ma inedito in italiano), una distopia ambientata nell'Egitto del 2023, e infine Essere Abbas al-Abd, di Ahmed al-Aidy (Dar Merit 2006, tradotto da Il Saggiatore). Tutti hanno avuto un buon successo di pubblico in Egitto (anche se non quanto Palazzo Yacoubian), sono stati tradotti in inglese e pubblicati nel mercato anglofono poco dopo la caduta di Mubarak, il che ha contribuito a renderli noti a un pubblico più ampio e soprattutto affamato di libri che parlassero di Egitto.

Ciò che contraddistingue Vertigo e il suo autore, a mio avviso, è anche il modo in cui il libro è stato comunicato al pubblico: Ahmed Mourad è un fotografo di professione e cura particolarmente l'aspetto del packaging e del marketing dei suoi libri. Le copertine, il lettering, il modo di promuovere i romanzi tramite i booktrailer che pubblica su Youtube, o gli aggiornamenti continui sulla sua pagina Facebook, sono radicalmente innovativi rispetto al modo in cui i romanzi arabi venivano pubblicizzati in passato.

Infine, di certo Vertigo è stata una sorpresa per il pubblico italiano, poco abituato a leggere la letteratura araba e convinto che nel mondo arabo si scrivano e si pubblichino solo determinati tipo di romanzi storico-politici. Recensioni del libro sono apparse in molti siti web, giornali e blog letterari non specializzati in questioni legate al mondo arabo, e ciò è dovuto anche al fatto che il romanzo è stato pubblicato da una grande casa editrice, come è Marsilio, e soprattutto all'interno di una collana dedicata al romanzo giallo internazionale. Dunque è stato apprezzato e letto in quanto romanzo per se, non solo in quanto romanzo arabo! Spero che ciò spinga altri editori italiani a ricercare filoni ancora inesplorati della letteratura araba.

L’arrivo del genere thriller nella letteratura araba secondo te è sintomo di qualche cambiamento culturale all’interno della società? Quale?

Ti rispondo citando Richard Jacquemond, accademico francese e traduttore, il quale a proposito della scarsità di polizieschi in arabo ha scritto: “Il ruolo della detective novel è quello di svelare i lati più oscuri dell'animo umano e gli aspetti più oscuri di una data società. Forse per questo motivo (oltre al fatto che l'establishment letterario guardava questi romanzi un po' dall'alto in basso) questo genere è rimasto così marginale nella produzione letteraria egiziana, dove molti soggetti appartengono ancora al regno dell'indicibile”.  Nel decennio precedente alla rivoluzione del 25 gennaio 2011 la società egiziana aveva sperimentato da una parte una parziale liberalizzazione politica, e dall'altra un riacutizzarsi delle tensioni sociali, che hanno creato il sostrato su cui si è impiantato il seme della prima rivolta. Gli scrittori egiziani avevano avvertito questo fermento politico e sociale e prima di tanti analisti e politici (anche e soprattutto occidentali) lo avevano analizzato, interpretato e messo su carta. Il muro dell'indicibile stava per essere definitivamente abbattuto e qualcuno, come gli scrittori che ho citato prima, lo aveva capito prima di altri.

Questo romanzo, uscito in Egitto nel 2007 è da molti considerato precursore di ciò che è avvenuto qualche anno dopo. Sei d’accordo? In che modo secondo te?

L' etichetta di “libro precursore” non è toccata solo a Vertigo ma anche a Metro, fumetto dell'egiziano Magdy el-Shafee uscito nel 2010, e Taxi, che ho citato prima, pubblicato nel 2007, e solo per parlare dell'Egitto. Questi lavori, che dal punto di vista narrativo e stilistico sono diversissimi, sono accomunati da un'analisi molto puntuale della società, delle speranze e delle disillusioni degli egiziani e dalla denuncia dei vizi del regime. I protagonisti di Metro e Vertigo sono dei giovani laureati che tentano di sbarcare il lunario in un paese soffocante che non offre sbocchi né prospettive alle giovani generazioni e che anzi le ostacola in ogni modo. E sappiamo che il ruolo dei giovani è stato fondamentale nelle rivolte arabe.

Molti romanzi pubblicati in Egitto, Tunisia, Libia o Siria prima del 2011, che denunciavano le violenze dei regimi, le torture, la clausura delle società e l'oppressione politica, mostrano come questi temi erano ben presenti nelle società arabe e stavano solo aspettando il momento di uscire allo scoperto. La critica e i media occidentali, sempre alla ricerca di facili formule di marketing per “vendere” meglio al pubblico occidentale quanto proviene dal mondo arabo, poi li hanno etichettati come “profetici” o “premonitori” mentre questi autori si stavano semplicemente rendendo interpreti dei fermenti che ribollivano da anni nei loro paesi.

 

Ibn_Trovarelli

 

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Tags: 
Egitto
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