Pubblicato su ISPI (https://www.ispionline.it)

Home > Europa tra Cina e USA: tempo di scelte?

Europa tra Cina e USA: tempo di scelte?

Martedì, 26 maggio, 2020 - 18:00

Secondo l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue Josep Borrell “potremmo essere alla fine di un mondo a guida Usa”, e avverte: “crescono le pressioni per decidere da che parte stare”.

 

“In 12 anni abbiamo attraversato una crisi finanziaria, una crisi dell’euro – conseguenza della prima – e una crisi migratoria. Tre crisi in 12 anni sono troppe per un’Unione fragile. Ma quella davanti alla quale ci troviamo ora è perfino più grande, ed è una sfida esistenziale”. Così l’Alto rappresentante per la politica estera europea Josep Borrell in collegamento da palazzo Berlaymont ha esordito alla Conferenza annuale degli ambasciatori tedeschi. Il tono del discorso è quello delle grandi occasioni, e in alcuni punti raggiunge accenti drammatici: “Forse dovremmo guardare al Covid come a un grande acceleratore della storia” prosegue Borrell: “Gli analisti hanno parlato a lungo della fine di un sistema a guida americana e dell'arrivo di un secolo asiatico. Questo sta accadendo davanti ai nostri occhi e la pandemia potrà essere ricordata come il punto di svolta in questo processo”. Dando voce a una sensazione diffusa negli ambienti politici e diplomatici del continente, l’Alto rappresentante ha sottolineato che nello scontro tra Stati Uniti e Cina, che il ministro degli esteri di Pechino ha già definito una “nuova Guerra Fredda”, sull’Europa “crescono le pressioni per decidere da che parte stare”. Come Unione Europea, avverte “dovremmo seguire i nostri interessi e valori ed evitare di essere strumentalizzati dall’uno o dall’altro”. Una rottura tra Cina e Stati Uniti non sarà inevitabile, insomma, ma neanche se ne può scartare la possibilità. E se rottura sarà non sarà pacifica, né tantomeno concordata: è in gioco la titolarità geopolitica del prossimo secolo. E l’Europa deve dotarsi di una strategia per evitare di rimanere schiacciata.

 

Cina: partner privilegiato?

L’attuale equilibrio su cui si basano le relazioni sino-europee ha una data di inizio precisa che coincide con la crisi finanziaria del 2007-2008. “In fondo – sottolinea Patrick Wintour in un lungo articolo sul Guardian – Pechino aveva aiutato la ripresa economica del continente, acquistando debito e attività sull’orlo del fallimento a causa della crisi”. Mentre dal punto di vista politico, qualche anno dopo, “non si unì alla campagna della Russia entrando a far parte del coro per la Brexit di Nigel Farage ed evitò di esprimere formale sostegno a Mosca sulla crisi ucraina”. La Cina ha continuato a corteggiare l’Europa con i progetti di quella che sarebbe poi diventata la Belt and Road Initiative (Bri), mentre la fermezza dell’Europa nei confronti del gigante asiatico “sarebbe stata frustrata dalla repulsione crescente per i modi di Donald Trump – continua Wintour – e dal timore diffuso in Europa che se avesse chiuso la porta a Pechino, il suo partner principale avrebbe dovuto essere Trump”.

 

…o rivale sistemico?

Il vento nelle relazioni dei 27 con il gigante asiatico, è cambiato nel 2019 e precisamente il 12 marzo. Delusa dal mancato accesso al mercato interno cinese, frenato anche da un’economia in rallentamento, e allarmata dall’aggressività del nazionalismo impresso dal presidente Xi Jinping, la Commissione Europea diffuse un rapporto in cui definiva la Cina “un rivale sistemico che propone modelli di governance alternativi”. Da anni, ormai la Cina è stabilmente il secondo partner commerciale dell’Unione europea, dopo gli Stati Uniti. Ma i rapporti economici sono segnati da un rosso costante per Bruxelles. Quella che in molti considerano una mancanza di reciprocità nei vantaggi economici bilaterali è stata sintetizzata da Margrethe Vestager, commissario Ue per la concorrenza, in una battuta fulminante: nella parte della Danimarca occidentale in cui sono cresciuta – ha raccontato – ci hanno insegnato che se inviti un ospite a cena e quello non ti invita a sua volta, allora smetti di invitarlo”.

Tra agosto e novembre 2019, con l’aumentare delle tensioni politiche a Hong Kong, in diversi paesi europei si sollevavano interrogativi sull’opportunità di stringere accordi commerciali con un paese che reprimeva il dissenso politico. Nel suo discorso al Consiglio europeo di marzo, il presidente francese Emmanuel Macron affermava che “l’epoca dell’ingenuità europea nei confronti della Cina è finita”. In riferimento a quanto stabilito dal rapporto della Commissione, Macron sottolineava che “Questo risveglio era necessario” perché “da diversi anni abbiamo un approccio in ordine sparso e la Cina sfruttava le nostre divisioni”.

 

L’eccezione italiana?

Poche settimana fa, lo stesso Josep Borrell è finito al centro di una querelle internazionale, causata da un’inchiesta del New York Times che accusava la Commissione di aver “ammorbidito” un rapporto sulla disinformazione relativa al Covid-19 in seguito alle pressioni del governo cinese. E in un articolo pubblicato questo mese su diversi giornali europei, Borrell ha sollecitato i 27 a una maggiore disciplina collettiva nei confronti della Cina. Un riferimento a paesi come l’Italia, che ha firmato un memorandum d’intesa sulla Belt and road Initiative (Bri), divenendo così il primo paese del G7 ad appoggiare l’iniziativa, promuovendo la realizzazione di opere infrastrutturali per includere i porti di Trieste e Genova nelle nuove rotte del commercio internazionale. Un’intesa che oggi, alla luce delle ennesime repressioni sui movimenti di protesta a Hong Kong da parte di Pechino e sulle ombre relative alla mancanza di trasparenza sulle prime settimane della pandemia in Cina, sollevano non poche inquietudini.

La risposta che il mondo diede alla crisi finanziaria del 2008 vide schierati sullo stesso fronte Stati Uniti e Cina. Oggi, il virus è solo l’ultimo motivo scatenante dello scontro tra Washington e Pechino mentre dal punto di vista internazionale la postura delle due superpotenze non potrebbe essere più diversa: all’assenza di leadership americana decretata dall’America First di Trump, si contrappone l’aggressività sfidante di Pechino. Se la Ue è chiamata a fare scelte decisive e tempestive, il rischio è restare intrappolati nel mezzo.

 

Il commento

di Paolo Magri, Direttore ISPI

“La ‘scelta’ fra Cina e Stati Uniti, in un mondo normale, non avrebbe alcun senso: per legami culturali, visione politica, rapporti economici e di sicurezza l’Europa ha da decenni una collocazione chiara e precisa. Quelli che viviamo non sono però tempi normali e i venti da guerra fredda potrebbero obbligare a qualche scelta di parte. Pessima notizia per un’Europa già alle prese con molte altre decisioni difficili: il condominio europeo, per sua natura, non ama le scelte nette in politica estera e quando si trova obbligato a farle... in genere si divide!”

 

***

 

A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications)


URL Sorgente (modified on 24/06/2021 - 20:19): https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/europa-tra-cina-e-usa-tempo-di-scelte-26315