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Negoziato nucleare iraniano: nel Golfo reazioni diverse ma interessi comuni

Venerdì, 20 marzo, 2015 (Tutto il giorno)

Il negoziato per il raggiungimento di un accordo tra l’Iran e i P5+1 sul controverso programma nucleare di Tehran è senza dubbio oggetto di particolare attenzione nei paesi arabi del Golfo. In seno al Gulf Cooperation Council (GCC), il contributo di ogni Stato membro al mantenimento della stabilità e della sicurezza nella regione resta cruciale, sia pure nel quadro di approcci a volte diversi a livello internazionale, come in riferimento al possibile accordo sul nucleare iraniano: una sostanziale convergenza di vedute dei vertici sul fatto che l’Iran ne uscirebbe rafforzato sul piano regionale si accompagna a reazioni e a toni diversi.

In Oman, la consueta strategia dell’Omanibalancing[1] si ripropone nel quadro di un’ardua ricerca di delicati equilibri nell’area, e decisa appare la volontà politica di mantenere aperto un canale di confronto e cooperazione con Tehran. E’ una linea rimasta invariata nel corso degli anni, cui sembra avvicinarsi molto anche la posizione del Kuwait. Tendenze di apertura all’insegna del pragmatismo e della flessibilità nei confronti dell’Iran non sono mancate di recente, riproponendo nel contempo la necessità di trovare una soluzione alle problematiche esistenti, attraverso “moderazione e dialogo”. Non sfugge certo nè all’Oman nè al Kuwait che nel Golfo questioni quali l’irrisolta disputa territoriale tra l’Iran e gli EAU sulle due isole Tunb e sull’isola di Abu Musa, così come le ingerenze iraniane denunciate dal Bahrein e dall’Arabia Saudita in affari interni continuano ad avere un peso, accrescendo le incertezze, alla luce altresì del ruolo assunto dall’Iran in Siria, in Iraq e in Yemen.

La prospettiva da cui i paesi arabi del Golfo guardano all’Iran non appare dunque univoca, per quanto influenzata da una serie di interessi condivisi da salvaguardare. La conclusione di un accordo sul nucleare, senza un parallelo e deciso sostegno internazionale ad un più ampio e costruttivo processo di confidence-building tra il GCC nel suo insieme e l’Iran potrebbe infatti compromettere irrimediabilmente la soluzione di situazioni complesse e delicate. Sullo sfondo di tutto ciò non sorprende il fatto che la stampa saudita da giorni stia ponendo l’accento sulle inquietudini sempre più diffuse per il possibile inizio di una corsa agli armamenti nucleari nella regione, senza risparmiare critiche all’Occidente, e a Washington in particolare, ed esprimendo un sospetto crescente di fronte ai più recenti orientamenti di quest’ultimo nei confronti di Tehran[2]

Nella generale consapevolezza che la firma di un accordo non potrà comunque risolvere da solo i problemi della regione, nel GCC spiccano due linee ben esemplificate, da un lato, dalle parole di Yusuf Bin Alawi Bin Abdullah, Ministro degli Esteri dell’Oman, che ha confermato la necessità di assumere un atteggiamento cauto e di distacco rispetto all’andamento del negoziato, e, dall’altro, dalle parole del principe saudita Turki al-Faisal, ex-capo dei servizi segreti del Regno, il quale ha insistito sul rischio di pericolose derive del nucleare iraniano “verso scopi non pacifici”. Tale timore, peraltro, indipendentemente dall’esito di questo negoziato, già da tempo ha contribuito ad una corsa allo sviluppo del nucleare, che pare inarrestabile[3].

Al di là delle diverse sfumature nelle dichiarazioni ufficiali e nei commenti dei media, appare chiaro che la “politica delle porte aperte”[4], quando rivolta all’Iran, non potrà prescindere dalla ricerca costante di un equilibrio tra forze nel Golfo. Un accordo che non tenga conto di questo appare certo più foriero di crescente conflittualità che di stabilizzazione in Medio Oriente.

 

[1]Cfr. Marc J.O. Reilly, Omanibalancing, in «Middle East Journal», Vol. 52, No. 1, Winter 1998.

[2]Si vedano ad esempio Okaz 18/03/2015 e Al-Watan, 18/03/2015.

[3]Asharq Al-Awsat, 11/03/2015. Cfr. Intervista di Turki al-Faisal alla BBC del 16/03/2015.

[4]Espressione usata significativamente dal Ministro degli Esteri del Qatar, Khalid Al Attiyah. The Peninsula, 19/03/15.

 

Elena Maestri è professore aggregato di Storia e istituzioni dei paesi musulmani presso l'Università Cattolica di Milano


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