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Hiroshima e Nagasaki 1945-2020: il ritorno del nucleare e il dovere della memoria

Giovedì, 6 Agosto, 2020 - 09:45
Il 75° anniversario

Gli anniversari del primo impiego dell’arma atomica a Hiroshima il 6 agosto del 1945 rischiano di cadere nell’oblio. I sopravvissuti alla tragedia (hibakusha) si contano ormai sulle dita delle mani e il clima internazionale attuale è meno propizio a siffatte commemorazioni. Quella che ebbe luogo nel 2015 per marcare il 70mo anniversario fu deludente e passò quasi inosservata. Maggiore eco ebbe l’anno successivo la storica visita del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama nella città giapponese, la prima di un presidente americano, e il discorso magistrale che egli pronunciò in tale occasione. È poco probabile che il suo successore segua il suo esempio.

Furono oltre 100mila le vittime che persero la vita a Hiroshima e molti di più i feriti, gli ustionati e gli esposti alle radiazioni che perirono successivamente. Tre giorni dopo, il 9 agosto, analoga sorte toccò ai cittadini di Nagasaki. Il numero delle vittime fu allora inferiore (circa 80mila) benché l’ordigno fosse più potente: le colline della la città fecero da scudo. Il simbolismo nei due casi può essere intrepretato diversamente: con Hiroshima si ricorda il primo impiego dell’arma atomica, con Nagasaki se ne può evocare l’ultimo impiego. Non sono mancate tuttavia da allora le occasioni in cui l’umanità si è trovata sull’orlo della catastrofe nucleare. Se Hiroshima viene ancora oggi da alcuni giustificata per aver accelerato la capitolazione del Giappone evitando ulteriori massacri, è assai più difficile trovare analoghe giustificazioni per il successivo annientamento di Nagasaki.

Le vittime dell’arma nucleare sono state nella stragrande maggioranza giapponesi ma occorrerebbe aggiungere alla lista gli stranieri soprattutto coreani che si trovavano nelle due città e tutti coloro che nei decenni successivi persero la vita o patirono grandi sofferenze a seguito delle oltre 2000 esplosioni atomiche sperimentali, molte delle quali effettuate nell’atmosfera.

Il rischio di un impiego dell’arma nucleare, lungi dall’attenuarsi, si sta accrescendo. L’“orologio dell’apocalisse” istituito dagli scienziati del Bulletin of Atomic Scientists di Chicago segna oggi una distanza dall’apocalisse analoga a quella dei momenti più tesi della guerra fredda. Tutti i paesi nucleari stanno ammodernando i propri arsenali atomici per renderli più efficienti e più facilmente utilizzabili e si vanno diffondendo le tecnologie per intercettarle e quelle per sfuggire alle intercettazioni: si ritorna insomma alla spirale del riarmo che portò negli anni ottanta allo schieramento di 60.000 testate atomiche, una cifra da capogiro se si pensa che ne basta qualche centinaio per rendere invivibile il nostro pianeta.

Ancora più preoccupante è il fatto che anziché progredire sulla via della stabilità strategica si stanno facendo passi indietro. Coincide proprio con l’anniversario di Hiroshima di quest’anno la formalizzazione definitiva del ritiro degli Stati Uniti dal Trattato INF sulla proibizione delle armi nucleari a raggio intermedio che aveva assicurato 30 anni di stabilità all’Europa. Inoltre Washington non ha esitato a violare l’intesa sul nucleare iraniano del 2015 che allontanava il rischio di un avvicinamento di Teheran all’arma nucleare. La Russia, anch’essa poco propensa ai a vincoli dell’arms control, ha giuoco facile nell’approfittare dei varchi offerti dagli americani per sottrarsi agli impegni presi.

Le lobby che promuovono il controllo e la riduzione degli armamenti non dispongono delle risorse molto superiori di cui si avvalgono le lobby delle armi, e non riescono ad attirare l’interesse del mondo politico. Ciò accade in Italia dove non vi è alcun riferimento al controllo degli armamenti nel ”Contratto di Governo” dell’attuale maggioranza al potere. I nostri parlamentari hanno ignorato recenti le iniziative dell‘ associazione internazionale Parlamentarians for Nuclear Non Proliferation and Disarmament e i sindaci trascurato iniziative analoghe dell’associazione Mayors for Peace guidata dal Sindaco di Hiroshima. Ancora oggi nessuna norma internazionale proibisce espressamente l’impiego dell’arma nucleare contro le città. Le autoproclamazioni da parte di alcuni nostri comuni come “municipi denuclearizzati” lasciano il tempo che trovano.

L’Europa cerca di fare il possibile. Essa si è dotata di una meritevole strategia contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa che risale al 2003 e che meriterebbe di essere aggiornata. Ma sulla riduzione degli controllo degli armamenti nucleari non si riesce a giungere a intese consensuali. Mai l’UE fu più divisa che in occasione della negoziazione, due anni orsono, di un Trattato sulla proibizione delle armi nucleari. Nel 2010 venne costituito un Consorzio Europeo di Think Tank dedicato alla non proliferazione. Solo di recente è stato aggiunto il disarmo tra i compiti di tale Consorzio. Un passo nella giusta direzione che si aggiunge a quanto gli istituti di ricerca, gli scienziati, e in genere la società civile cercano di fare in Europa per ravvivare la coscienza di questi problemi. L’educazione al disarmo nelle scuole, università, accademie militari e diplomatiche costituisce un obiettivo perseguito, almeno sulla carta, non solo dalle Nazioni Unite ma anche da singoli Stati.

Un ruolo particolare spetta alle autorità religiose. In questo campo le chiese cristiane e in particolare quella cattolica hanno un ruolo trainante. Nel 2017 si tenne a Roma, presso il Vaticano, una grande conferenza internazionale dedicata alle prospettive per un mondo privo di armi nucleari cui parteciparono esponenti di varie confessioni. Non tutte si trovarono in prima linea, come la Santa Sede, a favore del disarmo. Risulta essere in programma una prossima visita del Santo Padre in Giappone. Essendosi schierato nettamente a favore del disarmo, egli vorrà sicuramente effettuare una visita alle città martiri e lanciare un forte messaggio a favore del disarmo nucleare.

Hiroshima e Nagasaki devono rimanere, analogamente ai campi di sterminio nazisti, una meta per le scolaresche di tutto il mondo e in genere per civili e militari. Non si tratta di viaggi turistici ma di visite volte a mantenere viva la memoria, la conoscenza e la coscienza di quanto avvenne in passato e di quanto rischia ancora di avvenire in futuro.

 

 

Carlo Trezza è stato Rappresentante Permanente per il Disarmo a Ginevra e Ambasciatore in Corea. Ha presieduto l’Advisory Board del Segretario Generale dell’ONU per il Disarmo a New York ed il Missile Technology Control Regime. È Senior Advisor dello IAI e membro del Consiglio Scientifico della Nato Defense College Foundation.

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Carlo Trezza

Carlo Trezza
Ambasciatore

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