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Sistema futuro a geometria variabile

Lunedì, 23 maggio, 2022 - 12:30
GOVERNANCE GLOBALE

La deflagrazione del conflitto in Ucraina ha portato a una risposta decisa di una parte della comunità internazionale nei confronti della Russia. Così decisa (e per molti versi coordinata) da risultare, secondo alcuni analisti, addirittura sorprendente. Ma se da un lato questa rinnovata unità di intenti ha rinverdito le considerazioni sull’idem sentire del mondo occidentale, dall’altro appare forse prematuro concludere che l’attuale crisi possa rafforzare il multilateralismo e le sue organizzazioni, alcune delle quali peraltro descritte in crisi (se non praticamente defunte) neanche tre anni fa. 

 

NATO: rilancio da ridimensionare?

Prendiamo ad esempio la NATO. Organizzazione che ha contribuito a estendere i valori della democrazia e a prevenire conflitti in un’area ben più estesa rispetto a quella degli Stati fondatori, l’Alleanza è reduce da un summit virtuale che, secondo alcune analisi, cambierà il futuro delle relazioni transatlantiche. In realtà, il vertice ha semplicemente previsto l’invio di formazioni militari in alcuni Paesi dell’Est Europa. E persino la proposta di ispirarsi a un’ambiguità costruttiva è stata (a) ritenuta troppo ambiziosa e (b) esclusa dal comunicato finale. Risultati apparentemente poco incisivi, dunque. Sia per il presidente Zelensky che, teorico beneficiario di un sostegno più concreto da parte dell’Occidente, non perde occasione di sottolinearne la mancanza di coraggio. Sia per l’UE che, come sostiene l’ex primo ministro francese Manuel Valls, rischia di pagare un prezzo moralmente elevato per questa incertezza.

In proiezione futura, i problemi della NATO dovrebbero rimanere sostanzialmente simili a quelli che l’organizzazione aveva prima dell’intervento russo in Ucraina:

 

·      Se da un lato le probabili adesioni di Svezia e Finlandia rafforzeranno le capacità aeronavali dell’Alleanza, dall’altro la percezione dei rischi e delle misure per mitigarli risulteranno ulteriormente diversificate tra i Paesi membri, distribuiti geograficamente dal Mar Baltico al Mediterraneo. E visto che la NATO decide i suoi interventi in base a criteri di unanimità, rimane da capire se l’efficacia dell’organizzazione esca rafforzata da un ulteriore allargamento. Tra l’altro, al netto del supporto agli USA post attacchi terroristici del 2001, l’Alleanza atlantica non è mai intervenuta in difesa di uno Stato membro, cosa che dimostra il suo potere dissuasivo e, al tempo stesso, le difficoltà che incontra a trovare un consenso interno.

·      Scaturito dalla legittima scelta di sfruttare (a) l’attuale orientamento popolare favorevole all’ingresso nella NATO e (b) le prossime scadenze elettorali, andrebbe sottolineato che tale orientamento rappresenta una forte discontinuità rispetto alla tradizionale posizione in materia dei due popoli scandinavi. C’è quindi la possibilità che tale scelta sia dettata da considerazioni contingenti più che da una reale intensificazione del rischio.

·      Lo stesso trattato dell’Unione Europea (TEU, art. 42.2) prevede che l’Alleanza atlantica possa già intervenire in difesa degli Stati membri dell’UE - quindi anche di Finlandia e Svezia, con le quali peraltro già collabora strettamente. Sul tema, è importante sottolineare che la stessa Russia, tramite il portavoce del Cremlino, ha più volte indicato di non considerare una minaccia il fatto che la NATO possa intervenire in difesa degli Stati membri del blocco europeo.

·      A meno di drastiche variazioni nel finanziamento del suo bilancio, la NATO è e rimarrà una realtà US-centric. E alla luce dell’impatto che la guerra in Ucraina sta avendo sui rating di approvazione presidenziale e sulla politica interna, per Washington sarà sempre più complesso intervenire militarmente in uno scacchiere (quello europeo) oggi apparentemente meno strategico.

