Chi è Margrethe Vestager, Commissaria europea alla concorrenza

Sferruzzare a maglia elefantini di lana. Chissà se qualcuno tra i “guru” della Silicon Valley avrà pensato potesse essere questo il passatempo della donna che più di tutti, negli ultimi anni, ha dato filo da torcere ai giganti dell’economia digitale: la Commissaria europea alla concorrenza Margrethe Vestager. Del resto, non ha mai avuto l’aspetto dell’“eurocrate” ingessato la danese, da poco riconfermata a capo della direzione della Commissione europea che si occupa di combattere monopoli e aiuti di stato. Promossa Vice Presidente Esecutivo responsabile di creare un’economia europea “adatta all’era digitale”, nel suo secondo mandato Vestager dovrà riuscire a difendere i consumatori senza soffocare lo sviluppo dell’economia digitale dell’UE, dimostrando anche che le sue “maxi multe” contro i giganti digitali possono avere un impatto reale sul loro modello di business.
Figlia di due pastori luterani, Margrethe si avvicina alla politica molto presto: ha solo 20 anni quando si candida per la prima volta per il Folketing, il parlamento della Danimarca, tra le fila della Sinistra Radicale (a dispetto del nome, un partito liberale, pro-mercato e progressista; il bisnonno di Vestager ne era stato tra i fondatori). Passeranno però più di dieci anni perché Margrethe venga finalmente eletta, nel 2001, a 33 anni. Nel frattempo si è laureata in Economia a Copenaghen ed è entrata nella dirigenza del partito.
Da deputata e poi leader del partito, Vestager contribuisce a ridefinire l’immagine della Sinistra Radicale, trasformandolo nel partito dell’elettorato delle élites cittadine: è il partito “RadiCool” o “Caffè Latte Party”, come lo motteggiano i critici, ma con Vestager la formazione progressista diventa una forza politica centrale nel parlamento danese. Partecipando ai governi di coalizione guidati dalla socialdemocratica Helle Thorning-Schmidt, Vestager ottiene per sé e il partito posizioni importanti nell’esecutivo. Come ministra dell’economia e degli affari interni tra il 2011 e il 2014, gli anni seguenti la crisi economica, Vestager porta avanti una radicale risistemazione del sistema di welfare e assistenza alla disoccupazione, in un paese che ha fatto delle proprie politiche sociali un’eccellenza mondiale. Ne emerge l’immagine di una politica determinata e senza paura dello scontro, una figura a cui l’opinione pubblica attribuisce talvolta persino più influenza della stessa prima ministra. Al contempo, Vestager non nasconde al pubblico i lati personali e familiari della sua vita quotidiana: la ministra che va al lavoro in bicicletta e cresce tre figlie mentre costruisce una brillante carriera politica è un boccone troppo ghiotto perché i media lo ignorino e qualcuno ipotizza persino che la protagonista di “Borgen”, una serie tv danese che racconta la vita di una donna che cerca di coniugare politica e famiglia, sia ispirata proprio a lei.
Il secondo capitolo nella storia politica di Vestager inizia nel 2014, quando la nuova Commissione europea di Jean-Claude Juncker si insedia a Bruxelles. Vestager è stata proposta dal suo governo come Commissaria alla competizione, una delle poche aree su cui la Commissione ha il potere di emettere decisioni legalmente vincolanti senza bisogno dell’approvazione delle altre istituzioni europee. Un’arma che altri Commissari possono solo sognare, ma che Vestager sfrutta senza esitazioni: sotto la sua guida, la Direzione generale per la competizione (DG COMP) si lascia alle spalle il periodo dei negoziati a porte chiuse del precedente Commissario, lo spagnolo Joaquín Almunia, e si lancia alla carica contro alcune delle più grandi multinazionali del mondo.
Nel giro di cinque anni, Vestager apre indagini contro Google, Amazon, Fiat, Gazprom, Qualcomm, Starbucks, AB Inbev, Mastercard e altri. Il CEO di Apple, Tim Cook, è uno dei pochi a tentare il negoziato e nel 2016 vola a Bruxelles dalla Commissaria danese per provare a spiegarle che i profitti di Apple sono generati negli USA e non in Irlanda, dove il governo ha concesso a Apple di pagare solo lo 0,005% di tasse sui suoi ricavati. Niente da fare: sette mesi dopo la Commissione europea ordina a Apple di restituire all’Irlanda €13 miliardi di tasse non pagate, la più grande multa per illecito fiscale mai imposta nella storia. È la prima di una serie di altre sanzioni miliardarie che colpiscono aziende europee e non, accusate di abusare di posizioni di mercato dominanti o di aver ricevuto aiuti di stato. Sull’altra sponda dell’Atlantico, Washington è furente: se per il presidente Barack Obama la DG COMP fa gli interessi delle imprese europee, il suo successore Donald Trump bolla Vestager come la “tax lady” europea, che “odia gli Stati Uniti forse più di chiunque altro”. Lei però risponde che tutte le sue decisioni sono state prese a tutela degli interessi dei consumatori e dei cittadini europei.
Oggi, dopo essere stata candidata dai partiti liberali alla presidenza della Commissione per le elezioni europee del 2019, Vestager si prepara a continuare il suo lavoro nella squadra di Ursula von der Leyen, ma stavolta con poteri e responsabilità ancora più ampi. La danese, infatti, dovrà non soltanto continuare a sorvegliare il comportamento dei giganti digitali da cui dipende larga parte dei beni e servizi di cui facciamo uso ogni giorno; Vestager dovrà anche guidare il settore tecnologico europeo verso uno sviluppo che permetta di recuperare il distacco che separa l’Europa da Stati Uniti e Cina, in una corsa alla supremazia tecnologica che assume sempre più anche valore geopolitico.
A cura di Fabio Parola