BCE: Se basta un post

Troppi stimoli
Ieri Christine Largarde, governatrice della Banca centrale europea, ha annunciato un ritorno a tassi di interesse positivi entro ottobre. Così, dopo la conclusione degli alleggerimenti quantitativi “pandemici” prevista per giugno, la BCE potrebbe proseguire nel solco di politiche monetarie più attente all’inflazione che alla crescita.
Lagarde ha scelto di fare l’annuncio tra una riunione e l’altra, con un post pubblicato sul sito della BCE. Un post che, grazie alla sua non convenzionalità, è stato un fulmine a ciel sereno anche per i mercati, contribuendo a rafforzare un euro che fino a qualche settimana fa sembrava in caduta libera.
Ma dietro a una indicazione così netta della BCE covano i rischi.
Lagarde come dondolo
In un paio di mesi, la Bce è passata dall'escludere un rialzo dei tassi nel 2022 a prevederne almeno due. E mentre l’euro si apprezza sul dollaro (+2,6% in dieci giorni) viene da chiedersi quanto davvero una moneta più forte possa giovare alle economie europee.
I motivi di preoccupazione per l'Eurozona sono infatti molteplici, e non tutti suggerirebbero un aumento dei tassi. Certo, da un lato c’è l’inflazione più elevata dalla creazione dell’euro (+7,4%, ormai lontanissima dall’obiettivo del 2% della BCE). Ma dall’altro c’è un rallentamento della crescita economica molto netto, con una crescita del PIL rivista al ribasso di 1,6 punti percentuali rispetto a novembre. Una frenata molto superiore a quella dello 0,3% prevista per gli USA.
Tanto che a influenzare le scelte dei vertici di Francoforte c'è chi ipotizza possa esserci dell’altro: la politica sempre più restrittiva della Federal Reserve.
L’amico americano
La volontà di emulare le scelte d’oltreoceano è più forte oggi che in passato. Tra le tante ragioni, ce n’è una molto semplice: il retaggio della crisi dell’euro. Nel 2008-2012 la BCE fu molto più lenta nel seguire la Fed, quella volta in politiche opposte, espansive.
Andando incontro all’accusa di essere ancora una “succursale della Bundesbank”: troppo succube, cioè, dei timori tedeschi di inflazione eccessiva anche di fronte alla realtà di una doppia recessione. Ai tempi della pandemia aveva rischiato di fare lo stesso, salvo poi correggere subito la rotta nelle prime settimane di lockdown.
Adesso, però, si tratta di scegliere tra inflazione e crescita. Questa volta seguire gli USA sarà la scelta migliore?