Nel XIX secolo, parallelamente alla repentina sfortuna economica della famiglia Clerici, il Palazzo venne suddiviso in appartamenti da affittare e si trasformò in un bene economico da cui ricavare un reddito, fino alla sua cessione nel 1812 allo Stato che ne fece la sede del Tribunale. Questa destinazione comportò l'avvio di continue opere di adattamento che portarono non solo all'alterazione della distribuzione degli spazi interni ma anche alla costruzione nei cortili (ad eccezione della corte d'onore) di nuovi corpi di fabbrica. Fu solo a partire dal 1940, con l'insediamento in Palazzo Clerici dell'Ispi, che fu avviata una lunga serie di lavori di restauro, inizialmente a cura dall'ingegnere Giuseppe Dotto (1940-1943, 1954) e nel dopoguera su progetto dell'architetto Fulvio Nardis (1968-1980).
Gli interventi condotti da Giuseppe Dotto utilizzarono disinvoltamente diverse teorie del restauro, in relazione anche alla specificità dei singoli ambienti. Fu ad esempio un restauro "di liberazione" quello teso a recuperare la spazialità originale degli ambienti settecenteschi attraverso la demolizione dei corpi edificati nei cortili secondari e l'eliminazione dei tavolati divisori in alcune sale; "d'invenzione", poi, quello relativo alla ricostruzione in stile di rivestimenti e arredi fissi - come la saletta cinese - secondo un metodo finalizzato a riproporre il gusto di un'epoca; "analogico", infine, quello tendente a ricreare, magari attraverso l'uso semplificato di stilemi antichi, una continuità formale con le preesistenze nella ricostruzione della corte delle scuderie e del portico della corte Rustica o nella costruzione di un nuovo scalone in posizione quasi simmetrica rispetto allo scalone d'onore.
I più recenti interventi, realizzati da Fulvio Nardis, affiancano alla sistematica e dissennata sostituzione dei materiali (intonaci di facciata, pavimenti in parquet, soffitti in incannucciato, solai lignei, ecc..) la pratica del restauro analogico - come ad esempio nel caso del restauro del salone d'onore - nello strenuo e vano tentativo di riportare l'edificio allo splendore settecentesco dei tempi di Antonio Giorgio Clerici. Proprio al progetto di quest'ultimo si deve - nelle linee essenziali - l'attuale configurazione dell'edificio.
Oggi Palazzo Clerici sta vivendo un'intensa stagione di restauri, ancora grazie agli sforzi dell'Ispi, che ha saputo anche raccogliere in alcuni casi il sostegno di aziende e istituti particolarmente attenti alla valorizzazione del patrimonio storico e artistico milanese. Ne sono derivati importanti progetti conservativi, volti sia al restauro degli affreschi e delle decorazioni delle sale di rappresentanza, sia al recupero di aree in condizioni strutturali particolarmente critiche. Tra questi vanno evidenziati:
- la risistemazione del Salone del Tiepolo, della sala affrescata dal Borroni e del boudoir di Maria Teresa d’Austria (è attualmente in corso anche la sistemazione delle stanze che furono utilizzate dall’imperatrice nei suoi soggiorni a Palazzo Clerici, affrescate dal Bortoloni);
- il restauro del cortile d’onore (inclusi i portici prospicienti) e del cortile segreto;
- il risanamento del giardino;
- l’ampliamento della zona didattica al piano terra, con la creazione di 7 nuove aule;
- il recupero degli uffici al secondo piano e l’adeguamento degli uffici al piano nobile;
- la parziale sistemazione del tetto e il rifacimento di diversi impianti.