Difficile dunque intravedere, nella gestione della crisi odierna, un cambiamento epocale delle strategie transatlantiche. E questo nonostante l’UE abbia recentemente pubblicato le sue linee guida in materia di sicurezza. Come hanno avuto modo di sottolineare autorevoli commentatori, non è la prima volta che l’Europa ricorre alla stesura di un “manifesto” sulla sicurezza comune. Ma questi reiterati tentativi sono forse la miglior testimonianza della scarsa chiarezza in materia di difesa (e di politica estera) per Bruxelles, mancando all’UE (a) l’autonomia decisionale rispetto ai suoi Stati membri; (b) un ruolo chiaro rispetto a quello della NATO in caso di un evento bellico; (c) un’adeguata forza di intervento.

 

L’ONU e gli altri: rischio isolamento per l’Occidente?

La crisi ucraina, più che rafforzare le organizzazioni internazionali, per alcune di queste ne sta facendo affiorare le contraddizioni. Come nel caso dell’ONU. Coinvolta sin dalla sua nascita in nobili quanto complesse missioni di peacekeeping, la Nazioni Unite hanno in realtà funzionato più come mitigatore degli effetti delle guerre che non nella prevenzione delle stesse, come invece era sancito dalla sua stessa mission. Definita già al tempo dell’intervento militare USA in Iraq del 2003 come un’organizzazione che deve ambire a essere qualcosa di più di una “debating society” (e chiamata dallo stesso Zelensky ad agire con maggior risolutezza), l’ONU sembra uscire ulteriormente marginalizzata nel contesto internazionale, bloccata non solo dai tradizionali poteri di veto del Consiglio di Sicurezza, ma anche dal gap tra i suoi obiettivi e la presenza di ottantaquattro milioni di rifugiati nel mondo causati dai ventuno conflitti bellici tuttora in corso.  

Così come appare opinabile che un eventuale rafforzamento delle organizzazioni globali possa avvenire attraverso l’esclusione di Mosca da alcuni di essi. Nel recente passato, infatti, la Russia è già stata esclusa da forum internazionali, ad esempio dal G8 dopo l’invasione della Crimea del 2014, senza che ciò abbia portato a un potenziamento del nuovo formato a sette (né a un netto rallentamento degli scambi commerciali con l’UE). Così come rimane da capire se un’eventuale esclusione russa dal G20 (o addirittura dall’ONU) non rischi in realtà di avere pochi effetti pratici e alimenti, invece, il sentimento anti-occidentale di quei Paesi (come la Cina) di cui Washington e Bruxelles potrebbero servirsi per negoziare con Mosca. Come è stato evidenziato di recente da eminenti analisti, “Russia remains open to China, to central Asian countries, to Turkey, the Gulf states and to most of the rest of the world, which appears to have little sympathy for Zelenskyy’s arguments and little interest in taking sides”. Il rischio, allora, è che nel tentativo di isolare Mosca, l’Occidente isoli se stesso, come peraltro dimostra la scarsa attenzione che Bruxelles dedica ad ampie regioni del mondo (ad esempio l’America Latina) – dove invece Russia e Cina stanno da tempo intensificando la propria presenza.

 

Verso un multilateralismo a geometrie variabili?

Un autorevole commentatore ha recentemente affermato: “it’s free for all in today’s geopolitics. Probably, like never before”. In effetti, la propensione a definire accordi commerciali e di investimento con altre nazioni non andrebbe confusa con la (peraltro mancante) volontà di gestire il global commons attraverso organizzazioni internazionali o enti sovranazionali. Non succede né per l’ambiente né per la salute globale. E nemmeno nel campo della sicurezza, considerato che nulla ha impedito alla Turchia (e alla Grecia) di acquistare materiale militare dalla Russia, pur facendo parte della NATO. Non è allora da escludere che (a) svariate organizzazioni internazionali escano indebolite dalla guerra in Ucraina e (b) il futuro delle relazioni internazionali possa essere caratterizzato da rapporti a geometria variabile, liquidi. Con convergenze che si formeranno a seconda dell’interesse specifico dei singoli Paesi (come ad esempio sta succedendo con AUKUS, QUAD, Collective Security Treaty Organization o Shanghai Cooperation Organization) ma che complicheranno ulteriormente la mission di enti e organizzazioni sovraordinati ai singoli Stati.. 

Autore: 

Simone Urbani Grecchi

Simone Urbani Grecchi
Analista geopolitico

URL Sorgente (modified on 23/05/2022 - 11:45): https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/sistema-futuro-geometria-variabile-35068